“Quali colombe dal disio chiamate”. L’immagine dantesca senza tempo aveva già trovato un’attualizzazione in una vignetta del Corriere della Sera che parodiava il Patto del Nazareno. Sette anni dopo, la metafora amorosa tiene ancora banco, per un idillio che prevede Matteo Salvini al posto di Matteo Renzi, con Silvio Berlusconi nell’inedito ruolo di oggetto d’amore.
Federazione del centro-destra, la proposta di Matteo Salvini
Da giorni è al centro del dibattito politico la proposta del segretario leghista di dare vita a una federazione con Forza Italia e gli altri partiti di centro che sostengono il governo Draghi. La profferta di Salvini ha agitato le acque – tutt’altro che tranquille – dei vari schieramenti del centrodestra.
Da tempo alle prese con scissioni e cambi di casacche, Forza Italia sembra valutare con preoccupazione l’invito a un tavolo che rischia di tramutarsi in ultima cena. A complicare il quadro ci sono la partita delle candidature di Milano e Roma, la secessione Toti-Brugnaro e la rampante ascesa di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. A due estati dal Papeete, il centrodestra appare più traballante, se non addirittura disunito, che mai.
Polo unico di centro-destra: si ritorna alle origini?
Ecco che allora la proposta del Capitano al Cavaliere – e chissà poi anche non a Giorgia Meloni – prova a fare da frangiflutti al maremoto del centrodestra. Sicuramente sa di ritorno alle origini: del centrodestra e della Seconda Repubblica, due termini che nella storia recente della politica italiana vanno a braccetto.
L’espressione “centro-destra” è più vecchia dell’Italia unita, risale al 1852 quando fu coniata per il primo “connubio” della politica nostrana, antesignano dell’italianissima pratica del trasformismo: quello tra le correnti più moderate della Destra, capeggiata proprio dal Conte Camillo Benso, e della Sinistra di Urbano Rattazzi.
Di “centro-destra” si è tornato a parlare più di un secolo dopo, quando negli anni Sessanta del Novecento l’inesauribile ricerca di partner di governo – o stampelle – portò la Democrazia Cristiana sotto l’egida di Fernando Tambroni a cercare l’appoggio esterno del Movimento Sociale Italiano e del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica. Una brevissima parentesi con un governo che dura appena 123 giorni, fino ai “fatti di Genova” del 30 giugno 1960: la convocazione di un congresso MSI nella città medaglia d’oro per la Resistenza scatena la rivolta della piazza di sinistra. Dopo una giornata di scontri feroci tra manifestanti e polizia, il congresso viene annullato e di lì a poco l’ipotesi Tambroni lascia spazio alle “convergenze parallele” del terzo governo Fanfani con l’astensione socialista. Sono gli albori del centrosinistra, ma questa è ancora preistoria della nostra politica.
La vera storia del centrodestra-senza-trattino in Italia inizia nel 1994, quando con Berlusconi quella che fino ad allora era stata solo un’idea, neanche troppo caldeggiata dalla nostra politica, trova prima un Polo, poi una Casa e infine un Popolo.
Le prove tecniche cominiano nel 1993, quando le elezioni amministrative sanciscono il vuoto di potere lasciato da Mani Pulite. Crollano DC e PSI e si elevano ad argini contro le sinistre al nord il nuovo che avanza, la Lega Nord (che elegge sindaco di Milano Marco Formentini) e al centro-sud l’unico partito che non sembra essere coinvolto dalle inchieste. Il Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale guidato da un giovane Gianfranco Fini sta avviando una svolta interna, che di lì a pochi anni porterà il partito che fu di Almirante a recidere i legami con la tradizione fascista, per dare vita ad Alleanza Nazionale. Il 23 novembre, durante l’inaugurazione di un supermercato a Casalecchio di Reno, l’ancora semplice imprenditore Silvio Berlusconi, dichiara alla stampa la necessità di un suo intervento per riorganizzare il centro moderato.
