Perché leggere questo articolo? Domenica 14 maggio si terrà il primo turno della elezioni presidenziali e parlamentari in Turchia. Il cartello elettorale delle opposizioni guidate da Kemal Kilicdaroglu sembra avere per la prima volta serie chance di battere Recep Erdogan. Se il “Ghandi turco” dovesse riuscire a sottrarre dopo vent’anni lo scettro al “Sultano”, anche le opposizioni nel nostro paese potrebbero trarre un’importante lezione dalla Turchia.
Il mondo, anche occidentale, guarda con attenzione alle elezioni in Turchia. La data del prossimo 14 maggio potrebbe essere storica, non solo per il centenario della fondazione della Repubblica turca. Potrebbe arrivare una preziosa lezione politica anche per le opposizioni italiane. A vent’anni esatti dall’elezione del 2003, potrebbe concludersi l’era Erdogan. L’esito del voto è tutt’altro che scontato, ma per la prima volta in un’elezione presidenziale, il “Sultano” non ha i favori del pronostico. A spingere il vento dello sfidante, Kemal Kilicdaroglu, c’è un fatto non secondario: dopo anni di sconfitte in solitaria, i principali partiti dell’opposizione si sono uniti contro Erdogan. Dalla Turchia arriva un messaggio importante anche per le opposizioni italiane: uniti si può vincere. Il “tutti contro” potrebbe funzionare anche in Italia?
Uniti contro Erdogan in Turchia
Per la prima volta in vent’anni Erdogan è con le spalle al muro. Non era mai successo da quando nel 1998 divenne sindaco di Istanbul. In poco più di due decadi si è trasformato in Sultano, vincendo tre elezioni politiche (2002, 2007 e 2011); e facendosi eleggere due volte Presidente della Repubblica. Questa volta però è diverso. Alle prossime elezioni il vento tira in direzione opposizioni.
Sarebbe meglio dire opposizione al singolare, perchè alla fine i sei principali partiti antagonisti dell’Akp di Erdogan. La “tavola dei 6” ha scelto Kemal Kilicdaroglu come candidato unitario di tutte le opposizioni. Dopo un lungo braccio di ferro con chi avrebbe preferito l’astro nascente di Ekrem İmamoğlu (sindaco di Istanbul dal 2019, quando sconfisse sorprendentemente il candidato di Erdogan), il 74enne Kilicdaroglu è riuscito a mettere tutti d’accordo. Sarà lui a guidare una coalizione che di unitario ha poco, se non l’avversione a Erdogan.
Schlein riparta da Kilicdaroglu
Ma tanto basta a dare al “Ghandi turco” (soprannome coniato per via della somiglianza fisica con il Mahatma indiano e per il ricorso a pratiche non violente) i favori dei sondaggi. Kemal Kilicdaroglu è il leader del Chp, Partito popolare repubblicano. Da quindici anni rappresenta il più importante partito d’opposizione. Di fatto equiparabile al nostro Partito democratico.
Ed alla Turchia potrebbe guardare la nostra opposizione. A partire da Elly Schlein. Nelle ultime ore sta spopolando in Turchia un video su Twitter in cui Kilicdaroglu rimarca di far parte di una minoranza. Non è la comunità Lgbt – che Schlein ha più volte rivendicato nel suo slogan che fa il verso a “Io sono Giorgia”- ma la comunità alevita, una minoranza etnica che pratica una versione secolare dell’islam sciita a lungo perseguitata dai musulmani sunniti, di gran lunga prevalenti in Turchia.
I cavalli di battaglia di Kilicdaroglu sono la riforma costituzionale, con il ritorno al parlamentarismo; l’allargamento della rappresentanza politica e il ritorno della Turchia verso maggiori standard democratici. Oltre alla ripresa dei negoziati per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Ci sono anche aspetti più spinosi, come il rifiuto della “Erodonomics” con l’abbattimento dell’inflazione e il rimpatrio (anche se su base volontaria) di oltre 3 milioni di profughi siriani. Non sono pochi gli opinionisti che però rimarcano come segno di debolezza i toni dimessi di Kilicdaroglu, oltre alle divergenze interne della Tavola dei 6.
Erdogan al bivio
Ancora una volte le elezioni in Turchia si trasformeranno in un referendum sulla figura di Ergodan. “Sembrava che solo un dio potesse sloggiare Erdogan dalla presidenza, e forse quel dio è stato il terremoto dello scorso 6 febbraio”. Questa è la sintesi di un articolo di Foreign Policy. Il Sultano non se l’è mai passata così male. I sondaggi lo danno sotto di una forchetta tra i 4 e i 10 punti. Negli ultimi mesi ha subito contraccolpi (come le sconfitte elettorali ad Istanbul e Ankara), ha dovuto annullare comizi a causa di problemi fisici e fronteggiare critiche come non si erano mai sentite nel suo ventennio a causa della gestione del terremoto che ha sconvolto Turchia e Siria. I pronostici vedono Kilicdaroglu vittorioso al primo turno, anche se si dovrà probabilmente ricorrere al ballottaggio. Anche se con Erdogan i colpi di scena sono sempre dietro l’angolo. Certo che, se le opposizioni dovessero alla fine scalzare il Sultano, sarebbe un segnale clamoroso per l’Occidente. Soprattutto per l’Italia.