Perchè leggere questo articolo? Già nel 2018 il papa aveva espresso (con modi meno coloriti) la propria netta posizione contro alla presenza di preti omosessuali nella Chiesa
(di Sallustio Santori)
Fratelli e sorelle, Francesco preti gay non ne vuole nella Chiesa (e questo malgrado, nel corso del suo Papato, qualche teologo si sia azzardato a dire il contrario). Tutto ok se si tratta di una benedizione “da 10 secondi” misurati con il cronometro dal suo guardiano dell’ortodossia, il prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede (ex Sant’Uffizio) cardinale Victor Manuel Tucho “besame mucho” Fernandez, tutto ok se “Chi sono io per giudicare?”, ma da qua a consacrarli preti ce ne corre. Anzi, un ben informato Dagoreport di Dagospia riferisce l’espressione del Santo Padre, non proprio delicata: “Nella Chiesa c’è troppa aria di frociaggine”, per cui i vescovi devono: “Mettere fuori dai seminari tutte le checche anche quelle solo semi orientate”. Amen.
E con questo l’ennesima giravolta è servita. Insomma, mentre con una mano alla Cbs il Papa picchia i conservatori dicendo che: “Conservatore è colui che si aggrappa a qualcosa e non vuole vedere oltre”, e che: “È un atteggiamento suicida, perché una cosa è tenere conto della tradizione, considerare le situazioni del passato, un’altra è chiudersi in una scatola dogmatica”, dall’altra si pone come il più conservatore dei conservatori. E attenzione: il netto “no” alla “frociaggine”, per usare le parole del Pontefice, è qualcosa che lui ha sempre rigorosamente applicato nel corso del suo Pontificato.
Seminarista gay o con tendenze? O ti trattieni o ti passano almeno tre anni prima di diventare diacono
Era già il 2016 quando, con la Ration Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis dal titolo “Il Dono della vocazione presbiterale”, in pratica le linee guida fondamentali dei seminari di tutto il mondo preparata dalla Congregazione per il Clero (la potete scaricare QUI), al numero 199 si stabiliva che:
199. In relazione alle persone con tendenze omosessuali che si accostano ai Seminari, o che scoprono nel corso della formazione tale situazione, in coerenza con il proprio Magistero, «la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne. Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone con tendenze omosessuali profondamente radicate».
Capito? Se sei gay non riesci, da prete, a rapportarti come dovresti con uomini e donne. Detto questo, però, al numero 200 si evidenziava un caso specifico:
200. «Qualora si trattasse di tendenze omosessuali che fossero solo l’espressione di un problema transitorio, come, ad esempio, quello di un’adolescenza non ancora compiuta, esse devono comunque essere chiaramente superate almeno tre anni prima dell’ordinazione diaconale».
In altre parole: devi farti passare la tendenza prima di ricevere il Diaconato, che è il grado minimo del Sacramento dell’Ordine (poi c’è il prebiterato, appunto il diventare prete, e a seguire l’episcopato. Divenendo vescovo si ottiene la pienezza di questo Sacramento). Trovandosi facendo la Congregazione – dopo aver invitato i seminaristi a segnalare eventuali problemi in questo campo – sottolineava che: «se un candidato pratica l’omosessualità o presenta tendenze omosessuali profondamente radicate, il suo direttore spirituale, così come il suo confessore, hanno il dovere di dissuaderlo, in coscienza, dal procedere verso l’Ordinazione». In ogni caso, «sarebbe gravemente disonesto che un candidato occultasse la propria omosessualità per accedere, nonostante tutto, all’Ordinazione. Un atteggiamento così inautentico non corrisponde allo spirito di verità, di lealtà e di disponibilità che deve caratterizzare la personalità di colui che ritiene di essere chiamato a servire Cristo e la sua Chiesa nel ministero sacerdotale».
