“L’Italia sta pagando caro e pagherà ancora più caramente” la sua posizione sull’Ucraina. Franco Cardini, tra i massimi storici italiani, esperto a sua volta anche di dinamiche geopolitiche, boccia severamente l’operato del governo nella crisi.
Cardini: “Draghi peggio di Di Maio”
“Le scelte di Draghi“, dice il navigato accademico toscano a True News, “sono state degne di quelle di un miope e arrogante suicida”, appiattito sulla volontà di “proseguire la guerra a ogni costo” nonostante il prezzo durissimo “pagato dall’Italia in termini politici ed economici”. Per Cardini quella di Draghi è “una condotta perfino peggiore del suo degno Ministro degli Esteri Luigi Di Maio“.
Draghi, “in quanto molto più colto e intelligente di lui”, ha la responsabilità maggiore. Secondo Cardini, e sta, a detta del navigato accademico toscano, facendo flop. Il premier “avrebbe potuto essere un collaboratore sia pure subordinato ma intelligente e decoroso del complesso USA-NATO. Le sue ultime scelte dal 24 febbraio 2022 in poi lo stanno totalmente appiattendo sull’interesse atlantico”.
Su cosa sbaglia Draghi? Cardini prova a dare una risposta più ampia, ovvero chiedendosi cosa stia sbagliando l’Occidente in quanto tale, nel saggio da lui curato assieme al Generale Fabio Mini e Marina Montesano, Ucraina 2022 – La storia in pericolo, uscito per i tipi de “La Vela”, casa editrice di Lucca, e raccogliente una serie di contributi di autori, da Massimo Cacciari a Luciano Canfora, che criticano la narrativa a senso unico creatasi sulla guerra.
Pensare storicamente le crisi: ciò che l’Occidente non fa
“Se gli europei perdurano nella loro scelta fino ad oggi ufficiale e non verificata sul piano dei Paesi reali che compongono l’Europa”. Cardini dice “di escludere la Russia dal concerto europeo – rinnegando almeno tre secoli e mezzo di storia – e di restare al traino degli USA”. Senza distinguo il rischio è di “pagare conseguenze devastanti” e di “regalare Asia, Africa e parte dell’America latina alla Cina”. Una “scelta suicida per l’Europa a cui contribuirebbe anche la miopia del premier italiano”.
Nel saggio Cardini, che firma l’introduzione, ricorda la necessità di pensare storicamente e non solo emotivamente i grandi eventi. Leggendoli come processi storici e non solo come monadi isolate. “Putin è evidentemente, obiettivamente, un aggressore”, nota Cardini, ma “il rischio che l’Occidente ha coltivato aprendo all’ampliamento della Nato a Est ha contribuito a innescare la miccia” e “dal 2014 in avanti il nostro atteggiamento verso l’Ucraina e la Russia è stato ambivalente”, tanto da illudere perfino Kiev della possibilità di un sostegno corposo da parte dell’Occidente, financo di un esplicito aiuto sul campo. Ma invece “combatteremo fino all’ultimo ucraino una guerra per procura che non fa i nostri interessi”.
E per questo Cardini parla di “storia in pericolo”: “tacere” sui rischi che una collettività corre per scelte politiche è “moralmente colpevole” e “lo storico deve ricordarsi di avere un obiettivo civico e etico” prima che “quando i fatti e le loro conseguenze, come l’urto delle sanzioni sulla nostra economia e sulla società, diventino palesi” ci si ritrovi a leccarsi le ferite della guerra.
Prossimo obiettivo Cina? L’allarme di Cardini
Trasformare “la guerra in Ucraina in una guerra infinita” apre al rischio di un suicidio dell’Europa. E questo è ciò che non capiscono i “cacciatori di putiniani” di oggi che hanno lo stesso physique du role, secondo Cardini, di coloro che vent’anni fa attaccarono il docente toscano per un’analoga avventura letteraria. Cardini curò La paura e l’arroganza tra il 2001 e il 2002 per ammonire su una reazione unicamente bellica alle Guerre al Terrore, subendo attacchi inverecondi e addirittura accuse di “islamofilia”. E per Cardini il “DNA dei fautori dell’Occidente moderno” non è cambiato da allora. Trasformandosi in una somma di “individualismo assoluto, primato dell’economia/finanza e della tecnologia, antireligiosità intrinseca e sostanziale, etnocrentrismo faziosamente e acriticamente inamovibile”.
Cardini lancia l’allarme sull’Ucraina conscio che negare le ragioni della storia e subordinarle all’emotività conduca al disastro. E la lezione data con i contributi del suo libro vuole far riflettere politici, decisori, analisti e opinione pubblica, sulla prospettiva che dopo questo braccio di ferro con la Russia possa aprirsene uno, ancora più grave, con la Cina. Se “l’Occidente non vuole entrare in rotta di collisione con la Cina, una sua almeno residuale forma d’intelligenza sarebbe cercar il più possibile di procurarle nuovi amici. Sta facendo il contrario di quel che si dovrebbe fare” e le prospettive sono problematiche. Nel sonnambulismo generalizzato dell’opinione pubblica.