Perché leggere questo articolo? Mancano due mesi al voto e uno alla presentazione delle liste, ma le Europee restano un rebus. Tutti i nomi, partito per partito
Aprile è il mese più crudele. A due mesi dalle Europee del 8-9 giugno il verso di T.S. Eliot torna a suonare nelle orecchie dei segretari di partito. Entro fine mese le liste devono essere pronte, perchè la scadenza è a inizio maggio. Ed è proprio adesso che i nodi vengono al pettine. Ci sono i cacciatori di preferenze da tenere sotto controllo e i trombati da tenere calmi. Sulle liste di partito pendono ancora tanti uomini e donne dei desideri. E la specialità italiana degli eletti che poi rinunciano al posto a Bruxelles. A sessanta giorni dal voto grande è la confusione sotto il cielo dei cinque collegi delle Europee. Proviamo a mettere qualche punto fermo.
I segretari di partito e la candidatura alle Europee
In pochi vorrebbero essere nei panni dei segretari di partito in questi giorni. Candidarsi o non candidarsi? Questo è solo uno dei dilemmi che affligge i leader nostrani. Il prossimo 21 aprile dalla convention di Fratelli d’Italia a Pescara potrebbe arrivare l’annuncio di Giorgia Meloni. Nel centrodestra sembra data per certa la candidatura di Antonio Tajani. Forza Italia in questi giorni ha trovato l’accordo con Noi Moderati di Lupi, il che apre un posto in lista a Maurizio Lupi e Claudio Scajola. Tra le file della maggioranza, invece, Matteo Salvini ha scelto di non correre come capolista alle Europee in questo momento complicato della Lega.
Molto complicata è la situazione dell’opposizione nella compilazione delle liste. La segretaria dem Elly Schlein – non senza polemiche, anche se non da capolista – ha deciso di candidarsi alle Europee. L’ipotesi sarebbe quella di avere candidate civiche come capolista, poi un uomo al secondo posto e lei al terzo, se scioglierà la riserva e deciderà di correre. Anche tra i 5 Stelle non c’è ancora chiarezza, ma Giuseppe Conte non si candiderà. Chiude il quadro il centro, quanto mai frastagliato. Emma Bonino e Matteo Renzi sono candidati per Stati Uniti d’Europa. Non si è unito al progetto Carlo Calenda, che il 23 aprile presenterà il simbolo della lista. Non è da escludere una sua discesa in campo.
Desiderati e trombati
Risolta la questione personale, per i leader di partito restano una marea di grane in vista delle Europee. Tra desideri e potature, una marea di nomi sono ancora in ballo sulla scrivania dei segretari. Luca Zaia ha rifiutato le avances della Lega che ora punta tutte le sue fiches su Roberto Vannacci. Salvini sogna di candidare il generale in tutte e 5 le circoscrizioni, ma siamo in attesa. Di sicuro la Lega conterà su mr. preferenze, Aldo Patriciello, che nel 2014 prese oltre 80mila preferenze con Forza Italia. Gli azzurri si consoleranno con l’ex governatrice del Lazio Renata Polverini. Da tempo si vocifera di un asso nella manica di FdI: il presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Non poteva mancare Vittorio Sgarbi. Ha ricevuto un’offerta da Stefano Bandecchi – che si candiderà capolista con la sua Alternativa Popolare – ma punterebbe alla lista sicura di Noi moderati e Forza Italia.
Il Pd punta forte su Lucia Annunziata al Sud e Cecilia Strada al Nord. Ci sono poi l’ex direttore di Avvenire Marco Tarquinio e una proposta sarebbe stata fatta anche Gino Cecchettin. E ancora Bonaccini e Zingaretti. Poi ci sono i sindaci: Nardella, Matteo Ricci e Gori. Il sindaco di Bari Antonio Decaro è finito nelle polemiche. E’ sicura la candidatura della vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno. In dubbio Sandro Ruotolo, responsabile informazione dem. Sfumata Ilaria Salis, sembra sicura la candiatura di Alessandro Zan. Non si sa invece più nulla della candidatura di Patrick Zaky dopo le uscite contro Israele.
Le regole interne al Movimento portano di fatto alla ricandidatura come capolista degli uscenti, escludendo i big del partito che potrebbero però attrarre più voti, a cominciare dall’ex sindaco di Roma Virginia Raggi. Già al terzo mandato e consigliera comunale, è fuori dalla partita salvo deroghe che però appaiono poco probabili. Tra i nomi di Conte per le Europee c’è Pasquale Tridico, già presidente dell’Inps, al Sud.
Quelli che dopo le Europee rinunciano al seggio
A complicare un quadro già molto intricato ci si mette pure una specialità tutta italiana. La rinuncia al seggio. Dalle prime Europee del 1979 decine di candidati sono stati eletti al Parlamento europeo, lasciando poi il posto ad altri. Pagella Politica ha ricostruito l’incredibile storia delle candidature “simboliche” in Europa. Sono un esempio tutti i leader di partito di qui sopra che ovviamente poi rinunceranno. Così avevano fatto Meloni e Salvini nel 2019; Renzi nel 2014; Berlusconi a più riprese nella storia. Ma ci sono anche esponenti della cosiddetta società civile e politici minori. Da Moni Ovadia a Pecoraro Scanio, passando per Achille Occhetto e Di Pietro. Leoluca Orlando e Salvatore Cuffaro. Queste Europee ci hanno sbloccato un sacco di ricordi, nevvero?