Perché questo articolo potrebbe interessarti? Sergio Mattarella è il primo Presidente della Repubblica italiana a visitare la zona demilitarizzata. Il suo viaggio in Corea del Sud è tuttavia importante anche per altre questioni. In primis, per inserire Roma nel grande gioco globale dei semiconduttori.
“Qui si comprende come una guerra che non si è mai conclusa con il conseguimento della pace comporta il rischio costante di nuove violenze”. In Corea del Sud per un impegno di tre giorni, Sergio Mattarella è il primo Presidente della Repubblica italiana a visitare la zona demilitarizzata. Una zona caldissima, la stessa che separa le due Coree ancora formalmente in guerra tra loro.
Nei pressi del famigerato 38esimo parallelo, all’interno della Joint Security Area, ovvero l’Area di sicurezza congiunta dove sorge Panmunjom, Mattarella ha sottolineato l’importanza di “evitare esplosioni di violenza ulteriore”.
Al netto di ogni significato storico, l’incursione del presidente italiano in Asia ha molteplici chiavi di lettura. Uno su tutti: ritagliare un adeguato spazio d’azione per l’Italia in una regione, l’Indo-Pacifico, che, da qui ai prossimi anni, si rivelerà decisiva. Tanto in campo economico e culturale, quanto in quello geopolitico.
Mattarella e il ricordo della Guerra di Corea
Nel “villaggio della pace”, usato dalle due Coree per negoziati e incontri ufficiali, Mattarella ha osservato il tavolo dove, nel 1953, fu firmato l’armistizio che congelò la guerra tra Corea del Nord e Corea del Sud. Una guerra non ancora formalmente terminata, data l’assenza di un trattato di pace.
Il presidente italiano ha quindi incontrato il tenente generale britannico Andrew Harrison, che gli ha fatto presente come i cittadini sudcoreani siano ancora animati da un forte senso di gratitudine per il contributo umanitario fornito dall’Italia durante il sanguinoso conflitto del 1953.
Già, perché la Croce rossa, all’epoca, allestì un ospedale da campo per assistere la popolazione civile nel triangolo Incheon-Seul-Suwon. Un tuffo nel passato ci porta al 1951. Per la prima volta nella storia della Repubblica Italia, un’unità militare di Roma varcava i confini nazionali per un’operazione di pace.
L’Italia, pur non facendo ancora parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, si rese disponibile ad inviare un contingente della Croce Rossa Militare, parte della Croce Rossa Italiana (CRI). L’unità del Corpo Militare della CRI venne imbarcato su una motonave statunitense che salpò dal porto di Napoli il 16 ottobre 1951. Dopo una navigazione durata un mese, raggiunse il porto sudcoreano di Busan.
I chip della Corea del Sud
C’è il passato, certo, e poi c’è il presente. La Corea del Sud è la decima economia più grande del mondo e non intende frenare la sua crescita. Non solo: la Tigre asiatica ha enorme voce in capitolo nello strategico settore dei microchip.
Nell’ottica di una diversificazione dell’Occidente dalla Cina, la produzione sudcoreana di questi prodotti avrà sempre più voce in capitolo. La avrà, in particolare, Samsung, che a Seoul ha tentacoli in ogni business possibile e immaginabile: dalla trasformazione dei prodotti alimentari ai prodotti tessili, dalle assicurazioni all’elettronica, microchip inclusi.
Le tensioni in crescita a Taiwan, dove ha sede TSMC, il gigante mondiale dei microchip, hanno spinto diverse nazioni a cercare valide alternative. E Samsung, la prima azienda produttrice di chip al mondo a realizzare in serie microchip avanzati a 3 nanometri, da questo punto di vista ha tutte le carte in regole per affermarsi.
Per la cronaca, nel 2022 l’export dei microchip made in Korea ha rappresentato circa il 20% delle esportazioni del Paese, toccando un valore di 112 miliardi di dollari. Non è un caso che al termine del vis a vis tra Mattarella e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol saranno firmati tre accordi. Di che tipo? In materia di attività spaziali, cooperazione economica e ricerca scientifica. Chip e semiconduttori saranno presumibilmente il piatto forte.