Il M5s è di nuovo spaccato. Governisti e oltranzisti si sono confrontati ieri in un’assemblea congiunta con Giuseppe Conte, i deputati e i senatori. In questi giorni di crisi sempre minacciata, è sul tavolo l’ipotesi di un’uscita dei Cinque Stelle dal governo di Mario Draghi. Probabilmente Conte pensa a un ritiro della delegazione ministeriale composta da Federico D’Incà, Fabiana Dadone e Stefano Patuanelli. Un appoggio esterno, anche se lo stesso premier ha detto che in quel caso l’esecutivo non esisterebbe più e il Pd chiederebbe il voto anticipato.
Rebus per Conte
L’ennesimo rebus per Conte. Che deve gestire tantissimi parlamentari che non vedono l’ora di staccare la spina e, altrettanti che vogliono restare al governo fino alle elezioni politiche del 2023, nonostante le ricostruzioni giornalistiche che parlano di una maggioranza dei gruppi parlamentari a favore dell’appoggio esterno o del ritorno all’opposizione.
Un parlamentare, dietro la consegna dell’anonimato, dice a true-news.it che “non è vero che siamo tutti per lasciare Draghi. Moltissimi di noi vogliono restare, ma poi fanno uscire sulla stampa quello che vogliono. Ieri in assemblea l’intervento di Stefano Buffagni a favore della permanenza in Consiglio dei Ministri ha riscosso molti applausi”.
I governisti più convinti
E tra i governisti più convinti c’è il deputato Francesco Berti, che non si trincera dietro le dichiarazioni a taccuini chiusi e spiega punto per punto i motivi per cui il M5s non dovrebbe dire addio a Draghi. Berti, 32 anni, una laurea in Giurisprudenza e un master in Politiche Europee, in passato considerato vicino a Davide Casaleggio, spiega a True-News.it che il M5s “non può tirare troppo la corda”.
Secondo il deputato esiste il rischio che i cittadini non capirebbero una mossa di allontanamento dal governo di unità nazionale. “Se tiriamo troppo la corda il rischio è che la gente non distingua la polemica sterile dalle battaglie politiche. E questo vale per tutti i partiti di maggioranza”.
Crisi da evitare
Ma è proprio il Movimento il partito che sta ponendo più questioni a Draghi, con il rischio di innescare una crisi di governo. Pericolo che Berti vuole scongiurare. “Perché siamo nel mezzo di una crisi sistemica come non si vedeva dagli anni ’70. La guerra è alle porte dell’Europa, l’inflazione aumenta e cala il potere di acquisto”.
Parole che sembrano riecheggiare quelle pronunciate da Luigi Di Maio all’atto della sua scissione. E invece i responsabili dentro i Cinque Stelle ci sono ancora. “È utile che, in linea con lo spirito di unità nazionale che caratterizza questo governo, si combatta nelle istituzioni e non ci si perda in polemiche sterili. Uscire rischierebbe di far crollare la maggioranza e condurci ad elezioni anticipate, con il rischio di perdere anche i fondi del PNRR”, incalza il parlamentare pentastellato.
Invito a Conte
Poi un invito a Conte: “Le richieste di chiarimento politico sono giuste e dovute in una democrazia parlamentare. Detto questo però i momenti di chiarimento devono avere un inizio e una fine”. Come a dire che la lunga minaccia di una crisi di governo può avere anche l’effetto di destabilizzare ulteriormente il M5s. Anche se Conte ha detto che si aspetta risposte da Draghi entro la fine di questo mese. Ma l’instabilità non è una strada da prendere in considerazione, né per Berti né per la frangia governista che abita ancora i Cinque Stelle. “Non è importante la mia sensibilità individuale, io ripeto che nel Paese c’è molta spossatezza e bisogna crearsi degli spazi, senza però provocare instabilità”, il monito al leader. Ma quindi nel Movimento c’è qualcuno che sta puntando sull’instabilità? “Ma no, personalmente non credo”.