Perché leggere questo articolo potrebbe interessarti? Per capire come la virata pro-Usa di Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni sia destinata a influenzare profondamente il possibile esecutivo italiano di centrodestra, indipendentemente da ogni accusa di legami con la Russia dei suoi alleati.
Politici in rampa di lancio, vecchie glorie, intellettuali d’area e uomini delle istituzioni: il rapporto tra il centrodestra italiano e gli Stati Uniti è solido e anche un’eventuale vittoria della coalizione al voto del 25 settembre porterà alla guida del Paese una compagine di stretta osservanza atlantista.
Meloni l’Americana
A maggior ragione se a guidarla dovesse essere Giorgia Meloni, che da almeno tre anni si muove tra incontri sotto traccia e occasioni ufficiali per accreditare Fratelli d’Italia come partito strettamente legato al campo atlantico. E proprio l’atlantismo ferreo di Fdi è una garanzia per gli States di fronte alla fase che si appresta ad aprirsi in Italia.
Il feeling è iniziato quando la leader conservatrice si è trovata a tessere rapporti con il Partito Repubblicano americano: l’esordio è avvenuto il 3 marzo 2019, quando la Meloni ha tenuto un intervento alla Cpac di Washington, la convention dei conservatori Usa alla quale è intervenuto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, durante la quale ha attaccato l’attuale architettura dell’Unione Europea, definendola “un’entità non democratica imposta sulle nazioni europee da élite globali nichiliste guidate dalla finanza internazionale”.
Gli interventi istituzionali di Fratelli d’Italia
Più governiste e istituzionali le successive partecipazioni. Il 5 febbraio 2020 l’onorevole romana è stata invitata a presenziare al National Prayer Breakfast”, evento annualmente organizzato dal Partito Repubblicano e a cui partecipò anche il presidente Trump, pochi giorni dopo aver pronunciato a Roma uno dei discorsi chiave nella National Conservatism Conference 2020 dal tema God, Honor, Country: President Ronald Reagan, Pope John Paul II, and the Freedom of Nations. E più di recente Meloni è tornata, nel febbraio scorso, a parlare alla platea del Cpac, questa volta nel consesso di Orlando. Dalla tribuna del resort Rosen Shingle Creek la Meloni ha preso la chiara e netta posizione di condannare l’invasione russa dell’Ucraina. Che ha segnato anche la definitiva e trasversale accettazione da parte dell’attuale apparato di governo, a trazione democratica, degli Usa della presidente dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr) come credibile leader di governo.
Alla festa annuale dell’Ambasciata Americana, per le celebrazioni del 4 Luglio, Meloni, accompagnata dal fido Giovanbattista Fazzolari che tesse le trame del programma e dei rapporti politici di Fratelli d’Italia, era la politica italiana più osservata e anche di recente nientemeno che l’ex Segretario di Stato e First Lady Hillary Clinton, ai margini del Forum Ambrosetti, ha dato il suo imprimatur alla possibile ascesa al governo della donna che è stata a lungo la prima “trumpiana” d’Italia
I big a stelle e strisce
E dietro le manovre che hanno reso Fratelli d’Italia il partito dei “Fratelli d’America” c’è l’impegno preciso di una formazione intera che da tempo si muove per l’accreditamento internazionale agendo in nome di un più deciso atlantismo, come del resto ha ricordato anche l’ambasciatore numero uno della Meloni a Strasburgo, Raffaele Fitto, parlando con True News.
Adolfo Urso, esperto di intelligence del partito è presidente del Copasir. Si è mosso giusto in queste settimane per visitare l’Ucraina intenta a difendersi dall’aggressione russa prima di dirigersi a Washington. Urso, lo ricordiamo, dirige la Fondazione Farefuturo partner dell’International Republican Institute (Iri), prestigioso think tank reaganiano i cui principali maggiorenti, Dan Twining, Presidente, e Jan Erik Surotchak, Senior Director dell’area Transatlantic Strategy, Urso ha recentemente incontrato. Nei giorni in cui usciva il “pizzino” sui fondi russi ai partiti stranieri e Urso negava la presenza di formazioni italiane nell’elenco, il senatore veneto ha visitato il Pentagono e incontrato i due più importanti politici del Congresso Usa titolati a guidare le dinamiche di intelligence. Il presidente della Commissione intelligence del Senato, Mark Warner, democratico, e Richard Burr, repubblicano.
Gli altri “Fratelli d’America”
Sempre in campo di difesa e sicurezza, non si può dimenticare il ruolo che in seno a Fratelli d’Italia gioca l’ex Sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, che pur avendo lasciato la politica attiva risulta uno dei più ascoltati consiglieri della Meloni. Crosetto è presidente della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) di Confindustria; e di Orizzonte Sistemi Navali, joint venture tra Fincantieri e Leonardo. Rappresenta l’uomo chiave di Fdi per presidiare un settore decisivo per i legami securitari transatlantici.
