Perché leggere questo articolo? A poche settimane dalla ripresa delle attività scolastiche il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha proposto delle nuove linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione, però, si oppone. Tanti i temi su cui si accendono i riflettori, ma tante soprattutto le criticità. Ne abbiamo parlato con la pedagogista Alessia Dulbecco.
Nelle scorse settimane, mentre le scuole sono chiuse, il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha annunciato nuove linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica. Sul sito del ministero si legge infatti che “a partire dall’anno scolastico 2024/2025 entreranno in vigore le nuove linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica”. Si precisa poi che il nuovo testo sostituirà le linee guida precedenti. Il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), che doveva dare una valutazione delle linee guida, ha espresso però parere negativo sullo schema di decreto ministeriale per l’insegnamento di questa materia. Il CSPI ha invitato il ministero a rivedere il testo, ma il parere del CSPI non è vincolante. Adesso il ministero dovrà valutare se e quali modifiche apportare prima di approvare e inviare le linee guida in maniera ufficiale alle scuole.
La recente introduzione dell’educazione civica
Ma facciamo un passo indietro. Quando si parla di educazione civica bisogna risalire al 1958, anno in cui fu introdotto l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole medie e superiori da Aldo Moro, all’epoca ministro della Pubblica Istruzione. L’educazione civica come materia a sè stante fu poi rimossa dai programmi scolastici nel 1990. È la legge 92 del 20 agosto 2019 a introdurre di nuovo l’educazione civica come disciplina in tutti gli ordini di scuola. Da settembre 2020 l’educazione civica è diventata obbligatoria ed è una disciplina trasversale che interessa tutti i gradi scolastici, a partire dalla scuola dell’Infanzia fino alla scuola secondaria di secondo grado.
Con il decreto ministeriale numero 35 del 22 giugno 2020 vengono emanate le linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica. I tre nuclei tematici attorno ai quali ruota questa materia sono: conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni dell’Unione europea, per sostanziare in particolare la condivisione e la promozione dei principi di legalità; cittadinanza attiva e digitale; sostenibilità ambientale e diritto alla salute e al benessere della persona. Le nuove linee guida volute da Valditara andrebbero a sostituire quelle approvate nel 2020, ossia attualmente adottate dai docenti.
Ecco cosa prevedono le nuove linee guida
Le nuove linee guida proposte sono volte a rafforzare l’insegnamento di alcuni valori, come il senso di appartenenza alla Patria, i valori della Costituzione e la lotta all’illegalità. “Valorizzano principi quali la responsabilità individuale e la solidarietà”, si legge sempre sul sito del ministero. Ma non si fermano qui, infatti altri punti presi in esame portano al centro la mentalità d’impresa, la proprietà privata, la tutela ambientale, il rispetto delle donne, l’uso consapevole delle nuove tecnologie, l’educazione alimentare, stradale e finanziaria, e l’importanza dello sport.
Delle linee guida che definiscono in maniera così precisa gli argomenti su cui l’ora di educazione civica deve indirizzarsi non lasciano pensare ad apertura, ascolto e confronto. “Prima le linee guida parlavano di sviluppo sostenibile, uso del digitale, Costituzione. Ora nel momento in cui iniziamo a parlare di patria, mentalità d’impresa, proprietà privata, rispetto della donna, il terreno diventa franoso dal punto di vista pedagogico”, afferma Alessia Dulbecco, pedagogista, counsellor e formatrice esperta in DE&I (Diversity, Equality & Inclusion).
La libertà di decidere gli argomenti
Per Dulbecco, finora l’insegnamento dell’educazione civica era “una sorta di spazio bianco” in cui i tre ampi nuclei tematici (Costituzione, cittadinanza digitale e sostenibilità ambientale) avevano ampie possibilità di sviluppo. Questo ha permesso alle e agli insegnanti “di definire quali fossero i contenuti da portare dentro questo spazio”, racconta Dulbecco. Inoltre – continua la pedagogista – “l’educazione civica permette alle e agli insegnanti di lavorare insieme, perché non è uno spazio attribuito a un singolo docente, ma è uno spazio in cui i docenti possono collaborare”.
