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Europee, un candidato su cinque ha (o ha avuto) guai con la giustizia

Europee, un candidato su cinque ha (o ha avuto) guai con la giustizia


Perchè leggere questo articolo? Mal comune mezzo gaudio? Se l’avvicinamento alle Europee in Italia ha assunto toni tragicomici, una inchiesta condotta da Follow the Money rivela che quasi un candidato su cinque a livello continentale ha o ha avuto guai con la giustizia. Un numero piuttosto sorprendente.

Sipario quasi alzato sulle Europee 2024: la campagna elettorale è ormai agli sgoccioli. Sorprende sino ad un certo punto che l’avvicinamento al voto in Italia abbia assunto toni tragicomici, tra lo scambio Meloni-De Luca, le uscite del generale Vannacci candidato per la Lega e la lista dei sette “impresentabili” secondo il decalogo della commissione Antimafia. Suscita tuttavia un certo stupore apprendere che tutto il mondo (o almeno il vecchio continente) è paese. E che quasi un candidato su cinque alle imminenti elezioni è coinvolto o è stato coinvolto in scandali o indagini.

Europee 2024: è pioggia di scandali tra i candidati

La polizia belga si presenta regolarmente al Parlamento europeo con mandati di perquisizione, diretta verso gli uffici degli onorevoli comunitari. Questa presenza, che dovrebbe essere eccezionale, è diventata ormai normale a causa delle innumerevoli indagini per riciclaggio, corruzione, incitamento al razzismo e interferenze straniere. Lo afferma l’inchiesta #EUmisconduct, coordinata da Follow The Money insieme a IrpiMedia, che ha rivelato che su oltre 472 candidati alle prossime elezioni europee, il 18% (ovvero 86 persone) è coinvolto (o lo è stato in passato) in scandali rilevanti.

Un dato allarmante, che coinvolge soprattutto esponenti di estrema destra, con accuse che vanno dalle dichiarazioni antisemite all’uso improprio di fondi pubblici. Di questi, 22 candidati appartengono al Partito popolare europeo (Ppe), 19 ai Conservatori e riformisti (Ecr), e 21 al gruppo Identità e Democrazia (I&d). L’ultimo episodio risale al 7 maggio, con la perquisizione dell’ufficio del tedesco Maximilian Krah, capolista del partito di estrema destra AfD. Al politico è stata interdetta la partecipazione a qualunque evento elettorale in seguito ad alcune sue recenti dichiarazioni. In particolare, qualche giorno fa parlando con Repubblica, Krah ha affermato che “una SS non è automaticamente un criminale”. Inoltre, il suo assistente Jian G. è sotto inchiesta per spionaggio a favore della Cina.

Da destra a sinistra, europarlamentari sotto i riflettori

Il leader tedesco Maximilian Krah non è l’unico candidato alle Europee sotto stretta osservazione. Lo scorso febbraio, il presidente del Parlamento ha richiamato il parlamentare belga di estrema destra Tom Vandendriessche per aver diffuso una teoria del complotto nazista sulla migrazione. Anche il principale candidato del partito polacco PiS, Maciej Wąsik, è indagato. Su di lui pende un’accusa di corruzione. Sul fronte francese, invece, la deputata dell’Assemblea nazionale Marine Le Pen andrà a processo nell’autunno 2024, con l’accusa di appropriazione indebita di fondi europei per necessità del suo partito a livello nazionale. In Italia, il generale Roberto Vannacci, capolista della Lega, è attualmente sotto inchiesta per istigazione all’odio razziale, peculato e frode. Mentre l’ex assessore alla Sanità della Regione Sicilia Ruggero Razza, ora candidato alle Europee nella lista di Fratelli d’Italia, è sotto processo per il reato di falso ideologico commesso durante il mandato da assessore nel periodo della pandemia.

Ma se i partiti di centro ed estrema destra contano il maggior numero di scandali tra i loro esponenti, anche quelli di sinistra non sono da meno. Caso eclatante è il socialdemocratico rumeno Dan Nica, in Parlamento dal 2014. Nica è stato indagato per abuso d’ufficio nel noto caso Microsoft, commesso quando era ministro delle Comunicazioni del Paese tra il 2000 e il 2004. Il parlamentare ha negato l’accusa e il caso è caduto in prescrizione nel 2018. In Austria, invece, la principale candidata dei Verdi Lena Schilling è accusata di diffamazione per aver mentito più volte sugli abusi da lei subiti. Problemi giudiziari in passato anche per il leader di Italia Viva Matteo Renzi, la cui inchiesta per presunti finanziamenti illeciti è ormai stata archiviata.

Non è indenne da scandali neppure l’attuale presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Accusata di mancanza di trasparenza per i suoi rapporti col capo della Pfizer Albert Bourla, in riferimento all’approvvigionamento di vaccini durante la pandemia. Secondo il New York Times – che ha portato in tribunale la Commissione -, i messaggi scambiati tra il magnate farmaceutico e la Spitzenkandidat del partito popolare dovrebbero essere resi pubblici in quanto potrebbero contenere informazioni sul negoziato miliardario per l’acquisto di dosi di Covid-19.


Verso le Europee: tra deeuropeizzazione e personalizzazione delle campagne


Ad essere al centro dell’inchiesta di Follow The Money sono i candidati da dieci paesi, tra cui Germania, Francia, Spagna, Polonia, Romania, Paesi Bassi, Belgio, Slovacchia, Croazia e Slovenia. L’Italia è esclusa, perché il sistema elettorale rende impossibile prevedere la concreta composizione dei 76 seggi spettanti al nostro Paese. Per quanto riguarda l’intricata situazione italiana però una cosa è certa: le campagne elettorali per questa tornata di voti si sono sempre più focalizzate sulle singole personalità piuttosto che sui programmi e le istanze europee. Con i grandi leader nazionali come assoluti protagonisti, prima fra tutti la Meloni e il suo slogan “Vota Giorgia”. La premier infatti è capolista in tutte le circoscrizioni per Fratelli d’Italia, anche se non ha intenzione di rinunciare alla guida del governo per Strasburgo.

Ma l’Italia non è il solo Paese in cui queste Europee hanno assunto più l’aspetto di un’elezione nazionale di metà mandato. Anche la Croazia, ad esempio, vede il primo ministro Andrej Plenković come candidato principale del suo partito al Parlamento UE, pur non volendo abbandonare il suo attuale ruolo. Una mossa probabilmente strategica da parte del suo partito Hdz, col fine di massimizzarne la visibilità soprattutto nel proprio Paese. Si tratta di una tattica che accomuna molti dei candidati in corsa alle imminenti Europee, sempre più “deeuropeizzate”. Oltre che piene di scandali, queste campagne elettorali sembrerebbero quindi diventate più un palcoscenico per portare avanti battaglie nazionali. Rendendo la platea del Parlamento un po’ meno europea, trasparente ed integra.