Matteo Salvini in silenzio. Come calcolato dal Foglio, il leader leghista sembra essersi inabissato. Ed è passato centodiciassette dichiarazioni fatte dal 24 febbraio (data dell’invasione russa in Ucraina) al 10 marzo, due giorni dopo essere stato contestato in Polonia dal sindaco della città di Przemysl, che gli ha sventolato in faccia la stessa maglietta bianca con l’effigie di Putin indossata da Salvini qualche anno fa, alle sole quattordici dichiarazioni dettate ad agenzie, giornali e tv dall’11 marzo ad oggi.
“Guarda, Salvini in Polonia ha detto una sola cosa giusta, quando ha parlato dell’impegno dei 200 sindaci della Lega sull’accoglienza dei profughi ucraini, per il resto preferirei che Salvini parlasse di più di autonomia e della Costituzione Svizzera”, dice a true-news.it l’ex leghista, già ministro del Bilancio nel primo governo Berlusconi, Giancarlo Pagliarini, detto Mimmo.
Tra gli animatori del Carroccio della prima ora, Pagliarini ha lasciato la Lega in tempi non sospetti, pur continuando a mantenere rapporti e contatti con l’ala più autonomista del partito fondato da Umberto Bossi, riposizionato da Salvini su posizioni sovraniste ed euroscettiche. “Ah io invece mi sento profondamente europeo – continua Pagliarini, soprannominato anche Il Paglia – per me cento volte meglio Bruxelles di Roma, su questo ho un approccio simile a quello della Catalogna, che vuole essere indipendente dalla Spagna ma vuole essere parte dell’Europa”.
Intanto il segretario della Lega oscilla sull’invio di armi a Kiev. Da un lato il suo partito vota convintamente il dl Ucraina e la fiducia al governo Draghi, dall’altro il Capitano continua a esprimere dubbi: “Non si fa la pace inviando armi”. Il vecchio leghista della prima ora lo corregge anche su questo punto: “C’è un dibattito tra quelli che vogliono mandare armi e quelli che non vogliono mandarle, ma non mandare armi sarebbe decisamente grave perché non ci sarebbe la pace, ma ci sarebbero solo più morti tra gli ucraini”.
“Di Salvini preferisco non parlare – rimarca Pagliarini – ma penso che dovrebbe parlare più di federalismo sul modello della Svizzera, dove la sovranità, a proposito di sovranismo, appartiene ai cantoni che delegano poi dei poteri allo Stato federale, il problema quindi non è l’Europa, ma il vecchio concetto di Stato nazione”.
Concetti che ritornano anche nel dibattito sulla guerra in Ucraina. “Anche parlando di Ucraina dovremmo riflettere sul concetto di autonomia dei popoli”, spiega l’ex leghista. Che riflette: “Mosca sta negando l’autonomia di Kiev, ma lì c’è stata per anni una specie di guerra civile in Donbass, dove gli ucraini si sono comportati, per certi versi, come i russi si stanno comportando adesso con loro, la strada è quella di fare dei referendum se ci sono dei popoli che vogliono l’indipendenza”.
Un altro pensiero è per i referendum sull’autonomia di Lombardia e Veneto che si sono tenuti il 22 ottobre del 2017 “con una grande partecipazione dei cittadini”. Anche di quello Salvini dovrebbe parlare di più, secondo Il Paglia. “Sono passati quasi cinque anni e non è successo nulla, eppure i cittadini di Lombardia e Veneto avevano dato un’indicazione chiara, e in quel caso non parliamo di scenari come quello catalano, si trattava soltanto di rispettare la Costituzione italiana, bisognerebbe parlare di dare più sovranità agli enti territoriali e meno sovranità allo Stato, Salvini ne parla, ma ne parla ancora troppo poco, però non voglio fare polemiche, sarebbe fin troppo facile fare polemiche con Salvini”.