Perché leggere questo articolo? E’ arrivato il primo giorno di scuola, ma che anno scolastico sarà per sette milioni di alunni e un milione di docenti? True-news.it ha intervistato Paola Frassinetti, sottosegretaria al Ministero dell’istruzione e del merito.
La campanella è tornata a suonare per sette milioni di alunni e un milione di docenti delle oltre 40mila scuole del Paese. Ogni anno scolastico è fondamentale, ma questo rischia di essere decisivo, con un nuovo governo e vecchi problemi. True-news.it ha intervistato Paola Frassinetti, sottosegretaria al Ministero dell’istruzione e del merito, per fare un bilancio e delle previsioni sulla scuola che sarà.
Sottosegretario, che anno sarà per la scuola quello che si accinge a cominciare?
Sarà un buon anno. Abbiamo lavorato in questi primi mesi di governo per risolvere molte situazioni aperte da tempo nel mondo della scuola. La prima è quella dell’aumento salariale degli insegnanti, che è andato a buon fine con l’aumento in busta paga. In agenda c’è poi la tutela dell’autorevolezza dell’insegnate, con il ritorno del voto in condotta a pesare sulla valutazione complessiva dello studente. Sul fronte della didattica puntiamo poi a una riforma degli istituti professionali.
Che cosa prevede?
E’ una riforma sperimentale del settore tecnico-professionale. Una sperimentazione del 30% per agevolare l’ingresso degli studenti nel mondo del lavoro, tramite un percorso di quattro anni. L’obiettivo è quello di rendere appetibile il titolo per le aziende del Paese.
Quali sono i problemi più annosi del mondo della scuola che il Ministero dovrà affrontare?
Indubbiamente, la questione più spinosa è quella del precariato degli insegnanti. Il ministero sta lavorando a una riforma del sistema di assegnazione delle cattedre. Anche il governo sta lavorando a degli adeguamenti normativi, che siano in grado di sfruttare i fondi del Pnrr. E’ un problema annoso.
Che forse negli anni è stato affrontato in maniera superficiale?
Sicuramente le dichiarazioni del precedente titolare del Ministero (Patrizio Bianchi, ndr) sono state troppo ottimistiche. La stratificazione nella scuola è notevole, e non bastano i proclami. Serve competenza: rispetto allo scorso anno, la scuola inizia con 12.800 cattedre scoperte in meno. Non abbiamo la bacchetta magica, ma con la riforma del reclutamento che stiamo mettendo in atto che punta a strutturare i concorsi in maniera differente puntiamo a tutelare i meritevoli.
Ecco, secondo lei “merito”, termine che il governo ha aggiunto alla dicitura del ministero dell’Istruzione, è una parolaccia?
Assolutamente no. La nostra Costituzione, nell’art. 34, stabilisce tra i doveri della Repubblica “tutelare i capaci e i meritevoli”. Io mi ispiro alla lezione del professor Ricolfi: la scuola deve tornare ad essere un’ascensore sociale. Più viene abbassata l’asticella dell’apprendimento meno si tutelano i meritevoli che hanno come chance solamente il proprio talento. Anche chi non ha famiglia ricca alle spalle, chi non può andare alle private o all’estero ha il diritto di avere un’istruzione meritocratica. Perché il merito significa fare andare avanti i migliori a parità di condizione.
Tra le problematiche che potrebbe emergere c’è chi paventa anche una possibile nuova ondata. Il mondo della scuola sarebbe pronto ad affrontare nuovi rialzi dei contagi?
Penso di sì. Stiamo investendo molto sulla prevenzione, sulla fornitura di materiali e sulla misurazione della temperatura. Abbiamo ancora molti dispositivi da utilizzare nelle scuole. Il governo si sta impegnando ad affrontare il problema della strutture scolastica, in modo da tutelare la popolazione scolastica, fornendo la giusta areazione nelle classi. In ogni caso, penso che in questi giorni si stia lanciando un allarme infondato. La scuola è pronta ad affrontare questo anno scolastico in sicurezza.
Qual è il modello di riferimento per la scuola italiana? Magari quello tedesco per il collegamento degli istituti professionali con il mondo del lavoro?
Penso che il modello di riferimento rimanga la scuola italiana. Non dobbiamo farci tentare troppo dalla sirene estere: il nostro resta un modello inclusivo e formativo. In grado di dare una formazione ampia e formativa. Abbiamo l’obiettivo di riformare l’alternanza scuola-lavoro, per fare in modo che i ragazzi siano realmente seguiti. Gli studenti devono approcciarsi al mondo del lavoro in sicurezza, facendo un’esperienza che sia affine al loro percorso. Non accadrà più che uno studente viene spedito a fare fotocopie o caffè. Avvieremo un collegamento tra scuole, aziende e istituti culturali come biblioteche e archivi.
Ci sono delle tempistiche per questa riforma della scuola?
Andrà in Consiglio dei ministri a breve. Sarà una riforma importante, che renderà il nostro modello scolastico competitivo col resto d’Europa. L’obiettivo è farla entrare in vigore per l’inizio del 2024, in modo che il prossimo anno scolastico sia il primo di una nuova scuola.