Le tensioni in Medio Oriente tra Israele e Palestina battono il conflitto tra Russia e Ucraina. E’ ciò che sta accadendo nella “battaglia” quotidiana delle agende setting dei media italiani. Dove la guerra in Mo ha soppiantato gli scontri per il Donbass. Di Ucraina si parla, ma non più nelle prime pagine dei quotidiani. O nelle aperture dei tg e dei portali web. Una dinamica, quella del “fenomeno scaccia fenomeno”, che interessa da sempre il mondo dell’informazione.
Sul tema della guerra, conferma le dinamiche, in questa intervista per True-News.it, anche Fulvio Scaglione, corrispondente di guerra, tra i giornalisti più esperti nel racconto dei conflitti.
Scaglione, sui media la guerra in Israele batte quella ucraina?
“Dal punto di vista dell’opinione pubblica sì, da quello delle operazioni, della sostanza no. Sono due problemi distinti: uno è di media e attenzione collettiva, che ha la sua affluenza ma non è decisivo. L’altro è un problema di assistenza militare, rifornimento.
La guerra in Israele non ha soppiantato lo scontro in Ucraina. C’è un affaticamento generale da parte dell’Occidente nei livelli di assistenza. Bloomberg diceva che l’Ue aveva promesso un milione di proiettili entro marzo 2024 ma questa promessa è stata completata solo per il 30%. Credo si faticherà a raggiungere la cifra prefissata.
I conflitti, però, su entrambi i fronti, continuano. L’Italia che ruolo puà giocare?
Per il conflitto in medio Oriente, l’Italia può fare molto poco. Non sono più i tempi di Andreotti e Craxi che avevano una precisa politica estera. In quel quadrante solo Iran e Stati Uniti possono avere influenze importanti. Ma in questo momento non si sono mossi in direzione di una pacificazione. Ma verso il proseguimento del conflitto. Nella speranza che ognuno tragga una forma di vantaggio.
E l’Europa?
Può fare poco ovunque. Non ha una posizione politica propria sia per quanto riguarda l’Ucraina sia il Medio Oriente. Sulla questione di Israele, abbiamo visto qualche lieve scostamento tra Von Der Leyen e Borrell ma poca roba.
Avverte una certa stanchezza, anche da parte della politica, e dell’opinione pubblica verso il sostegno all’Ucraina come volano per la conclusione del conflitto con la Russia?
In Europa, a parte i primi tempi dell’invasione ucraina, si sa che c’è uno scostamento tra i supporti a Zelensky e i sentiment dell’opinione pubblica. Testimoniato dal fatto che dovunque si è votato in Europa, i governi pro Ucraina sono andati in difficoltà. Addirittura alcuni sono caduti. In Italia se ci fosse un referendum sugli aiuti militari all’Ucraina, non credo che tutti voterebbero sì. In Spagna il governo Sanchez è in difficoltà, in Svezia e in Finlandia sono emersi problemi tra le maggioranze. Segno di un malessere delle opinioni pubbliche. L’Europa non ha una sua posizione: si allinea a quella degli Stati Uniti. Vorrei ricordare che sia la Merkel sia Hollande hanno ammesso che, dal 2014 al 2022, quando già c’era la guerra nel Donbasso, il loro sforzo è stato diretto al rafforzamento dell’Ucraina. Pertanto la visione dell’Ue non è mai stata diversa da quella attuale.