Perché potrebbe interessarti questo articolo? Elly Schlein finisce al centro del processo dopo i risultati devastanti nel Partito democratico. La segretaria rischia di seguire l’esempio dei suoi predecessori, nonostante abbia ereditato la gran parte delle scelte di questo voto.
Sembrava un passaggio elettorale relativamente tranquillo, perché in ballo non c’erano le metropoli. E invece è diventato il primo psicodramma della gestione-Schlein, nonostante i tentativi di derubricare il voto alla dimensione locale. La sconfitta ai ballottaggi è stata vissuta molto male nel Partito democratico, che ha già messo sotto processo la linea della segretaria nel più classico dei remake dem: l’ossessione a “mangiare leader”.
Nella minoranza interna, che fa riferimento ormai all’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, dopo aver scaricato Stefano Bonaccini, che ha accettato la gestione unitaria, i malumori sono alle stelle. La vittoria di Giacomo Possamai a Vicenza è una boccata d’ossigeno per riformisti e cattolici, perché si tratta di un profilo che rispecchia queste caratteristiche politiche. Un modello lontano mille miglia dal movimentismo made in Schlein.
Sconfitta Pd: sfoghi e lamentele
Certo, in pubblico si cerca di dare un’immagine unitaria, ma gli sfoghi sono urticanti. “Nessuno si aspettava miracoli, ma nemmeno questo disastro”, è la sintesi consegnata da un parlamentare del Pd. C’è chi lamenta la difficoltà di comunicazione con Igor Taruffi, braccio destro della segreteria. “Bisogna cambiare passo”, è la richiesta recapitata alla neo-leader. Al netto delle voci c’è un fatto: il cosiddetto effetto-Schlein c’è, esiste solo nei sondaggi.
L’attenzione è stata focalizzata sulla Toscana, dove è diventato segretario regionale, il deputato Emiliano Fossi, molto vicino politicamente alla leader. Il trittico di batoste a Pisa, Siena e Massa ha lasciato il segno. “Le vecchie roccaforti rosse hanno confermato le amministrazioni di centrodestra”, dice senza intenti polemici un altro esponente del Pd, annotando semplicemente come sia definitivamente cambiata la geografia politica italiana. Peraltro, non è passata inosservata che a poche ore dal voto, quattro ex parlamentari, tutte donne, Titti Di Salvo, Valeria Fedeli, Alessia Morani e Alessia Rotta, hanno scritto una lettera a Repubblica, per punzecchiare l’attuale linea del partito.
Una tempistica che ha insospettito l’inner circle della leader dem. Il timore è di vedere dover subire un’azione di lungo logoramento, come è avvenuto a ogni predecessore. Basti pensare a come esplose Nicola Zingaretti, che disse di “vergognarsi” del suo partito. D’altra parte Schlein ha preparato la controffensiva. “Ha dimostrato di coinvolgere subito i dirigenti, convocando la segreteria politica”, è il messaggio recapitato a microfoni spenti. Nelle prossime settimane l’intenzione è di aumentare il livello di coinvolgimento. “Ma – annota qualcuno a lei molto vicino – pare che la minoranza non voglia affatto partecipare alla vita del partito, preferendo mettersi all’angolo per dire che non viene coinvolta”.
La scialuppa del Molise
Un brutto clima nel Pd, dunque. Con una postilla lanciata così dai vertici: “Queste elezioni le abbiamo ereditate, molte candidature erano state decise, così come le alleanze. Chi ci addebita la sconfitta, è in realtà parte in causa più di noi”. E in realtà questa posizione della segreteria era già filtrata durante la campagna elettorale. Resta il fatto che la vera sfida “saranno le Europee”, ripetono come un mantra i diretti interessati, rigorosamente off the record.
Schlein, la speranza di un piccolo riscatto dal Molise
Magari nell’auspicio che dalle Regionali in Molise, in programma a fine giugno, possa arrivare un piccolo segnale di riscatto, visto in quel caso la partita è stata direttamente gestita da Schlein che ha siglato l’alleanza con il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte, accettando un pentastellato come candidato alla presidenza.
Solo che anche dalle parti del M5S l’aria non è proprio ottimale. L’ex presidente del Consiglio è sempre più sospettoso di possibili agguati alla sua leadership, che sembra essersi appannata dopo il risultato alle Politiche di settembre. “Ora Conte e Schlein devono per forza sostenersi a vicenda”, è un ragionamento che circola negli ambienti dem. Altrimenti rischiano di finire a fondo, uniti, come non lo sono mai stati nelle alleanze.