Il format è frequentato dal gotha del giornalismo, della politica e dell’economia italiani. Ma “War Room” di Enrico Cisnetto è uno dei più grandi (e geniali) bluff comunicativi mai inventati. Il motivo? Basta un’istantanea: 29 settembre seduti allo stesso “tavolo”, virtuale, per parlare di energia ci sono Davide Tabarelli (presidente e fondatore di Nomisma Energia), il Presidente di Euro Group, Sergio Iori, e l’ex sottosegretario al Ministero dello Sviluppo con delega all’energia, Stefano Saglia, oggi metro del Collegio dell’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente.
“War Room” di Enrico Cisnetto
Tutti moderati e incalzati da Cisnetto, lo storico editorialista e consulente, allievo di Ugo La Malfa, e inventore sotto pandemia del nuovo format di discussione online per discutere di seri problemi domestici e globali. Come in quest’ultima occasione intitolata “Siamo in bolletta (energetica)”. I quattro pesi massimi si confrontano.
“War Room”, il format con più oratori che ascoltatori
Quello che non sanno è che dall’altra parte dello schermo non c’è nessuno ad ascoltare: due misure utenti presenti alla diretta (come si vede nella foto). Quattro oratori, due ascoltatori. Ci sono trasmissioni o eventi che verrebbero chiusi per molto meno. Sfortuna? Non è esattamente la prima volta nell’ultimo anno e mezzo che Cisnetto raduna “cervelli” da think tank di alto livello per racimolare uno “share” su internet al limite dell’imbarazzo.
Gli ospiti di Cisnetto: da Dario Di Vico a Giorgio Spaziani Testa
Chissà se ne sono informati i suoi illustri ospiti. Solo a guardare i “palinsesti” delle ultime settimane: da Matteo Grandi di Snam a Piero Gattoni del Consorzio Italiano Biogas, dal Presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa al segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri, fino ad assi del giornalismo come il direttore de Linkiesta, Christian Rocca, o Dario Di Vico del Corriere della Sera. E molti altri. Gente impegnata, di solito. Abbastanza da non poter perdere tempo. E allora rimane una domanda: perché lo fanno? E a chi serve davvero “War Room”, l’unico format dove sono più le persone che parlano di quelle che ascoltano?