Ci sono i nomi. C’è il logo con richiamo ai cinque cerchi olimpici. Persino la presentazione della lista elettorale – in presenza, un fatto raro di questi tempi. Cosa manca? La coalizione. I Cinque Stelle? Devono decidere da che parte stanno. Strutturalmente. Perché “non sappiamo dove si collocheranno politicamente” ha detto il 17 aprile il sindaco di Milano Beppe Sala presentando la propria lista elettorale in vista delle elezioni comunali 2021 alla spazio Open Altavia di Milano. E ora che il centrodestra sembra aver trovato l’asso nel mazzo con il ritorno in campo di Gabriele Albertini (“non sarebbe una sorpresa, era capolista con Parisi nel 2016” dice Sala) i “moderati” di Milano che vanno dai renziani di Italia Viva ad Azione di Carlo Calenda potrebbero addirittura essere tentati da un’inversione a U verso l’ex sindaco centrista, piuttosto che digerire il rospo di un’alleanza con gli eterni nemici grillini pur di appoggiare Beppe Sala. Potrebbero sempre cambiare idea ma fino ad oggi i centristi hanno sempre dato un aut aut: o noi o i grillini. Giochi ancora da decidere anche nel campo del centro destra. Perché oltre al “sì” netto per Albertini del Cavaliere Silvio Berlusconi dopo l’endorsement di Matteo Salvini, manca l’assenso di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni punta ancora su Riccardo Ruggero, l’ex amministratore delegato di Telecom ai tempi in cui Beppe Sala faceva il Direttore Generale del colosso delle telecomunicazioni. I due non si sono lasciati benissimo e sulla corsa a Palazzo Marino incombe ancora una volta la possibilità di una sfida fra due ex delle tlc, come nel 2016 con Stefano Parisi, provenienza Fastweb.
La palla passa allora nel campo di Casaleggio&Co. Un campo disordinato anche con l’arrivo del nuovo leader Giuseppe Conte. Solo a Milano le posizioni sono le più svariate: il consigliere comunale Gianluca Corrado ha aperto, per non dire chiesto esplicitamente, a un’alleanza con tutto il centrosinistra provocando le reazioni dei centristi. Il pezzo da novanta dei grillini in Lombardia, Stefano Buffagni, ha rilasciato pochi giorni fa un’intervista al Corriere della Sera, dura su alcuni aspetti delle giunta Sala ma di fatto un’apertura di credito per costruire un’alleanza “sui programmi”. La base grillina sotto il Duomo però è contraria e incarnata dalla consigliera comunale Patrizia Bedori che flirta con la sinistra-sinistra del candidato sindaco Gabriele Mariani, dei comitati ambientalisti e Milano in Comune.
A Sala servono certezze, nelle stesse ore in cui va in scena l’assemblea del coordinamento di Italia Viva di Milano città (sabato 17) e della provincia e area metropolitana (domenica 18). Ora l’ex manager di Expo ha scoperto le carte: nella sua lista i volti noti sono quelli dei due capolista Martina Riva e Emmanuel Conte. Oltre all’assessore alle politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti, Paolo Petracca ex presidente delle Acli, Simone Zambelli presidente del Municipio 8, l’assessore allo sport Roberta Guanieri, la consigliera Anita Pirovano e Marzia Pontone. A loro ha chiesto uno sforzo doppio. Trovare candidati pesanti nei nove Municipi di Milano perché “lì bisogna vincere” per portare la lista del sindaco in doppia cifra, sopra il 10% dei consensi. I temi della campagna e del programma ancora da presentare? Parità di genere e cominciare dagli equilibri in lista e nei Municipi; sostenibilità e “città a 15 minuti”; ma anche lavoro dice l’ex numero uno delle Acli, Paolo Petracca; il “riuso degli spazi” per Gabriele Rabaiotti. Fra questi due sarà interessante capire la battaglia interna per la delega alle politiche sociali – pesante anche a livello di quota del bilancio comunale da gestire, circa 200 milioni di euro – e se sarà mantenuta collegata o meno alle politiche abitative come nell’ultimo scampolo di mandato, o ancora integrata con forme di “sanità” cittadina e comunale su cui Sala e i suoi ora spingono molto per il post pandemia, anche in ottica di contrasto a Regione Lombardia.
Nella lista troverà spazio sicuramente qualche esponente dei Verdi, a cui Sala si è iscritto un mese fa, lasciando comunque a Europa Verde il compito di portare avanti le istanze ambientaliste per la città. Anche nel campo di Sala il rischio però è l’iper affollamento: il sindaco può contare a oggi su 10 liste che lo sostengono, che potrebbero diventare anche 12 o 13, molte sovrapponibili per le tematiche che affrontano e con il rischio di cannibalizzarsi voti e consensi a vicenda, o magari di qualche sgambetto reciproco in campagna elettorale. Del resto lo sa bene chi fa politica: la prima competizione è sempre quella interna. A questa tornata è inoltre probabile che il Partito democratico faccia il proprio gioco più che portare acqua al mulino di Sala come fu nel 2016 contro Parisi, battuto in volata. Lo farà per ricostruire un’identità alla luce della nuova leadership di Enrico Letta ma anche perché piccato a livello locale dall’iscrizione ai Verdi di Sala e dal nodo ancora irrisolto degli assessori che hanno già fatto due mandati in giunta e che non sarebbero rinnovati in un eventuale terzo mandato. Guarda caso tutti pezzi a novanta dei dem meneghini che hanno fatto incetta di preferenze personali cinque anni fa: da Pierfrancesco Maran, di recente “bruciato” dalla Lega per un posto dirigenziale al Ministero delle Infrastrutture con Enrico Giovannini, a Marco Granelli fino a Cristina Tajani.