Molte personalità di Fdi, inoltre, tra i candidati di primissimo piano del partito alle politiche risultano di saldo orientamento filo-atlantico. Due nomi su tutti tra i membri storici del partito. Andrea Delmastro, responsabile Esteri e capogruppo alla Camera in Commissione Esteri; da tempo perora posizioni pro-Usa su dossier che vanno dal contrasto a Cina e Russia al riconoscimento di Juan Guaidò in Venezuela. E il Senatore Lucio Malan: un occidentalista convinto che ha sposato la causa dell’atlantismo; intesa soprattutto in nome del ferrato contrasto alla Cina, guidando tra Montecitorio e Palazzo Madama e dal 2013 presiede il Gruppo interparlamentare di amicizia Italia-Taiwan. Ma è tra i nomi di peso chiamati a rafforzare la postura istituzionale dei candidati che questa svolta atlantista si vede con maggior forza.
Terzi, Tremonti, Pera: i legami con gli Usa dei big di Fratelli d’Italia
Giulio Terzi di Sant’Agata sarà candidato al Senato nel collegio uninominale bergamasco di Treviglio, blindatissimo per il centrodestra. 76enne ex ambasciatore negli Usa e Ministro degli Esteri del governo Monti, dal 2021 responsabile dei rapporti diplomatici di Fdi, Terzi interpreta l’atlantismo istituzionale e bipartisan. Dal 2016 è membro dell’advisory board e rappresentante in Italia della lobby United Against Nuclear Iran (UANI); ed è presidente del dipartimento relazioni internazionali della Fondazione “Luigi Einaudi” di Roma, uno dei maggiori think tank liberali su scala internazionale.
Anche l’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, candidato alla Camera in Lombardia, ha importanti entrature americane e ha aiutato esplicitamente la Meloni a divenire membro del prestigioso Aspen Institute, di cui è presidente per l’Italia.
Interessante anche la posizione di Marcello Pera, ex presidente del Senato che Fdi candida in Sardegna a Palazzo Madama. Pera è un intellettuale decisamente influente nella galassia conservatrice internazionale. La sua posizione, prima ancora che nell’atlantismo, si sostanzia nel fermo occidentalismo; e nella volontà di sostenere per l’Italia un’alleanza valoriale e identitaria con gli Usa. Anche a costo di allentare i legami con l’Europa. Dall’Afghanistan all’Ucraina Pera, 80 anni a gennaio, ha più volte indicato i rischi di un suicidio dell’Occidente. Nella riluttanza del campo euroatlantico a opporsi fermamente ai regimi autoritari. Le sue posizioni approssimano molto ultimamente quello del filosofo politico Rod Dreher, autore de L’opzione Benedetto e ritenuto uno dei massimi intellettuali Usa contemporanei.
La carica dei conservatori filo-Usa
Nel mondo culturale, infine, Fdi vanta tra le sue figure di riferimento d’area pensatori e influenti commentatori. Che non fanno mistero di un legame preferenziale con Washington. Il think tank Nazione Futura guidato dall’editore Francesco Giubilei è, con Farefuturo, uno dei principali pensatoi d’area e ha stretto alleanze con primarie associazioni culturali di orientamento conservatore o di destra in Europa e nel mondo, dall’Ungheria agli Usa. Altro pensatore da tenere d’occhio è il politologo e storico Alessandro Campi. Già punto di riferimento del mondo intellettuale di centrodestra, che più volte ha definito gli Stati Uniti “una democrazia gloriosa e pragmatica”.
Spiccano, nelle liste di Fdi, due figure interessanti. Alessia Ardesi, vicina agli ambienti cattolici romani e lombardi; titolare di una prestigiosa fellowship all’università gesuita di Georgetown a Washington. E’ candidata così come lo è Lorenzo Malagola. Segretario generale della Fondazione De Gasperi, da sempre punto di convergenza per i rapporti intellettuali e culturali romani sull’asse Italia-Usa.
Un governo atlantico
Il campo atlantico costruito dalla Meloni unisce, dunque, impresa, cultura, politica tradizionale e riferimenti chiari nella galassia conservatrice. Che amplificano ma non perimetrano eccessivamente la saldatura di Fdi con il campo occidentale ed atlantico. Questa è la vera golden share con cui Giorgia Meloni ambisce ad andare al governo. Contando su una continuità con la salda approvazione dell’operato che Washington ha garantito all’esecutivo di Mario Draghi. L’uscita di importanti “colonnelli” atlantici dagli altri partiti del centrodestra, come l’ex forzista Elio Vito e l’ex leghista Raffaele Volpi, aprono praterie e influenze senza precedenti ai conservatori di lotta che studiano da partito di governo.