Due guerre, due situazioni di profonda emergenza dove vengono calpestati nel mondo i diritti e le libertà fondamentali degli individui. Eppure l’Europa si comporta con due pesi e due misure: si fa in quattro oggi per proteggere e accogliere chi scappa dalla guerra in Ucraina, si è prodigata poco, soltanto due mesi fa, per i profughi provenienti dall’Afghanistan.
Shaharzad Akbar è Presidente uscente della Commissione Indipendente Afghana per i Diritti Umani, oggi vive in esilio. La sua denuncia contro l’atteggiamento contraddittorio delle istituzioni europee è arrivato dal webinar, “Donne, Diritti e ruolo dell’Occidente”, ospitato presso la presidenza della Fondazione Stelline di Milano: “Ho discusso con i governi europei per ottenere un posto, uno solo, per un difensore dei diritti umani ma loro ci hanno negato tutto. Ci dicevano che i servizi erano pieni, che le nostre politiche non potevano permettere l’accoglienza di afghani”, ha dichiarato Shaharzad accanto all’avvocato Guido Camera, presidente di Italia Stato di Diritto, e a Fabio Massa, direttore di true-news e presidente dell’Associazione Amici delle Stelline.
Due pesi e due misure
Il doppio standard dell’Ue emerge anche dalla mancata applicazione fino ad oggi della direttiva 55 del Consiglio dell’Unione europea del 20 luglio 2001, che consentirebbe ai profughi ucraini di ottenere la cosiddetta protezione temporanea, evitando che le procedure per la tradizionale richiesta di asilo mandino in tilt la burocrazia dell’accoglienza nei singoli paesi. Fino ad oggi lo strumento è sempre stato negato dall’Europa, anche di fronte alle richieste dell’Italia e alla recente crisi afghana. Il nostro Paese, nel frattempo, si sta attivando per l’accoglienza seguendo la scia dell’esperienza bellica in Afghanistan. L’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile del 6 marzo 2022 estende anche ai profughi ucraini la riserva dei posti rete della SAI (Il Sistema di Accoglienza e Integrazione che ha preso il posto dei vecchi SPRAR), incrementata a seguito della crisi afghana. Il Ministero dell’Interno ha anche implementato di circa 5mila unità i nuovi posti per i CAS (Centri Accoglienza e Servizi). Ma in tutta Europa il trattamento nei confronti di chi scappa dalla guerra in Ucraina sembra essere più favorevole rispetto alle sofferenze degli afghani. “La leadership politica ucraina – ha aggiunto Shaharzad Akbar – ha risposto positivamente, la nostra ha fallito. Gli afghani non possono non vedere le differenze nella risposta della Comunità Internazionale rispetto all’accoglienza tra noi e gli ucraini”. E questo accadeva solo due mesi fa. “Tutti i rifugiati di tutti i confini – prosegue la Presidente uscente della Commissione Indipendente Afghana per i Diritti Umani – devono essere benvenuti e accolti con calore”.
I traumi e la forza delle donne
Le immagini della guerra in Ucraina riportano nella mente di Shaharzad esperienze difficili da digerire: “Ero una bambina in una città in guerra. Non è normale a cinque o sei anni trovarsi a riflettere sulla morte dei tuoi genitori. Il mio pensiero è rivolto alle donne ucraine, costrette a lasciare i propri figli e mariti, le loro case, le comunità di appartenenza per diventare rifugiate. É una scelta che non auguro mai a nessuno di intraprendere. Per noi afghani diventare rifugiati è stata una scelta emotivamente difficile”. E per le donne le difficoltà aumentano ma la loro intraprendenza supera lo spirito maschile. “Dal 15 agosto in poi l’unica resistenza ai Talebani è arrivata dalle donne. Gli uomini restano a casa, navigano su Twitter. Non sono per le strade. Nelle piazze manifestano le donne: lo hanno fatto giornalmente, sin dall’inizio del conflitto”.