Perchè leggere questo articolo? Gli oltre 500mila italiani residenti nel Regno Unito non hanno potuto votare per le Europee, in quanto l’UK non è più Paese comunitario dopo la Brexit. Ma è il nostro Governo a non aver approntato alternative per l’esercizio del diritto di voto. Contibuendo al dato record dell’astensionismo
“My milkshake brings all the people to the rally”, ovvero il mio frappè porta tutta la gente alla manifestazione. L’ha presa con ironia Nigel Farage, uno dei fautori della Brexit, colpito da un milkshake al lancio della sua campagna elettorale. Una doccia fredda gusto banana che ha improvvisamente ricoperto l’ex leader dell’UKIP come segno di protesta contro le sue idee politiche. L’autrice del colpo è la modella di Onlyfans Victoria Thomas Bowen, attualmente incriminata dalla polizia britannica per reato di aggressione. Ma la donna pare non essere l’unica a non gradire la Brexit e i suoi artefici. Sono molti gli inglesi scontenti e pentiti del Leave. E lo sono ancora di più gli oltre 500mila italiani trapiantati nel Regno Unito. Costretti a tornare in patria per votare alle Europee, dato che la Gran Bretagna non è più un Paese comunitario.
“Se non voli non voti”: gli italiani in UK esclusi dalle Europee
“Tutte le cittadine e i cittadini italiani sono europei, ma alcuni sono più europei di altri”. È questo il sentimento provato dalla comunità di cittadini italiani residenti nel Regno Unito, esclusi dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo dell’8-9 giugno. A meno di non rientrare a proprie spese nell’ultimo comune di residenza in Italia. Per la prima volta, i nostri connazionali d’oltremanica sono stati i grandi assenti alle elezioni europee. Non hanno infatti potuto votare da remoto a causa di una legge nazionale vecchia di 30 anni (la 408 del 1994), che interdisce l’accesso elettorale da Paesi extra-europei. Come lo è l’Uk dopo la Brexit.
Una politica percepita come discriminatoria e antidemocratica, che ha spinto il gruppo The Good Lobby a lanciare una petizione indirizzata al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e a quello degli Esteri Antonio Tajani. “Ci opponiamo alla decisione di escludere gli italiani residenti nei Paese extra-Ue dalla possibilità di votare a distanza alle prossime elezioni per il Parlamento europeo. Chiediamo al governo di superare questa rigidità normativa estendendo immediatamente questo diritto a oltre 1 milione di italiani e italiane in Regno Unito e Svizzera”. Così si legge nella petizione dal titolo “Se non voli non voti”, che però non ha ancora raggiunto le 10mila firme.
Per questa tornata elettorale, dunque, agli italiani residenti in Gran Bretagna sono rimaste soltanto due opzioni: farsi carico dei costi del rientro in Italia per votare nel comune di iscrizione elettorale o rinunciare a un proprio diritto. E molti dei connazionali in Uk iscritti all’AIRE, che alle scorse elezioni europee hanno potuto regolarmente votare presso le sedi consolari, questa volta hanno dovuto per forza rinunciare al voto, non essendo stati avvisati per tempo. Oltre al danno, la beffa. La colpa è della Brexit, certo, ma anche del governo italiano che continua rigorosamente ad applicare una legge a tutti gli effetti ingiusta e non inclusiva.
Europee e Brexit: italiani fuori dall’Ue fuori dal voto
Ma i residenti italiani nel Regno Unito non sono stati i soli ad essere esclusi dal voto. La legge, infatti, vale per tutti i quasi 3milioni di connazionali che si trovano in Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Il voto per corrispondenza previsto per le politiche e i referendum non è attivo per le europee, e soltanto chi risiede in Stati membri dell’Unione ha potuto votare nelle ambasciate e nei consolati.
Europee, gli italiani a Londra non hanno potuto votare: ma la Brexit non spiega tutto
L’Italia è l’unico Stato membro insieme alla Bulgaria a consentire il voto all’estero solo ai connazionali che risiedono in Ue. E l’unico tra i sei Paesi fondatori. Fanno peggio solo Repubblica Ceca, Irlanda, Malta e Slovacchia, che non contemplano in alcun modo la partecipazione elettorale al di fuori dei propri confini. Nonostante la stessa Commissione europea avesse invitato tutti gli Stati membri a “proporre strumenti accessibili e di facile uso per l’iscrizione dei candidati e degli elettori, tenendo conto delle esigenze dei diversi gruppi, compresi i cittadini residenti all’estero. Anche consentendo l’accesso a specifici meccanismi di voto, per via elettronica, al fine di sostenere un’elevata affluenza alle urne e la piena partecipazione dei cittadini al processo democratico”. Cosa che la maggior parte dei Paesi europei ha messo in atto da tempo, adottando strumenti democratici più fluidi che garantiscano il diritto di voto a chi vive oltreconfine. Mentre l’Italia, invece, continua a limitarne l’accesso, contribuendo a minare la partecipazione democratica e a indebolire il legame tra la comunità residente all’estero e il proprio Paese d’origine. Sortendo l’unico effetto di incrementare l’astensionismo.