L’Europa si avvia al voto per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo in un contesto di criticità geopolitica e problemi strategici alle sue periferie. La presidente Ursula von der Leyen ha lanciato la sua ricandidatura alla guida della Commissione Europea mettendo proprio l’idea della crescita del protagonismo europeo nella Difesa al centro nel suo programma per un secondo mandato a Palazzo Berlaymont, nelle stesse settimane in cui i Paesi europei, a partire dalla Francia di Emmanuel Macron, rilanciano sull’Ucraina proponendo di aprire ai raid di Kiev sul suolo russo. I tamburi di guerra tornano a farsi sentire, e per l’Europa si pone la necessità di un risveglio.
Camporini: “Focolai di tensione ovunque intorno a noi”
“Dopo la fine della seconda guerra mondiale l’Europa ha goduto di una lunga e duratura fase di prosperità e pace”, ragiona con True-News il generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate italiane. “Questo ha prodotto l’illusione di una totale esorcizzazione della guerra nel discorso collettivo”, prosegue Camporini, che per le Europee è in campo come candidato di Azione nella Circoscrizione Italia Centrale, “ma oggi è impossibile negare che i focolai di tensione siano ovunque attorno a noi”.
Camporini invita a guardare attentamente l’estero vicino dell’Europa: “Ci sono, ovviamente, le guerre in Ucraina e Gaza, che sono quotidianamente sotto gli occhi di tutti. Ma è tutta l’area che circonda l’Europa ad essere interessata da potenziali focolai di conflitto”. Camporini cita, da Est verso Ovest, “innanzitutto aree come la Georgia e il confine tra Azerbaijan e Armenia, quest’ultimo già teatro di due guerre negli ultimi anni. Le proteste in Georgia e le tensioni in Armenia di queste settimane invitano a non abbassare l’attenzione su questi contesti”.
Ma non finisce qui, ragiona il militare. “C’è anche il Nord Africa da tenere sott’occhio: gli annosi problemi della Libia si sommano alle tensioni della Tunisia”. E, per finire, continua la crisi del Mar Rosso, sparita dai radar di governi e media ma ancora persistente: “I raid degli Houthi hanno messo in difficoltà le prospettive dell’economia europea e impattato su un Paese come l’Italia, forte di un’economia di trasformazione che importa materie prime e esporta manufatti”, sottolinea Camporini. Insomma, “l’Europa è circondata. Dobbiamo prenderne atto”.
La sfida della Difesa comune
Le crisi geopolitiche e un ordine mondiale sempre instabile e reso precario da un continuo arco di tensione mettono sotto stress il Vecchio Continente e pongono il grande tema della Difesa comune e dell’autonomia strategica europea: “l’Europa non potrà avere un grande ruolo se decide di restare evanescente”, affonda Camporini.
Notando che “ci sono diversi vincoli, come il principio di unanimità e tempi di decisione troppo lunghi” che condizionano il processo decisionale. Un caso tra tutti? “La risposta ai raid Houthi, iniziati a dicembre 2023 e su cui l’Europa ha deliberato solo il 19 febbraio 2024”.
Ma non necessariamente il bicchiere è mezzo vuoto: “su questo fronte, perlomeno, è uscito un principio generale di risposta: su una crisi ben localizzata si decide di reagire come Unione Europea”, nota Camporini, “e i Paesi più volenterosi, in questo caso Francia, Germania, Grecia e Italia si muovono ma con un riconoscimento della bandiera europea alla loro guida”. Pragmaticamente, “questo dà un’idea di uno schema che si può percorrere con prospettive più ampie”.
Camporini: “Non serve disfare la Nato” per la Difesa comune
Principi operativi da un lato, deterrenza dall’altro. “Saremo tanto più forti nella deterrenza non solo quanto più riusciremo a sviluppare il nostro strumento militare”, sottolinea Camporini, “ma anche quanto più sapremo far cogliere ai nostri avversari il costo operativo di ogni operazione potenziale di disturbo, per farli desistere”.
Questo perché, sulla carta, l’Europa gli strumenti per una politica di difesa comune li avrebbe: “l’Articolo 5 del Patto Atlantico, questo in pochi lo sanno, è ad esempio meno vincolante nelle prescrizioni dell’Articolo 42 del Trattato di Lisbona dell’Ue sul tema della risposta comune dei Paesi membri in sostegno a un Paese aggredito”, rivela Camporini.
“Quel che fa la differenza è che la Nato è un’organizzazione militare funzionante e può rendere concreta ogni prospettiva operativa, in Europa manca la capacità di parlare con una sola voce” e creare strutture di comando unificate. “Non serve disfare la Nato, ma capire come e in che modo l’Ue può con l’approccio alla Difesa partecipare alla sicurezza collettiva”, approfondisce il generale. Anche in questo la nuova legislatura sarà decisiva per capire quanto e in che direzione i Paesi europei intenderanno investire in tal senso.