di Fabio Massa
E se Beppe Sala ricevesse una chiamata dal suo amico Mario Draghi? E se lo chiamasse a quel ministero, opzione lungamente attesa dal ricandidato sindaco di Milano, di primaria importanza economica, magari con grande attenzione al Nord produttivo e depresso da una politica – ormai annosa – di sussidi al Sud? La domanda, dopo ieri sera, dopo le parole di Mattarella e la convocazione alle 12 per Mario Draghi, non è oziosa. E qualcuno sotto la Madonnina comincia a farsela. Perché Beppe Sala è un uomo che attende per il suo turno di guardia a Roma, pur essendo impegnato in una campagna anomala su Milano. Campagna non campagna, verrebbe da dire, come il tessuto non tessuto che si mette sulle piante d’inverno. Campagna mai davvero cominciata perché manca l’avversario, che la destra deve decidere se essere vero o sparring partner (e questo indipendentemente dal nome, ma sicuramente dipendente da quanto ha voglia di impegnarsi).
E dunque, fantapolitica: se Beppe Sala fosse chiamato, e se decidesse di onorare questa alta chiamata negli interessi del Paese, che cosa potrebbe succedere a Milano? Il Pd sicuramente sarebbe spiazzato da una parte ma sollevato dall’altra: i rapporti con il primo cittadino in carica sono di riottosa subalternità, e questo è acclarato. Tornerebbero in campo altre e antiche opzioni, ma nessuna percorribile senza travagli. Pierfrancesco Maran? Pierfrancesco Majorino? Alla fine la cosa più probabile è che Beppe Sala correrà così come si era prefisso. Certo, se dovesse arrivare la chiamata…