Perché questo articolo potrebbe interessarti? Le banche cinesi too big too fail hanno un deficit di capitale pari a 550 miliardi di dollari. Il governo cinese deve colmare questo gap senza scatenare terremoti finanziari. Considerando la quasi simbiosi tra il settore immobiliare della Cina, in crisi, e il mondo delle banche, c’è chi si interroga su possibili scossoni internazionali. Quanto rischiano l’Europa e l’Italia?
La bolla immobiliare da gestire, la paralisi della pandemia e adesso pure l’inflazione a complicare tutto. Le banche cinesi si trovano in una situazione delicata. Sono “troppo grandi per fallire” ma hanno un deficit di capitale di oltre 550 miliardi di dollari, secondo l’ultima analisi di Standard&Poor’s. E la situazione potrebbe riscaldarsi ulteriormente.
Gli istituti del Dragone stanno infatti aprendo linee di credito per oltre 3 trilioni di yuan (431 miliardi di dollari) per società immobiliari a corto di liquidità. Una mossa che presuppone un’enfasi temporanea sulla stabilizzazione dell’economia piuttosto che sul taglio del debito del settore.
I riflettori sono puntati sul rischio di “crolli” e che eventuali effetti contagio possano superare la Muraglia. Facendo tremare l’Occidente, Italia compresa.
È infatti plausibile ipotizzare che un eventuale terremoto immobiliare possa influenzare il prezzo delle materie prime in tutto il mondo. Per quanto riguarda l’Italia, un’analisi SACE ha evidenziato che i settori maggiormente a rischio sono quelli che hanno solitamente supportato l’attività immobiliare cinese mediante l’esportazione di macchinari, prodotti chimici e materiali da costruzione, oltre che arredi e mobili.
Banche e settore immobiliare
Chi ipotizzava che il caso Evergrande (per vendite la seconda azienda di sviluppo immobiliare attiva in Cina) provocasse un terremoto economico come ai tempi del fallimento di Lehman Brothers è, almeno per il momento, andato fuori strada.
È vero che, in Cina, le banche e il settore immobiliare vivono quasi in simbiosi. E che quest’ultimo ha beneficiato del rapido accumulo del debito dell’economia cinese. Ma è altrettanto vero che, per il settore finanziario, un’eventuale insolvenza del colosso Evergrande non comporterebbe, da sola, uno stress significativo per gli istituti di credito. Il motivo è presto detto: il peso dell’azienda sui prestiti del sistema bancario cinese è contenuto e contenibile.
Nel gennaio 2022, il direttore della BCE, Christine Lagarde, spiegava che l’Europa aveva una limitata esposizione diretta alla crisi del debito Evergrande. Pericolo scampato, dunque? Almeno in parte.
Se la bolla immobiliare cinese è al momento congelata, preoccupano i prestiti offshore che gli istituti bancari cinesi emetteranno per aiutare gli sviluppatori immobiliari a rimborsare il debito. Detto altrimenti, alle banche cinesi mancano all’appello oltre 550 miliardi di dollari di patrimonio. Se Pechino non tapperà questa voragine c’è il rischio che gli istituti possano andare incontro all’insolvenza.
Cosa succede in Cina
Secondo S&P Global Ratings, le banche cinesi too big to fail venderanno probabilmente obbligazioni senior non-preferred nel corso del prossimo anno per colmare un deficit stimato di 550 miliardi di dollari nella loro capacità di assorbire le perdite.
Industrial and Commercial Bank of China Ltd., China Construction Bank Corp., Agricultural Bank of China Ltd e Bank of China Ltd. hanno ridotto il loro capitale totale di assorbimento delle perdite, o TLAC, a 3,7 trilioni di yuan da una stima di 6 trilioni di yuan nel 2020. Le attività del sistema bancario cinese ammontavano a 344,8 trilioni di yuan, ovvero circa tre volte il PIL annuale del paese, alla fine del 2021.
Il governo cinese continua insomma a sostenere fortemente le banche nazionali. Ciò non significa però che l’intero sistema verrebbe salvato in caso di crisi, sottolinea il report, aggiungendo che le vaste risorse del governo potrebbero essere superate dagli effetti di contagio di una massiccia crisi sistemica.
Certo è che la vicenda immobiliare di Evergrande ha acceso i riflettori sul debito cinese e, di rimbalzo, sul sistema finanziario del gigante asiatico. Basti pensare che nel marzo 2021 il debito aggregato di famiglie, aziende e settore pubblico superava i 46 mila miliardi di dollari. Calcolatrice alla mano, si trattava di una cifra pari al 287% del pil cinese.
Anche se gli ultimi scossoni economico-finanziari cinesi non dovrebbero creare problemi al di fuori della Muraglia, vale la pena considerare un’eventualità. Ossia: le imprese di costruzione occidentali, di progettazione, nonché i fornitori di materiali che hanno stretto affari con i colossi immobiliari cinesi, nel worst case scenario, rischiano di incorrere in gravi perdite. Non si tratterà forse di un’apocalisse sistemica, ma sarebbe comunque un disastro.