Perchè leggere questo articolo? La Corte di Appello di Roma ha approvato la dicitura “genitore” sui documenti d’identità dei minori, dopo il ricorso di una coppia di mamme al decreto firmato nel 2019 dall’allora ministro dell’Interno Salvini che imponeva l’uso di “padre e madre”. Una decisione “anticostituzionale e discriminatoria” che non rispecchiava la reale composizione della loro famiglia e di quella di molte coppie omogenitoriali in Italia.
Ritorna la hit “genitore 1 e genitore 2”. Il tormentone sfruttato da Giorgia Meloni come inno autocelebrativo, diventa canto di vittoria per il mondo Lgbtq+ e non solo. La Corte d’Appello di Roma ha infatti approvato la dicitura “genitore” sulla carta d’identità per le famiglie omogenitoriali. Bocciando, di fatto, il decreto del 2019 firmato da Matteo Salvini che stabiliva l’uso di “madre/padre” sui documenti dei minori. Così una pagina di giustizia e inclusione in questa vicenda dalle eco surreali è stata scritta. E la famiglia Arcobaleno batte quella tradizionale, almeno nei documenti.
Il caso della coppia di mamme
Tutto ha avuto inizio quando una coppia di mamme si era rivolta al TAR del Lazio e al Tribunale di Roma esigendo l’emissione di un documento d’identità che rispecchiasse la reale composizione della loro famiglia. Già in primo grado la richiesta delle due madri era stata accolta. Il decreto era stato considerato illegittimo in quanto il documento emesso era a rischio “del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico”.
Adesso, oltre alla conferma della sentenza in Appello, il Ministero è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali. In questo modo è stato semplicemente ribadito l’obbligo legislativo che prevede l’uso degli stessi dati personali sia sulla carta d’identità di un minore, che nei registri dello stato civile.
Dura vita per il riconoscimento delle famiglie omogenitoriali
La trascrizione dell’atto di nascita di un figlio di una coppia omogenitoriale, in Italia, è già di per sé una notizia e al contempo un problema. Non esiste infatti una legge che regoli il riconoscimento del legame di parentela tra coppie dello stesso sesso e i propri figli. Dal 2017, nella cosiddetta “primavera dei sindaci”, le amministrazioni locali usavano i propri poteri per permettere il riconoscimento anche in assenza di una norma nazionale.
Ma negli ultimi mesi, diverse città italiane hanno visto l’annullamento del riconoscimento dei figli di coppie dello stesso sesso. Anche in seguito a una circolare in cui il ministero dell’Interno chiedeva ai sindaci di non trascrivere automaticamente i certificati di nascita dei figli concepiti all’estero con la gestazione per altri (GPA), illegale in Italia. Rendendo illegittime tutte le attestazioni all’anagrafe dei nati da famiglie omogenitoriali.
Le Famiglie Arcobaleno contro l’eteronormatività
“L’Associazione Famiglie Arcobaleno già nel 2019 aveva denunciato, supportata dal parere del Garante della Privacy, il qualunquismo ideologico del decreto Salvini. Il quale aveva modificato le diciture delle carte di identità solo per attaccare le famiglie omogenitoriali. Mettendo però in difficoltà anche tutti quei minori che presentano situazioni familiari differenti. Io stessa sono riportata come padre sul documento di mio figlio. Che però, di fatto, ha due madri, come scritto sul suo certificato di nascita”. Così Alessia Crocini, presidente di Famiglie arcobaleno, sui social. Nella stessa situazione anche tutte le altre coppie omogenitoriali, costrette a registrarsi come madre o padre nel sito del ministero dell’Interno.
Quella dell’associazione Famiglia Arcobaleno e di tutte le coppie omogenitoriali è dunque una lotta a un’eteronormatività ribadita e addirittura imposta per decreto, che esclude tutto ciò che non vi rientra. Il decreto del 2019 risultava anticostituzionale e non inclusivo. Volto a mantenere la cosiddetta “famiglia tradizionale” come unico modello di riferimento di genitorialità. Ma la formula “mamma” e “papà” sui documenti è, di fatto, discriminazione che esclude una fetta sempre più ampia di persone. E non rispecchia la realtà oggettiva di molti nuclei familiari.
E ora?
Il decreto Salvini che vietava genitore 1 e genitore 2 era già stato bocciato nel 2022 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, a seguito di un esposto di una coppia di madri, che lo aveva dichiarato illegittimo in quando “integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico”. Oggi, la Corte di Appello ha chiuso definitivamente la questione, con buona pace di Salvini che su Instagram ha voluto commentare la decisione dei giudici definendola “sbagliata”. La Corte ha anche imposto al ministero dell’Interno il pagamento delle spese processuali. Sui documenti dei bambini, di fatto, si torna invece alla situazione precedente il 2019.