Perché leggere questo articolo? I Conservatori d’Europa sono pronti a fare il boom in Ue e Carlo Fidanza, capodelegazione di Fdi, è tra le loro voci più importanti a Strasburgo. True dialoga con l’eurodeputato sulle sfide che attendono l’Ue, in vista delle Europee.
Dai migranti all’ambiente, passando per le sfide sull’Africa e il futuro, possibile asse tra Conservatori e Popolari a Strasburgo: Carlo Fidanza parla a tutto campo sul futuro dell’Europa e le partite che attendono i Paesi da qua al voto del giugno 2024. L’eurodeputato e capodelegazione di Fratelli d’Italia parlando con True non si nasconde: l’obiettivo è abbattere l’egemonia della maggioranza tra popolari e socialisti, che definisce fallimentare. E cambiare l’Europa sulla scia delle manovre del governo Meloni.
I Paesi dell’Unione Europea sembrano mostrare un approccio ambivalente sui migranti e la crisi che sta colpendo l’Italia. Qual è il suo giudizio?
“Grazie all’impegno incessante di Giorgia Meloni, fin dal primo Consiglio europeo a cui ha partecipato, l’approccio dell’Ue sul tema migratorio è radicalmente mutato. Dopo anni di impotenza fondati su illusori meccanismi di ridistribuzione che non hanno mai funzionato, ora in tutti gli ultimi documenti ufficiali si parla apertamente di contrasto all’immigrazione illegale, blocco dei movimenti primari, lotta ai trafficanti, procedure comuni per i rimpatri, regolamentazione delle Ong. Risultati impensabili per anni.
Purtroppo i tempi di attuazione sono sempre troppo lunghi rispetto alle esigenze attuali, quindi ci auguriamo che dopo la visita di Von der Leyen a Lampedusa e l’annuncio di un piano d’azione Ue in dieci punti, si passi finalmente dalle parole ai fatti. In questo quadro l’atteggiamento di Francia e Germania, che hanno di fatto sospeso i ricollocamenti su cui si erano volontariamente impegnati, rischia di apparire ipocrita. Ma questo non è il tempo delle polemiche, francesi e tedeschi ci aiutino ad attuare soluzioni comuni senza calcoli politici”.
Come giudica la presa di posizione del governo Meloni sul memorandum con la Tunisia e le manovre dell’Alto Rappresentante Borrell, che lo ha criticato?
“L’accordo con la Tunisia è essenziale, si tratta di consentire al governo di Saied di pagare gli stipendi alle proprie forze dell’ordine e di creare condizioni di sviluppo in loco. Senza questo accordo non rimarrebbe che una risposta unilaterale da parte dell’Italia, ma tutti sappiamo che in assenza di collaborazione da parte tunisina rischierebbe di non funzionare. È per questo che il gioco di Borrell e di tutta la sinistra europea (Pd compreso) è cinico e vergognoso: sabotare l’accordo in nome dei diritti umani equivale a lasciare campo libero agli scafisti.
Peraltro è un atteggiamento ipocrita perché non ricordo la sinistra stracciarsi le vesti quando un ministro del Pd come Minniti faceva accordi con le tribù libiche per fermare i barconi o quando l’Ue destinava 6 miliardi alla Turchia di Erdogan. Nemmeno Borrell e compagni si stracciano le vesti quando l’Ue da i propri soldi al regime comunista cubano che tiene in prigione migliaia di oppositori politici e azzera i diritti civili. Si accorgono dei diritti umani soltanto con Saied e Meloni”.
Come si inserisce a suo avviso l’attuale sfida migratoria in un’agenda per l’Africa che Giorgia Meloni ha ritenuto sempre centrale per Italia e Europa?
“L’Africa è un continente ricchissimo di minerali e materie prime rare, indispensabili alle transizione ecologica e digitale. Per questo fa gola a molti. Ad alcuni Paesi europei che ragionano di Africa ancora con una mentalità post-coloniale e alla Cina che da anni ha esteso la propria influenza. A ciò dobbiamo aggiungere la presenza russa tramite Wagner e quella turca soprattutto in Libia e nel Corno d’Africa. Questo scenario ha accelerato la destabilizzazione in particolare del Sahel. L’Italia e l’Europa non possono e non devono rimanere fuori da questo scacchiere”.
E questo rientra anche nella partita migratoria?
Una nostra maggiore presenza, impostata su un approccio non paternalistico e non predatorio, con più investimenti e più cooperazione, é decisiva anche per frenare i flussi migratori incontrollati. É esattamente la logica che sottende il cosiddetto Piano Mattei del governo Meloni, che vedrà la luce nei prossimi mesi”.
Come Fdi e come gruppo conservatore Ecr avete più volte criticato le scelte della Commissione attuale. Ritenete eccessivamente pesante l’influenza dei socialisti in un esecutivo Ue a guida Popolare?