La nascita di Forza Italia
È il preludio alla scesa in campo del 26 gennaio 1994, con la nascita di Forza Italia, il primo partito a dichiararsi costitutivamente di centrodestra. La nuova legge elettorale del 1993, detta Mattarellum o “Minotauro” per il suo sistema elettorale misto prevalentemente maggioritario, detta le condizioni per favorire le coalizioni tra partiti alle elezioni del 1994, le prime politiche della Seconda Repubblica. Il centrodestra nasce così uno, trino e duplice: ruota intorno alla figura del Cavaliere, lo formano i tre partiti anti-tradizionali, strutturati in due coalizioni distinte a livello territoriale. Al centro-nord, il Polo delle Libertà di Berlusconi – insieme ai centristi e Pannella – si accorda con la Lega per fare incetta dei collegi settentrionali; per le roccaforti del centro-sud è previsto il Polo del Buon Governo, un cartello insieme ai missini. Per il centrodestra è un trionfo, amplificato dal 50% raggiunto con le europee di due mesi dopo.
Il connubio poli-amoroso tra Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Pannella, Pierferdinando Casini e Umberto Bossi non è destinato a durare. I malumori del senatur portano alla dissoluzione del primo governo del Cavaliere dopo neanche un anno. Il centrodestra è però ormai una solida realtà, e si riorganizza nel Polo delle Libertà. Il cartello Forza Italia, Lega, AN, Cristiano-Democratici e Radicali deve però bere per la prima volta l’amaro calice della sconfitta alle politiche del 1996, vinte dall’Ulivo di Romano Prodi.
La stagione del bipolarismo in Italia
Comincia la stagione del bipolarismo, rimangono i parenti-serpenti: D’Alema nel ’98 fa cadere il governo come Bossi tre anni prima. Il centrodestra affila le armi, si accorda col segretario DS per mandarlo al Colle e intanto rinsalda i rapporti con Bossi: nel 2000 nasce la Casa delle Libertà. «La nostra alleanza ripropone l’Arco Costituzionale. Troviamo la sinistra riformista con la Lega Nord, il Nuovo PSI ed il Partito Repubblicano Italiano, il centro con Forza Italia ed il CCD e la destra democratica e moderna di Alleanza Nazionale». Così Berlusconi commenta la rinsaldata coalizione che nel 2001 riporta al governo, dove rimane fino al 2006 con il suo secondo e terzo esecutivo.
L’Unione di centrosinistra ci riprova con Prodi e spegne -per una manciata di voti all’estero- nel 2006 le velleità di un Berlusconi IV, che puntualmente prende vita due anni dopo. La Casa ha lasciato il posto al Popolo delle Libertà, il culmine del processo unitario del centrodestra che porta nel 2007 a un unico simbolo per Forza Italia, AN e tutti i partiti della coalizione, ad eccezione di UDC e Lega Nord che preferisce “un’alleanza federativa con il nuovo partito”.
La nuova federazione del centro-destra risolverà i problemi?
L’alternativa democratica, questa sconosciuta negli ottant’anni precedenti, sembra ormai una realtà della politica italiana. Col quarto governo Berlusconi finisce però l’epoca del centrodestra di governo, cominciano le parentesi degli esecutivi tecnici, del cambiamento e del presidente. L’alleanza conosce al pari del paese anni di crisi. La coalizione non riesce a vincere le elezioni del 2013 e 2018, dal Popolo delle Libertà rinascono i partiti distinti, all’interno dei quali emergono frizioni e malumori.
Il 27 novembre 2013 il Senato approva la decadenza di Berlusconi come senatore, che- forse troppo- lentamente è costretto a lasciare il ruolo di federatore agli astri nascenti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Nel mezzo però le geometrie del centrodestra conoscono equilibri e protagonisti incerti: da Alfano a Fitto, dal Nazareno a Governo del Cambiamento. Fino alla proposta di questi giorni di Matteo Salvini per l’eterno ritorno di una federazione del centrodestra.
*articolo a cura di Stefano Marrone