“Spesso si sente dire che l’ora di educazione civica potrebbe servire per introdurre quelle tematiche o argomenti che non trovano spazio nella programmazione annuale”, scrive Dulbecco in un post su Instagram. Effettivamente, come fa notare la pedagogista, “per molte insegnanti questa è stata l’occasione per introdurre l’insegnamento di tutto quello che ha a che fare con l’educazione affettiva, l’educazione sessuale, il contrasto agli stereotipi di genere. Ciò ha permesso di poter introdurre questi argomenti anche nelle scuole poco lungimiranti o che non hanno abbastanza fondi per organizzare una progettazione specifica”.Le linee guida sono linee guida, ciò significa che non sono inderogabili ma si possono adattare in base alle esigenze delle e dei docenti. “C’è margine di fare le cose ma non tralascerei la portata simbolica di queste linee guida, sono dei segnali rispetto alla strada intrapresa dalla scuola”.
Ci sono evidenti criticità: patria e senso civico in prima linea
Il parere espresso dal Consiglio superiore della pubblica istruzione, massimo organo consultivo della scuola, nella sua valutazione delle linee guida fa emergere i punti di debolezza: sono irrispettose del lavoro delle scuole, delle e dei docenti che in questi anni si sono impegnati per strutturare percorsi curricolari coerenti e interdisciplinari; inoltre prediligono una dimensione privata e volta all’individualismo. Per il CSPI, le attuali linee guida non richiedono sostanziali revisioni, ma piccole sistemazioni.
Tra le criticità salta all’occhio la riflessione sulla proprietà privata e sulla cultura d’impresa celebrate come fondamentali per l’autodeterminazione personale. “Ovviamente nella vita adulta tutto questo può avere un senso, ma per bambine e bambini, ragazze e ragazzi che ribadiscono continuamente “è mio, è tuo”, è controproducente rafforzare questa percezione e separazione”, fa notare Dulbecco. La pedagogista sostiene, al contrario, che con l’educazione civica si dovrebbe andare a rafforzare il valore della condivisione.
“Rispetto verso la donna” e uso del digitale, ecco cosa non funziona
A mancare è un riferimento esplicito all’educazione contro ogni forma di discriminazione e violenza di genere. Il ministro ricorre alla generica espressione “rispetto verso la donna”, una nozione in disuso in relazione alla gender based violence (GBV). “Non si può lavorare sul contrasto alla violenza di genere basandosi sul concetto “le donne si rispettano perché sono donne”. Il modo efficace per lavorare al contrasto alla violenza di genere è permettere ai progetti su stereotipi e discriminazione di trovare spazio dentro la scuola”, dice Dulbecco.
Come il CSPI anche Dulbecco è d’accordo sull’enfasi posta sulla responsabilità individuale a scapito della dimensione collettiva.Un’altra parte controversa è quella che riguarda l’uso del digitale: se da una lato viene incentivata l’educazione all’uso etico del digitale, dall’altro viene vietato l’utilizzo dello smartphone in classe (dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di primo grado) anche a scopo didattico. L’Italia è indietro sull’alfabetizzazione digitale e questo gap è dovuto anche alla mancanza strumenti adeguati nelle scuole: “Le aule informatiche sono vecchie e degradate e spesso non sono accessibili a tutte le studentesse e gli studenti” fa notare Dulbecco.
Rischi per il futuro
Il quadro delineato dalle nuove linee guida non è roseo, ma segue una direzione già intrapresa da diversi anni che vede un impoverimento delle risorse umane e finanziarie dedicate alla scuola e all’istruzione. “La mia paura è che aumenti l’ostruzionismo e che alcuni insegnanti, forti delle nuove linee guida, possano diventare come dei cani da guardia nei confronti di altri insegnanti che finora hanno usato lo spazio dell’educazione civica per creare dei percorsi di libertà”, conclude Dulbecco. Ma finchè sarà garantito il diritto dell’insegnante a esercitare liberamente l’attività professionale restano dei margini di possibilità.