Nel momento in cui scrivo non c’è ancora chiarezza su quel che succederà per il Colle. Fa niente, perché quanto sto per dire non è affatto legato al nome che verrà fuori, ma alle polemiche sul processo decisionale in corso a Roma. E alla critica che dappertutto, dai barbieri agli spogliatoi del calcetto, dal bar all’ufficio, viene rivolta – con toni iracondi – nei confronti della classe politica. Ovvero che ci stanno mettendo troppo, e che tutto questo teatrino è una vergogna. Critica condivisibile, ma per un motivo assai diverso rispetto a quello che pensa la gente.
Il punto non è che ci stanno mettendo troppo. Ci stanno mettendo il giusto. Qui stanno decidendo chi reggerà le sorti di questo Paese nei prossimi 7 anni. E la definizione di chi reggerà le sorti è quella giusta, ben diversa da quanto si sente, ovvero “chi rappresenterà l’Italia”, che invece è completamente errata. Il presidente della Repubblica è di gran lunga il ruolo più importante e più operativo che c’è in Italia. Sceglie il capo del governo, ricordiamocelo. Determina con le sue azioni le maggioranze. Grazie ai suoi veti influenza carriere delle alte cariche. E presiede la magistratura, dunque è di fatto intoccabile (salvo impeachment che però finiscono tutti nella stessa maniera: nel niente, e senza conseguenze). Inoltre il capo dello Stato è l’unica carica che ha una popolarità sempre elevatissima. Quindi sì, il capo dello Stato non è una velina. Ed è importante. E per le cose importanti bisogna scegliere oculatamente, bisogna metterci tempo. Accusare il Parlamento che si occupa di questo invece che di altre cose importanti, è un errore macroscopico.
Il problema che rende però le critiche giuste, anche se per il motivo sbagliato, è legato al perché ci stanno mettendo tanto. Se fosse perché stanno selezionando il migliore o la migliore, nessun problema, come ho spiegato prima. Il problema è che ci stanno mettendo così tanto perché stanno selezionando non il capo dello Stato, ma il nuovo governo. Stanno parlando di rimpasti e ministeri, e stanno cercando di garantire a tutti quelli che non rientreranno in Parlamento, malcontati un terzo, quindi centinaia di persone, che avranno il loro stipendiuccio fino alla primavera 2023. Niente terrorizza queste persone come perdere la poltrona, spaventati dalle laute mensilità perse. Invece dovrebbe terrorizzarle il fatto che possano scegliere la persona sbagliata come inquilino del Colle. Quello sarebbe il dramma, non il tornare a lavorare dopo tranquillissimi anni passati da parlamentari a Roma.