Quello che una volta era considerato il Salotto buono dei milanesi, negli anni dell’amministrazione Sala, si è trasformato in un centro commerciale di lusso dove le griffe internazionali si sfidano a colpi di “rialzo” da migliaia di euro per aggiudicarsi un negozio con vista sull’Ottagono. Nell’ultimo bilancio all’inizio della pandemia, ai primi di marzo del 2020, la voce delle entrate derivanti dagli affitti nella Galleria Vittorio Emanuele ammontava a circa 41 milioni di euro. Dei bei danè, non c’è che dire.
Ci sono molti però che l’amministrazione comunale deve chiarire. Come opposizione che siede sugli scranni di Palazzo Marino, da tempo chiediamo di discutere in Consiglio comunale le nuove linee guida per la preparazione dei bandi di gara affinché ci sia un’indicazione amministrativa univoca e non pasticciata a seconda del singolo bando, col rischio che possa poi essere impugnato davanti al TAR, come spesso è capitato, per poi veder perdente l’Ente pubblico. Le botteghe storiche e i negozi a conduzione famigliare non possono competere con colossi che offrono milioni di euro per locali anche di pochi mq. Recentemente il famoso cravattificio “Andrew’s tie” ha dovuto chiudere la saracinesca, dopo decenni, perché a seguito delle serrate governative imposte per DPCM i proprietari del marchio non erano più in grado di pagare l’affitto. Dopo i tanti mesi di inattività, ora il Comune di Milano non è più disponibile a fare proroghe sugli incassi da locazione. Men che meno sconti sulle tasse. Nel caso specifico di quanto capitato alla famiglia Zanellato, titolari di Andrew’s tie, la Magistratura dovrà fare chiarezza sulla vicenda, ma ci sono tante altre attività colpite dalla crisi che rischiano di chiudere per sempre.
Da mesi chiediamo di convocare un tavolo di confronto con l’associazione “Salotto di Milano” per affrontare il tema dei rinnovi delle concessioni, per capire quali sono le criticità delle tante imprese “piccole” che hanno investito in attività oggi sfiancate dalla crisi e per impedire che gli assegnatari degli spazi commerciali in Galleria di proprietà del Comune parlino solo francese, inglese e arabo. Venerdì scorso l’assessore al Demanio e al Bilancio, l’esimio professor Roberto Tasca, ha prospettato una nuova vita per alcuni spazi che si trovano in Galleria per cui la concessione avrà durata di 18 anni. Parliamo della stanza dell’Orologio all’ingresso della Galleria, le terrazze con vista Duomo, l’ex-Albergo Diurno. Proprio quest’ultimo, lo Spazio Cobianchi, è rimasto chiuso per due anni perché al precedente assegnatario fu omesso di dire che c’era un problema di scarichi delle acque nere. Spero che i gestori del ristorante Savini siano stati informati della situazione perché far cenare i propri commensali con la puzza di fogna potrebbe non rivelarsi un’idea vincente. Tasca ha l’ambiziosa idea di arrivare a quota 50 milioni di incassi derivanti dalle locazioni della Galleria. Andando avanti di questo passo, probabilmente ci riuscirà. Sta di fatto che mentre lui sta trasformando la preziosa Galleria Vittorio Emanuele II in un mall in stile qatariota e se ne frega dei milanesi in difficoltà perché politicamente non deve render conto a nessuno, ci sono decine di imprenditori che rischiano di fallire e di mettere a repentaglio il lavoro di una vita. La Milàn del Tasca col coeur (di pietra) in màn.
Alessandro De Chirico
Consigliere Comunale
Forza Italia Milano
(Foto: Wikimedia)