“Certo, la sinistra è in ritirata in tutta Europa. Ogni volta che un Paese é stato chiamato alle urne negli ultimi mesi la sinistra ha rovinosamente perso, con la sola eccezione della Spagna dove il governo socialista uscente ha ottenuto una non vittoria. Di contro l’agenda dell’attuale Commissione continua ad essere troppo sbilanciata a sinistra è colui il quale è stato il Vicepresidente socialista più influente, Franz Timmermans, é stato il vero deus ex machina di questa legislatura con il suo ambientalismo ideologico e anti-industriale. In questa ultima fase, complice l’avvicinarsi della campagna elettorale, i popolari sembrano sulla strada di ricredersi, speriamo siano sinceri”.
Da qui alle Europee ritenete possibile la costruzione di un dialogo profondo con i Popolari?
“L’alleanza innaturale Popolari-Socialisti ha fallito. Lisciare il pelo all’avversario ha fatto perdere un sacco di voti ai partiti membri del PPE che, al contrario, quando tornano alternativi alla sinistra crescono e spesso vincono. Il dialogo va avanti, nella quotidianità su tanti dossier sui quali abbiamo sensibilità simili, e in prospettiva per la prossima legislatura. Lasciamo che i cittadini europei votino, poi ragioneremo sulle future formule. Noi rimaniamo indisponibili ad alleanze che comprendano la sinistra.
Quali sono le battaglie aperte che l’attuale legislatura in uscita dovrà affrontare? Ci sono possibili “trappole” per l’Italia?
“Abbiamo molti temi ancora aperti e scivolosi per l’Italia. Questa settimana abbiamo ottenuto un ottimo risultato sulla revisione del regolamento sulle emissioni di Co2 dei veicoli pesanti, salvando il principio di neutralità tecnologica e aprendo un importante spiraglio ai biocarburanti. Nelle prossime settimane avremo ancora importanti voti sulla nuova regolamentazione dei motori Euro 7, così come la partita importantissima per l’Italia del regolamento imballaggi che sarebbe molto penalizzante per le nostre industrie e puntiamo a rinviare alla prossima legislatura”.
Di recente ha criticato con forza l’ex vicepresidente della Commissione Frans Timmermans per quello che ha definito un atteggiamento “estremista” sull’ambiente. Se Ecr entrerà nella Commissione, come puntate a modificare il Green Deal?
“Timmermans è stato devastante. Ha sacrificato totalmente la sostenibilità economica e sociale a quella ambientale, ha ignorato il principio di neutralità tecnologica, si è basato su studi di impatto parziali e faziosi e su un approccio ideologico contro qualunque logica imprenditoriale e industriale. Con le sue politiche folli ha reso più costose le materie prime e ci sta consegnando a una nuova dipendenza dalla Cina. Ora, le sue dimissioni mi auguro offrano la possibilità di una pausa di riflessione della Commissione su molti dei dossier più critici. Poi con la nuova legislatura punteremo a riportare realismo e pragmatismo nella transizione green, che tutti vogliamo fare ma non a costo di desertificare il nostro tessuto produttivo”.
I prossimi mesi saranno decisivi sul piano elettorale in vista delle Europee. Voteranno Paesi come la Polonia, dove governano i vostri alleati, ci saranno le Europee e poi le elezioni in Usa e Regno Unito. Che prospettive ha il mondo conservatore a cui fate riferimento?
Sono situazioni molto diverse. Complessivamente il mondo conservatore europeo gode di ottima salute, trainato in particolar modo da Fratelli d’Italia e dall’esperienza del governo Meloni, ma anche dal buono stato di salute di altri partiti alleati. Certamente le elezioni in Polonia saranno un banco di prova significativo, nel quale purtroppo l’establishment di Bruxelles sta proponendo i massimi sforzi per arrivare a un cambio di governo. Ci auguriamo che i nostri amici del PiS possano essere riconfermati al governo.
Nel Regno Unito i Tories sono in una fase di difficoltà dovuta all’uscita di scena di Johnson e all’esperienza, repentina ma negativa, di Liz Truss. Oggi Sunak sta facendo il possibile ma difficilmente potrà tornare in poco tempo ad essere credibile nell’elettorato popolare del Red Wall, cioè di quella regione operaia nel nord dell’Inghilterra che aveva tradito i laburisti per una destra sociale come quella di Johnson ma che difficilmente seguirebbe Sunak. Quanto agli States, l’ipoteca di Trump sulle primarie repubblicane ad oggi pare inscalfibile. Se si dovesse ricandidare Biden sarebbe una sfida aperta, ma tutto può ancora succedere. Rispetto al passato però non vedo tra questi appuntamenti un legame particolare, saranno tutti troppo condizionati da fattori nazionali.