Non esiste un diritto a diventare prete
Per metterla ancora più chiara, a Roma avevano stabilito che:
- In sintesi, occorre ricordare e, al contempo, non occultare ai seminaristi che «il solo desiderio di diventare sacerdote non è sufficiente e non esiste un diritto a ricevere la sacra Ordinazione. Compete alla Chiesa […] discernere l’idoneità di colui che desidera entrare nel Seminario, accompagnarlo durante gli anni della formazione e chiamarlo agli Ordini sacri, se sia giudicato in possesso delle qualità richieste».
Il caso Charamsa e qualche timida apertura teologica
La Ratio, come abbiamo detto, è del 2016: ma nel 2018 Jorge Mario Bergoglio, nel corso della 71ma Assemblea generale della CEI, la Conferenza episcopale italiana (QUI) aveva – come scrisse La Stampa – invitato i vescovi ad un «attento discernimento», aggiungendo: «Se avete anche il minimo dubbio, è meglio non farli entrare».
Già nel 2018 Francesco tracciò la sua linea rossa sugli omosessuali
Allora Francesco aveva tracciato la sua linea rossa nelle tendenze “profondamente radicate” e la pratica degli atti omosessuali, denunciando in una lettera consegnata brevi manu ai vescovi cileni problemi verificatisi nei seminari dove – scriveva – vescovi e superiori religiosi hanno affidato la guida a «sacerdoti sospetti praticare l’omosessualità».
Insomma, Bergoglio ha sempre avuto in materia le idee chiare. E questo malgrado nell’ottobre 2015 il Vaticano fosse stato investito – poco prima del Sinodo sulla famiglia – dallo scandalo del teologo Krzysztof Charamsa, polacco classe 1972, il quale aveva serenamente ammesso di avere un compagno e di ritenere “disumana” la soluzione di astenersi dal sesso e dall’avere un compagno. Il colpo era stato forte: Charamsa era allora ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede e segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana, oltre che docente alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. E lo schiaffone papale era arrivato nelle parole dell’allora portavoce padre Federico Lombardi: “Monsignor Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano”. E ciaone.
Il teologo Dianich: “Nessuno è obbligato a diventare prete”
Qualche teologo, però, si era espresso sul caso. Come Severino Dianich, sacerdote della diocesi di Pisa con una laurea alla Pontificia Università Gregoriana. Che a Famiglia Cristiana aveva detto: “Bisogna distinguere tra la tendenza e la pratica. Uno, per assurdo, può avere anche tendenze omicide e non aver dato un graffio a nessuno”, sottolineando che: “La scelta del celibato prevede la castità, indipendentemente se uno abbia tendenze omosessuali o eterosessuali”. E a precisa domanda sull’omosessualità come ostacolo al divenire prete, don Dianich aveva risposto: “Se una persona manifesta tendenze omosessuali queste possono complicare la scelta del celibato (…) in realtà, la questione della tendenza omosessuale non tocca di per sé la persona che ha fatto i voti ma tocca semmai il discernimento vocazionale durante gli anni in seminario. Una tendenza omosessuale può complicare ulteriormente la formazione al celibato. Il discernimento è come dare una valutazione a una persona, e quindi bisogna dare a quella persona la garanzia che domani possa vivere felicemente il suo voto di celibato. Se così non è, io consiglio di lasciar perdere e prendere un’altra strada. Nessuno è obbligato a diventare prete”, aveva detto.
Franco Barbero, l’ex prete ribelle
E poi c’è chi apertamente la pensa e si muove in senso diverso. È il caso di Franco Barbero, ex sacerdote ridotto allo stato laicale dal Vaticano nel 2003, che nel 2022 a L’Espresso ha raccontato come continui a sposare coppie Lgbt+ e spesso sia invitato in gran segreto a matrimoni fra preti cattolici: «Alcuni di loro continuano ancora il ministero di parroci. E io li ammiro, perché hanno il coraggio di vivere in libertà di coscienza unendo la missione sacerdotale alla loro vita affettiva e sessuale», aveva detto. Il Papa non sarebbe affatto d’accordo.