Dopo le nomine in Snam e Italgas, che sono state le prime società a veder rinnovati i loro consigli di amministrazione, il governo e gli enti ad esso legati si preparano a completare la sfida della scelta di circa 350 figure tra presidenti, amministratori delegati, consiglieri di amministrazione e sindaci.
Il metodo Draghi
Innanzitutto il “metodo Draghi” del 2021 che ha concentrato su Palazzo Chigi le scelte decisive non potrà essere rinnovato, dato che i partiti della maggioranza non sono più disposti a essere marginalizzati completamente in uno schema che nel 2021 li ha visti in grado di spartirsi solamente le poltrone dei Cda senza mettersi di mezzo alla sfida della scelta delle cariche apicali.
In un certo senso, la riconferma di Paolo Gallo ad Italgas, dopo che nel 2019 fu scelto da Giuseppe Conte via Movimento Cinque Stelle, è un primo segnale. Draghi nel 2021, assieme al triumvirato dei consiglieri economici Franco-Rivera-Giavazzi, è riuscito a imporre il fedelissimo Dario Scannapieco a Cassa depositi e prestiti e Luigi Ferraris a Ferrovie dello Stato. Quest’anno lo schema avrà una geometria ben più variabile e Draghi non potrà non pensare agli interessi dei partiti che lo sostengono in maggioranza.
Fincantieri e Sace
La partita più calda resta quella di Fincantieri: il “caso D’Alema” ha visto la fine della corsa di Giuseppe Giordo, direttore del gruppo navi militari della società, per succedere a Giuseppe Bono, amministratore delegato da inizio millennio. Salgono le quotazioni di Fabio Gallia, attuale Direttore Generale, al ruolo di ad, una mossa che segnalerebbe la volontà di Fincantieri di muoversi rafforzando il peso del primo gruppo navale d’Europa nel mercato della Difesa del Vecchio Continente. Bono, togliendo le deleghe a Giordo, ha di fatto ipotecato lo schema che lo vedrà, comunque vada la partita, prossimo all’ascesa alla presidenza. Ruolo in cui sostituirà l’ambasciatore ed ex direttore del Dis Giampiero Massolo, che sarà presidente di Atlantia.
Molto calda anche la sfida per Sace: per la società di assicurazione al credito estero il passaggio al Mef ha aperto una contesa politica mai sopita. Attualmente al vertice c’è il presidente facente funzioni Mario Giro, ex sottosegretario alla Farnesina, e l’ad Pierfrancesco Latini, dato rientrante in Cdp. Per il suo successore la scelta potrebbe ricadere su Federico Merola che dal giugno del 2016 è membro indipendente del Cda di Sace. Per il ruolo di presidente, invece, si punterebbe su un alto funzionario del ministero dell’Economia e delle Finanze ripristinando una consuetudine che aveva visto tra il 1998 e il 2001, il direttore generale del Tesoro diventare presidente della Sace. A quell’epoca fu nominato presidente Mario Draghi, ma evidentemente ora lo schema non potrebbe ripetersi con Alessandro Rivera. E l’impossibilità è legata proprio alla natura ultra-draghiana dell’influente economista di Via XX Settembre.
2023, anno campale
In quest’ottica, è sintomatico vedere come si apra una finestra fondamentale per capire come stia cambiando la geografia del potere italiano in vista della madre di tutte le battaglie: il 2023. L’anno prossimo verranno a scadenza i quattro player più importanti nella galassia delle partecipate: Eni, Enel, Poste e Leonardo. Lasciare ora mano libera a Draghi vorrebbe dire, con l’attuale prospettiva di conclusione della legislatura, un’abdicazione definitiva dei partiti: l’anno prossimo si voterà, se la legislatura arriverà alla conclusione, tra febbraio e marzo e il rinnovo dei CdA è destinato ad andare in scena in primavera, quando la formazione del prossimo governo sarà nel pieno del suo svolgimento e ad oggi non si può capire in che direzione si incammineranno gli equilibri politici.
La percezione che la politica debba riprendersi i suoi spazi va di pari passo con le manovre di singole figure stimate da entrambi gli schieramenti dell’arco costituzionale, come l’ad di Snam in uscita Marco Alverà, che guardano alle mosse dei partiti più che a Draghi per fare il grande salto in una delle quattro major. In quest’ottica, va sottolineato che il 2020, anno pandemico, ha segnato una cristallizzazione delle nomine con il rinnovo degli ad (Claudio Descalzi in Eni, Alessandro Profumo in Leonardo, Francesco Starace in Enel, Matteo Del Fante in Poste) e la semplice sostituzione dei presidenti.
Il ritorno della politica alla normalità
La politica, che allora si trovava nell’era del caotico periodo pandemico a pochi mesi dalla nascita del traballante governo giallorosso, non può e non vuole cedere. Visti i grandi scenari in via di apertura, dalla transizione energetica alla tecnologia di frontiera, che riguarderanno le partecipate pubbliche e l’imponente sfida del Pnrr i partiti vogliono farsi trovare pronti. Per ora esercitando un potere di veto su determinate intenzioni o scelte della cerchia di Draghi, cosa non accaduta in passato. Si torna, dunque, a parlare apertamente di politica capace di decidere. E dopo anni di emergenza si torna a respirare un’aria di normalità nella gestione delle dinamiche complesse dell’era presente.