Perché questo articolo potrebbe interessarti? Gli eventi del presente non dipendono dai singoli individui ma da ciò che incarnano. Vladimir Putin, Volodymyr Zelensky e i leader di Hamas rappresentano un sentimento più ampio. La loro reale importanza deriva proprio da questo. Dialogo con Fulvio Scaglione, direttore di InsideOver.
Che cosa sarebbe successo il 6 marzo se il missile lanciato dalla Russia nella zona portuale di Odessa avesse colpito in pieno Volodymyr Zelensky? Che cosa avverrebbe, invece, se Israele riuscisse a decapitare il leader di Hamas, Yaya Sinwar? E, ancora, cosa accadrebbe nel caso in cui Vladimir Putin dovesse essere ucciso?
La storia coi “se”: e se Putin e Zelensky morissero?
Il classico What If è un esercizio retorico pericoloso da utilizzare per interpretare il presente nel quale viviamo. Il motivo è presto detto: gli eventi, i fatti, le conseguenze, tutto questo non dipende dagli individui in quanto tali, quanto piuttosto da ciò che incarnano i singoli.
La storia, insomma, non è determinata da singole persone. “L’idea di concentrare tutto sugli individui è un riflesso tipico della nostra società occidentale. Una società che ha di fatto eliminato tutti i corpi intermedi, dai partiti ai sindacati. E così, in un simile contesto, il capo di Hamas, Zelensky e Putin, per restare agli esempi citati, hanno finito per interpretare un sentimento collettivo più ampio”, ha spiegato a True-news Fulvio Scaglione, fresco direttore di InsideOver.
L’altro volto di Putin, Zelensky e dei leader di Hamas
Zelensky e Putin sono noti per essere i presidenti di Ucraina e Russia. Sinwar è il ricercatissimo leader di Hamas. Nell’arena pubblica c’è chi pensa che dopo aver eliminato il capo del Cremlino la Russia possa finalmente diventare una democrazia di stampo liberale.
Allo stesso modo, Tel Aviv ritiene che “neutralizzando Hamas” la questione palestinese possa essere risolta. Sul fronte opposto, c’è chi ipotizza che un’eventuale uccisione del presidente ucraino possa alterare la road map politica di Kiev. La realtà potrebbe essere molto diversa dalle aspettative.
Già, perché a fronte di uccisioni o eliminazioni dei leader citati, altri prenderebbero semplicemente il loro posto e proseguirebbero seguendo la stessa strada. In altre parole, i leader non agiscono su iniziativa personale ma rappresentano un “movimento della storia“.
“Nella nostra società l’individuo è ormai al centro di tutto. Si tende a credere che lo stesso individuo sia diventato misura delle questioni politiche. Non è però così. Faccio un esempio: c’è un grande scarto tra la descrizione che molti danno della Russia e la Russia reale. Ci siamo convinti che a Mosca decida tutto Putin. Certo, essendo la Russia un regime autocratico in parte è così. Ma resta il fatto che Putin non potrebbe fare quello che fa se non avesse una consonanza più o meno ampia col suo Paese. Lo stesso si può dire per Hamas e Zelensky”, ha fatto notare Scaglione.
L’errore dell’Occidente
Per quale motivo in Occidente si è ormai consolidata la tendenza a ragionare in termini individualistici in ogni ambito? “Tutto quel che raccoglie e interpreta dei sentimenti, se non collettivi almeno di ampio gruppo, è stato gradualmente eliminato. Tutto è quindi diventato individuo. Tanto è vero che, prendendo spunto dalla recente decisione della Francia che ha inserito il diritto d’aborto nella costituzione, oggi possiamo tranquillamente affermare che sia più “garantito”, il diritto all’aborto, che è un diritto squisitamente individuale – perché è la donna che decide – che non il diritto al lavoro, che invece è un diritto che riguarda le persone in quanto gruppi”, ha affermato ancora Scaglione.
Tornando al triangolo Putin-Zelensky-Sinwar, il risultato è che ciascuno dei tre soggetti, nell’immaginario occidentale, ha finito per rappresentare un “tutto” ideale.
“Israele si è insabbiata a Gaza. L’idea di eliminare Hamas si sta rivelando impraticabile perché questo è un movimento diffuso anche nelle coscienze e teste delle persone. Per quanto riguarda Zelensky, ritengo che i russi non abbiano voluto ammazzarlo ma intimidirlo. Evidentemente a Mosca ha sostenuto che non sia conveniente uccidere il leader ucraino. Proprio perché Zelensky non è solo Zelensky ma il prodotto di qualcosa“, ha concluso Scaglione.
Il “qualcosa” incarnato dai singoli leader, in seguito alla loro morte, potrebbe insomma finire per essere ereditato da altri e non eliminato in un battito di ciglia.