Ultranazionalisti, membri vicini a partiti di estrema destra e di sinistra radicale, “rossobruni” e perfino comunisti che hanno sposato la causa del Pkk curdo. La galassia dei Foreign Fighters italiani che si sta formando in Ucraina è molto vasta. In generale, possiamo dire che è composta da personaggi caratterizzati da percorsi politici e storie personali del tutto sui generis. Certo è che, vedendo lo svolgersi del conflitto, c’è il rischio che la crisi ucraina possa dare vita ad uno scenario siriano, e cioè a uno scenario all’interno del quale gruppi e gruppuscoli di combattenti finiscono per contrapporsi in nome di cause non sempre direttamente collegate al conflitto principale.
Chi sono i Foreign Fighters
Prima di addentrarci nelle terre ucraine, cercando di capire quali e quanti sono i Foreign Fighters partiti dall’Italia, è importante spiegare il termine. Un Foreign Fighters è colui che sceglie liberamente di andare a combattere in un Paese straniero diviso tra più parti in conflitto tra loro. Può farlo per conto di una causa ideologica, ma anche politica o perfino religiosa. Non a caso, abbiamo imparato a conoscere e utilizzare questa parola con la guerra in Siria. Una guerra caratterizzata da un ingente numero di combattenti stranieri affluiti tra le fila dei miliziani ribelli che si opponevano alle truppe governative siriane. In Ucraina il discorso geopolitico è ovviamente diverso ma, come vedremo, non mancano affinità tra le due situazioni. Ricordiamo, infine, che in Italia arruolarsi in organizzazioni straniere è considerato un reato penale.
La galassia nera
C’è chi li definisce contractor, chi ha scelto di imbracciare un’arma per soldi e chi ha semplicemente risposto al richiamo di un’ideologia. Fatto sta che, secondo l’Antiterrorismo italiano, tra i 17mila Foreign Fighters presenti in Ucraina e provenienti da 50 Paesi ci sarebbero una sessantina di combattenti italiani, una discreta parte dei quali connessi alla galassia dell’ultranazionalismo. Gli esperti ritengono che l’Ucraina possa essere per questi personaggi ciò che la Siria è stata per i jihadisti: una “palestra di sangue e azione”. “Potrebbero rientrare come terroristi capaci di compiere attentati e soprattutto di diventare “cattivi maestri” per tanti giovani”, è l’avvertimento riportato da Il Corriere della Sera.
Il “riferimento numero uno”
È difficile stilare un elenco aggiornato e completo dei Foreign Fighters italiani. Incrociando un paio di ricerche sui social network possiamo tuttavia ricavare un quadro generale abbastanza esauriente. Tra i membri appartenenti alla “galassia nera” (termine giornalistico piuttosto vago utilizzato per indicare una marcata vicinanza a quell’area ideologica che va dalla destra all’estrema destra) attivi in Ucraina troviamo Andrea Palmieri. Arruolatosi nel 2014 tra le fila della DNR, ovvero la Repubblica popolare di Donetsk, L’Espresso lo considera “il riferimento numero uno degli uomini di Putin in Italia in cerca di mercenari pronti a combattere contro gli ucraini”.
Mercenario o volontario?
Parole pesantissime che si uniscono, tra precedenti e condanne, ad episodi passati abbastanza pesanti e raccontati dalle cronache nazionali. Palmieri, ad esempio, è indagato nell’inchiesta sui reclutatori e mercenari combattenti filorussi per la guerra del Donbass, e sul suo conto pende un mandato di arresto europeo emesso dalla procura distrettuale di Genova. Ha sempre negato di essere un addestratore o un mercenario, spiegando di essere un volontario che sostiene la popolazione civile. Al momento, Palmieri aggiorna il suo profilo Facebook con notizie riguardanti quanto accade in Ucraina. Negli ultimi due post ha lasciato una “preghiera per tutti i ragazzi al fronte”(4 marzo) e fatto sapere che “la situazione sta sfuggendo di mano ed è pericolosa” (1 marzo). Si presume sia ancora attivo in Ucraina. Spartaco Lombardo, classe ’84, Massimiliano Cavalleri, detto Spartaco, ha passato molti mesi a Donetsk e pure a Lugansk. Nel 2019 la Procura di Genova ha chiesto per lui il carcere, accusandolo di associazione a delinquere internazionale. In altre parole, per le autorità italiane è un ricercato e, nel caso in cui dovesse rimetter piede in Italia, finirebbe subito dietro le sbarre. In una recente intervista al Giornale di Brescia, la madre ha rivelato che suo figlio “sta combattendo con i filorussi” e che le ha detto di non sapere quando sarebbe tornato. Cavalleri si trova, dunque, presumibilmente ancora in Ucraina. “Ogni volta che sparo a un soldato ucraino, immagino di colpire uno dei nostri politici di Bruxelles”, dichiarò a Il Giornale in un’intervista risalente al 2016.
Filorussi e filoucraini
Antonio Cataldo e Gabriele Carugati sono altri due italiani che hanno scelto di combattere in Ucraina al fianco dei russi. Cataldo ha già combattuto come mercenario in Libia e in Siria, con l’esercito di Al-Assad, mentre Carugati, soprannominato Arkhangel, fa parte del Battaglione Vostok, sempre filorusso. La madre di Carugati è stata dirigente della Lega a Cairate mentre lui, il figlio, è finito nel Donbass con un mandato di cattura alle spalle. Fa parte del gruppo contro il quale la Procura di Genova ha spiccato un mandato di cattura. Fin qui non è accaduto niente perché Carugati e gli altri non hanno più messo piede in Italia. Ma in terra ucraina c’è anche chi combatte per difendere Kiev dai russi, come Giuseppe Donini e Valter Nebiolo, entrambi con un passato da guerriglieri in Medio Oriente (e, pare, una esplicita simpatia fascista).
La galassia rossa
Non mancano combattenti italiani appartenenti o vicini all’ambiente politico che va dalla sinistra alla sinistra più estrema. Edy Ongaro, chiamato anche Bozambo, è stato associato alla sinistra radicale italiana di ispirazione comunista. Alberto Fazolo fa invece parte del Donbass International Forum, un’organizzazione che ha sede anche in Italia e che, stando alle indagini ucraine, sarebbe uno dei canali impiegati per il reclutamento dei Foreign Fighters italiani per il Donbass. Nel processo di Genova appare un militante dell’estrema sinistra già vicino al Pkk curdo: si tratta di Luca Pintaudi. Citiamo, infine, gli ultimi due nomi. Il primo è quello di Riccardo Sotgia, simpatizzante comunista, finito nella regione di Luhansk nel 2016 come appartenente al gruppo dei monitor internazionali per le elezioni
primarie; stando ad alcune indiscrezioni, farebbe parte del Ministero della Difesa della Repubblica Popolare di Donetsk. Il secondo è quello di Giampietro Simonetto, membro di un’organizzazione comunista; nel 2007 è stato arrestato in Italia con l’accusa di possesso di munizioni e armi. Tra i combattenti che sicuramente, al momento, si trova in Ucraina ci sarebbe anche un misterioso “rossobruno” romano. Sembra che sia partito dal Comitato per il Donbass antinazista del quartiere San Lorenzo di Roma. Si farebbe chiamare “comandante Nemo” e sarebbe l’anima della brigata InterUnit. A quanto pare la galassia dei Foreign Fighters italiani è piena di stelle tra loro contrapposte.