Perché leggere questo articolo? Fulvio Collovati commenta il discusso accordo tra la squadra giallorossa e Riyadh Season. Per l’ex calciatore anche della Roma e ora imprenditore sportivo, non c’è da stupirsi: da tempo il calcio è alla mercè del dio denaro perchè totalmente privo di spirito critico.
“Cosa vuole che le dica. Di fronte al dio denaro non c’è più scampo“. Fulvio Collovati entra in tackle scivolato sull’accordo tra la Roma – squadra di cui ha vestito la maglia per due stagioni, dall’87 all’89 – e Riyadh Season. L’ex difensore e oggi rispettato commentatore e imprenditore sportivo, è abituato alle polemiche. Sin dall’estate del 1982, quando si laureò campione del mondo con la nazionale azzurra e fece lo storico “salto del Naviglio”, passando dal Milan appena retrocesso ai rivali dell’Inter.
Collovati, il salto del Naviglio non è Roma-Arabia
“Il passaggio fu clamoroso” ha ammesso Collovati, ma non ebbe nulla a che vedere con le ragioni economiche. “La verità è una e una soltanto. L’ho fatto perché avevo paura di perdere la Nazionale” ha dichiarato a più riprese. Ben altra storia quella della Roma che per 25 milioni in due anni ha accettato di farsi sponsorizzare dal festival di intrattenimento sportivo più famoso del regno saudita. A meno di un mese dall’assegnazione di Expo 2030, che vede Roma in lizza proprio con Riyadh (e la sudcoreana Busan).
“L’Arabia vuole comprarsi tutto” commenta Collovati, senza troppo stupore. “Non so se qualcuno è felice, ma è un fatto che ormai il calcio va in questa direzione. Si parla tanto di diritti, ma c’è una denaro che non conosce fine”. Sono pochi quelli che riescono a sfuggire al dio denaro, secondo l’ex stopper azzurro. “La verità è che nemmeno Cristiano Ronaldo riesce a rinunciare ai petroldollari. Si sono comprati la passione della gente“.
Il calcio a pantaloni calati
“La conflittualità tra una squadra di Roma e gli interessi della capitale – che sono stimati in 50 miliardi di euro per Expo – può sembrare paradossale. Ma è solo l’ultimo esempio di un calcio che da tempo ha i pantaloni tirati giù“, rincara la dose Collovati. Che ammette a malincuore come il sistema pallone in Italia non sia in grado di reggere alla concorrenza economica straniera. “Basta vedere la storia del canale della Lega Serie A. Da anni se ne parla e non se ne fa nulla“.
“Non c’è da stupirsi se una squadra di Serie A si accontenta di 12,5 milioni di sponsorizzazione dall’Arabia” rincara la dose Collovati. “I costi del sistema calcio sono talmente alti che non si riesce più a sostenere. Il movimento è inevitabilmente costretto ad accettare qualsiasi tipo di sponsorizzazione per tenere in piedi la baracca”. Non tutto è perduto, però, secondo l’ex difensore azzurro. “Il nostro calcio rimane appetibile e competitivo. Basta vedere la scorsa Champions con due italiane in semifinale” prosegue Collovati. “L’Italia deve ripartire dai settori giovanili. Anche le big della nostra Serie A devono seguire il modello Atalanta: valorizzare i giovani e poi pazienza se vengono venduti all’estero. Abbiamo un serbatoio di grande qualità, su cui però bisogna puntare”.
Collovati: “Manca spirito critico e addetti stampa veri”
“Certo che se anche i dirigenti e i top allenatori iniziano ad andare in Arabia, è dura”. Collovati non risparmia una stoccata all’ex ct Roberto Mancini, passato armi e bagagli dagli azzurri alla nazionale saudita. “A caldo dico che la scelta araba di Mancini è peggio di quella della Roma”. Il problema secondo Collovati è principalmente di comunicazione, e il responsabile è presto individuato. “Le società in Italia hanno uffici stampa con 10-20 addetti, ma non sembra che si diano da fare. Ieri sono stato ospiti in una trasmissione a Napoli, dove ha chiamato il procuratore di Mario Rui per lamentarsi dello scarso utilizzo del suo assistito da parte dell’allenatore Garcia. Morire se qualcuno abbia detto qualcosa: tutti zitti!”. Collovati conclude individuano un cortocircuito nella comunicazione sportiva. “Non c’è più spirito critico nel calcio. Ai miei tempi i calciatori litigavano coi giornalisti (celebre una quasi rissa tra Mario Sconcerti e Tardelli al Mundial ’82). Oggi non si ha più diritto di critica e la colpa è 50-50. Gli uffici stampa ingabbiano la critica, ma spesso i giornalisti fanno domande sciatte“.