Perché questo articolo dovrebbe interessarti? Dopo il devastante sisma in Turchia e Siria, l’Italia è stata tra i primi Paesi ad attivarsi negli aiuti. Circostanza resa possibile dall’esperienza maturata dalla nostra protezione civile, eccellenza italiana in grado di avere anche un ruolo geopolitico.
L’Italia è stata tra le prime a intervenire in Turchia dopo la catastrofe del 6 febbraio scorso. In Siria è stato, tra i Paesi europei, il primo in assoluto a inviare aiuti. L’attivismo di Roma non rappresenta una novità. Quando accadono disastri naturali, in Europa e nel resto del mondo, il nostro Paese è tra i primi a essere chiamato in causa.
La nostre eccellenza nella gestione delle crisi
Nel dicembre del 2004, dopo il devastante tsunami che ha investito il sud est asiatico, la Protezione Civile italiana ha coordinato molti degli interventi di soccorso previsti in Thailandia e Indonesia. Ed è proprio la Protezione Civile, corpo civile inquadrato in un apposito dipartimento della presidenza del consiglio, a rappresentare uno degli strumenti italiani più richiesti all’estero in caso di necessità. Una circostanza che in alcuni casi potrebbe avere anche implicazioni di natura politica.
Il 6 febbraio uno dei più potenti terremoti dell’area mediterranea in epoca moderna ha investito la Turchia. Il sisma, di magnitudo 7.9 della scala Richter, ha tirato giù intere metropoli. Non solo in territorio turco, ma anche nelle confinanti regioni siriane. Il conto delle vittime, a distanza di settimane, è ancora incerto ma è comunque molto pesante. Il bilancio finale dei decessi sforerà sicuramente quota cinquantamila.
Perché l’Italia è stata tra le prime a intervenire in Turchia e Siria
Poche ore dopo il terremoto, squadre di vigili del fuoco e della protezione civile italiana erano già arrivate in Turchia. Un campo base è stato installato nella città di Antiochia, una delle più colpite dal terremoto. I nostri soccorritori hanno contribuito a tirare fuori dalle macerie diversi feriti e a distribuire materiale necessario alla popolazione per affrontare l’emergenza. Pochi giorni dopo la tragedia, da Damasco il governo del presidente Bashar Al Assad ha chiesto ufficialmente l’attivazione del meccanismo di protezione civile europea. Poche ore dopo, aerei dell’aeronautica italiana decollati da Pisa sono atterrati a Beirut con un carico di mezzi e materiali destinati alla Siria.
Il tempismo italiano non è passato inosservato. Tra i vari attori europei, Roma nell’ambito dei soccorsi alle popolazioni disastrate si è ritagliata un ruolo di primo piano. Ankara ha subito accettato le offerte di aiuto da parte italiana confidando nell’affidabilità della nostra protezione civile. Affidabilità data soprattutto dall’esperienza maturata nei disastri che purtroppo hanno investito negli anni la penisola. Sul fronte siriano, una volta attivato il sistema di meccanismo europeo, l’Italia ha potuto rispondere nel giro di poche ore proprio perché più pronta sotto il profilo logistico e organizzativo.
L’esperienza maturata dal nostro Paese nella gestione dei disastri naturali
Ma a cosa è dovuta la nomina positiva della protezione civile di Roma? E come mai viene spesso chiamata in causa? Per rispondere, occorre risalire indietro a uno dei disastri peggiori subito dall’Italia in era recente. Il 23 novembre 1980 un sisma di magnitudo 6.9 Richter, il più forte degli ultimi 50 anni nel nostro Paese, ha devastato l’Irpinia. Nei giorni della tragedia, oltre alla vastità dei danni e al tragico conto delle vittime (saranno alla fine quasi tremila), a balzare agli occhi è stata l’impreparazione dei soccorsi. Tutti in quel momento hanno fatto la loro parte, a mancare però è stato un preciso coordinamento tra i vari attori.
L’esigenza di raccogliere e coordinare gli interventi in caso di disastro, ha portato alla nascita nel 1982 dell’odierna Protezione Civile. Il “padre” del nuovo organismo è stato l’onorevole Giuseppe Zamberletti. A lui è stata attribuita l’intuizione di mettere assieme scienziati, soccorritori e volontari e coordinarli su tutto il territorio nazionale. In tal modo, è possibile quindi intervenire in modo rapido, con compiti precisi assegnati a ciascuna delle parti chiamate in causa.
Gli aspetti geopolitici dell’intervento italiano
Se oggi la nostra Protezione Civile è molto seguita e richiesta all’estero in caso di emergenze, è quindi per due motivi. In primis, perché ha rappresentato da subito un modello nuovo di intervento e di gestione delle emergenze. In secondo luogo, perché per via della fragilità del territorio della penisola il Dipartimento è stato chiamato in causa più volte. I terremoti dell’Umbria e delle Marche del 1997, del Molise del 2002, de L’Aquila del 2009 e del centro Italia nel 2016 sono soltanto alcune delle più significative esperienze maturate in territorio italiano da parte della Protezione Civile. Frane, alluvioni, emergenze umanitarie durante le fasi più critiche degli sbarchi, sono altri eventi che hanno forgiato i nostri corpi di intervento.
L’affidabilità italiana in termini di soccorso e gestione delle emergenze, non può non avere anche risvolti politici. È possibile osservarlo nei casi specifici recenti del terremoto in Turchia e Siria. Il pronto intervento a favore di Ankara, ha contribuito a rafforzare i rapporti tra il governo italiano e quello del presidente Erdogan. A Damasco invece, la pronta risposta italiana alle richieste di intervento potrebbe dare all’Italia un ruolo di primo piano nel caso di riavvicinamento diplomatico tra la Siria e l’Europa. È bene ricordare infatti che dal 2011, anno di inizio della guerra civile siriana, i rapporti con Assad sono sospesi e condizionati dalle sanzioni applicate dall’occidente.
Italia e soft power
Più in generale però, il risvolto geopolitico dato dalla capacità di intervento italiana nelle emergenze è ben marcato nel soft power. La preparazione della Protezione Civile e la sua esperienza maturata sul campo, sia in Italia che all’estero, conferiscono a Roma un importante strumento capace di contribuire alla sua reputazione internazionale. Quanto accaduto tra Turchia e Siria quindi, ha ricordato allo stesso governo italiano l’importanza della cooperazione e il dovere di intervenire con i propri strumenti lì dove la normalità viene sconvolta dalle emergenze.