Home Politics Geopolitics Erdogan al ballottaggio e Thailandia in bilico: come cadono i “dittatori”

Erdogan al ballottaggio e Thailandia in bilico: come cadono i “dittatori”

Erdogan

Perché questo articolo potrebbe interessarti? In Turchia, il potere di Erdogan rischia di sgretolarsi dopo 20 anni di dominio quasi incontrastato. In attesa dai scoprire come finirà il ballottaggio, nella storia ci sono diversi precedenti di autocrati, leader di ferro e dittatori sotto mentite spoglie spazzati via dalle urne. Ecco i casi più emblematici.

La maggior parte degli autocrati è caduta in seguito a proteste di piazza o rivolte popolari. Ci sono però diversi precedenti nella storia in cui leader di ferro, tecnicamente eletti democraticamente, e da anni alla guida dei rispettivi Paesi, sono stati sconfitti dalle urne. In Turchia, Recep Tayyip Erdogan – definito da Mario Draghi un “dittatore” – trattiene il fiato in attesa di capire cosa succederà il prossimo 28 maggio, in occasione del decisivo ballottaggio con il rivale Kemal Kilicdaroglu. Nel caso ipotetico in cui l’attuale presidente turco dovesse uscire con le ossa rotte, il Sultano non sarebbe l’unico autocrate sconfitto dal voto e non da un colpo di Stato. L’elenco, a differenza di quanto non si possa pensare, è infatti piuttosto corposo. Si va dalla debacle di Pinochet in Cile a quella di Daniel Ortega in Nicaragua di Daniel Ortega, dal ko di Slobodan Milosevic nell’allora Jugoslavia al ritiro di Ferdinand Marcos nelle Filippine, soltanto per citare i casi più emblematici.

Erdogan al ballottaggio

Alle ultime elezioni presidenziali in Turchia, Erdogan non è riuscito a superare la soglia del 50% dei voti, così da vincere al primo turno. Il futuro di Ankara si deciderà quindi tra due settimane, in occasione del ballottaggio tra lo stesso Erdogan, che ha ottenuto il 49,49% delle preferenze, e il suo principale avversario Kilicdaroglu (44,96%). Ci sono, insomma, buone possibilità che il Sultano, alla guida del Paese dal 2014 nelle vesti di presidentissimo, e dal 2003 come primo ministro, debba fare un passo indietro.

Non sappiamo se Erdogan perderà il ballottaggio o meno. L’unica certezza è che il leader turco, al potere da 20 anni, non ha vinto le elezioni al primo turno. E questa è già una notizia, considerando l’immagine del fondatore e leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo.

È lecito supporre che l’attuale presidente possa alla fine comunque superare Kilicdaroglu, rimarcando tuttavia il sottile equilibrio che regola la politica turca. In ogni caso, la Turchia si è classificata al 103esimo posto su 167 nazioni nel Democracy Index 2022, un elenco dei Paesi più e meno democratici del mondo. L’Economist Intelligence Unit (EIU) ha classificato quello turco come l’unico “regime ibrido” nell’Europa occidentale, il penultimo dopo il “regime autoritario”.

I precedenti di Ortega e Pinochet

Scorrendo a ritroso nella storia, un precedente sinistro per Erdogan è rappresentato dal Cile di Pinochet. Fermo restando che i due contesti politici sono ben diversi tra loro, nel 1988 Augusto Pinochet era convinto di vincere il plebiscito da lui indetto nello stesso anno. La posta in palio: un nuovo mandato presidenziale di 8 anni.

L’esito del voto, considerato regolare e senza brogli, coincise con la vittoria dei sostenitori del “No” sui favorevoli a Pinochet (55,99% contro il 44,01%). A quel punto, in accordo con le norme della costituzione – che Pinochet in persona aveva voluto – nel novembre del 1989 si tennero elezioni libere. L’11 marzo del 1990, Pinochet lasciò la presidenza. Al suo posto fu eletto Patricio Aylwin.

In Nicaragua qualcosa di simile è accaduto con Daniel Ortega, al quarto mandato consecutivo come presidente del Paese (quinto in assoluto). Il leader del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale è stato per la prima volta presidente dal 1985 al 1990. Il 25 febbraio 1990, le elezioni premiarono la sua ex alleata Violeta Barrios de Chamorro, fondatrice dell’alleanza di 14 partiti UNO (Unión Nacional Opositora), finanziata e appoggiata dall’amministrazione di George Bush Senior.

Il 5 novembre 2006 Ortega, appoggiato dal Fronte, vinse con il 38% dei voti le elezioni presidenziali contro il candidato liberale Eduardo Montealegre, così come i due successivi mandati. L’8 novembre 2021 è stato rieletto per la quarta volta consecutiva presidente del Nicaragua con il 75% delle preferenze.

Altri precedenti emblematici

Ci sono, poi, altri precedenti. Slobodan Milosevic è stato presidente della Serbia dal 1989 al 1997 e presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia dal 1997 al 2000. Con l’implosione del suo disegno politico, e soprattutto con la guerra in Kosovo, il leader di ferro non ebbe più l’appoggio necessario per proseguire. Alle elezioni del 2000 fu sconfitto dai moderati di Vojislav Kostunica e costretto alle dimissioni. La sua parabola terminò in prigione, nel 2006, accusato di crimini contro l’umanità. Morì nel carcere dell’Aia.

Nelle Filippine, le elezioni costarono carissime a Ferdinand Marcos, padre dell’attuale leader. Il 7 febbraio 1986, il comitato per le elezioni filippino (COMELEC) dichiarò Marcos vincitore con un totale di 10.807.197 voti, contro i 9.291.761 della sfidante Corazon Aquino. Al contrario, i risultati degli osservatori internazionali della National Movement for Free Elections (NAMFREL), diedero la Aquino vincitrice con 7.835.070 voti contro i 7.053.068 di Marcos. Le elezioni registrarono brogli da entrambe le parti e tutti e due i due contendenti si dichiararono vincitori del confronto elettorale. Scaturirono violenze sempre più forti che, il 25 febbraio dello stesso anno, costrinsero Marcos all’esilio. La Aquino, per la cronaca, divenne presidente.

Le ultime due storie che vale la pena citare sono recentissime. In Montenegro, Milo Djukanovic, al potere da quasi 30 anni (sette volte come capo del governo e due nelle vesti di presidente della Repubblica), è stato sconfitto lo scorso aprile. Un altro solido potere è crollato in Thailandia, dove i partiti di opposizione alla giunta militare, al potere dal 2014, hanno vinto le elezioni parlamentari. Il partito più votato è coinciso con il progressita Phak Kao Klai (Andiamo Avanti), guidato dal 42enne Pita Limjaroenrat. Ogni precedente, ripetiamolo, fa storia a sé. Ma Erdogan è quanto meno avvisato: il potere può essere sovvertito dalle urne.