Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’Italia ha perso centralità nel “Mediterraneo allargato”, ma diplomazia e imprenditoria hanno saputo ritagliare dei nuovi spazi di manovra tra Caucaso meridionale e Asia centrale. L’Azerbaigian è al centro dell’attivismo nostrano in queste porzioni di spazio postsovietico. Non soltanto TAP, Baku è anche la porta d’accesso a quel mercato in espansione che è il mondo turcico.
L’Italia continua a essere il centro geografico del Mediterraneo, ma dal 2011, l’anno del riluttante appoggio dell’ultimo governo Berlusconi al cambio di regime in Libia, ha cessato di esserne il centro (geo)politico. Addio sogni di Mediterraneo allargato, difficilmente colmabile col cosiddetto Piano Mattei. Da più di un decennio quindi diplomazia e imprenditoria italiane hanno cercato nuovi El Dorado nell’entroterra eurasiatico, in particolare tra Caucaso meridionale e Asia centrale, riuscendo a costruire una special relationship con Azerbaigian e Kazakistan. Ed è proprio dell’asse Roma-Baku che abbiamo parlato con Valentina Chabert, analista geopolitica e dottoranda in diritto internazionale presso La Sapienza.
È possibile o è azzardato affermare, alla luce della situazione in continua evoluzione, che in certe parti dell’ex Urss, come l’Azerbaigian, è iniziata un’era post-postsovietica?
In Azerbaigian ha appena avuto luogo un’importante conferenza internazionale sul futuro dell’interconnettività in Eurasia, intitolata Shaping the Geopolitics of the Greater Eurasia: From Past to Present to Future, alla quale hai partecipato. Si è trattato di un evento parlante: organizzato a Șușa nell’anno dedicato a Heydar Aliyev, ovvero colui che una volta presidente firmò il cessate il fuoco con l’Armenia, sanzionando l’inizio della storia della cosiddetta Repubblica dell’Artsakh e la sovranità della stessa su Șușa.
La conferenza a cui ho avuto l’onore di partecipare si inserisce all’interno degli eventi dedicati al centesimo anniversario della nascita di Heydar Aliyev, padre dell’attuale presidente Ilham, [che è] considerato l’architetto dell’Azerbaigian indipendente ed è una figura nazionale di centrale importanza per la direzione in cui sta andando il Paese. Un evento ancor più importante se si considera che l’incontro con l’attuale presidente è avvenuto a Șușa, nel Karabakh, città la cui ricostruzione sta procedendo in maniera piuttosto spedita, nonostante sia stata distrutta durante la seconda guerra del Karabakh e sia libera da poco più di due anni, dopo quasi un trentennio di occupazione armena.
Quanto conta la storia per il presente di una zona ancora sottovalutata del mondo, ma che sta salendo alla ribalta?
La memoria della battaglia di Șușa è particolarmente viva nella popolazione azerbaigiana nel mondo e nella sua classe dirigente, così come è forte la volontà di arrivare ad una pace che metta fine al conflitto iniziato all’indomani dell’implosione dell’Unione Sovietica. In questo senso, no, non è azzardato affermare che il Paese abbia intrapreso una precisa strada, volta ad affermarsi in un contesto geopolitico regionale che è stato totalmente rivoluzionato dagli ultimi eventi globali e che, soprattutto, è profondamente diverso da quello che era stato in vigore dopo l’epoca sovietica. […]
Per l’Azerbaigian risulta prioritario affermare il proprio ruolo, oltre che di esportatore di idrocarburi, di hub di transito delle reti commerciali internazionali, della logistica e dei trasporti, attraverso i principali corridoi intercontinentali che collegano l’Asia centrale e il Cauaso con l’Europa. Interconnettività è la parola d’ordine, con tutte le sfide che essa comporta, anche a causa di una situazione geopolitica particolarmente instabile.
La domanda può sembrare strana, forse un po’ lo è, ma perché l’Azerbaigian ha scelto l’Italia quale suo alleato nell’Unione Europea? E perché l’Italia, invece, ha scommesso sull’Azerbaigian? È una questione di energia – il TAP – o c’è dell’altro?
È chiaro che la questione energetica gioca un ruolo fondamentale per l’Italia e, più in generale, per l’Unione Europea – a seguito, soprattutto, dello scoppio del conflitto in Ucraina.
L’Italia è, da anni, uno dei principali partner commerciali dell’Azerbaigian ed è inoltre in piedi un efficiente sistema di dialogo di alto livello anche dal punto di vista politico. Ne è un esempio la partecipazione del presidente Aliyev al Forum di Cernobbio 2022, durante il quale è stato lanciato il progetto di un’università italo-azerbaigiana. Proprio la scorsa settimana, tra l’altro, una delegazione dell’Università di Bologna è stata ricevuta a Baku a questo proposito [ndr. l’università italo-azerbaigiana].
È altresì attivo un gruppo di amicizia Italia–Azerbaigian in Senato, che testimonia il legame e l’importanza della diplomazia parlamentare tra i nostri due Paesi. L’Azerbaigian, pertanto, rappresenta uno dei territori verso cui l’Italia più proietta il suo interesse strategico e che, al contempo, è divenuto parte anche della sicurezza dell’Europa.
In passato, tuttavia, non sono mancate occasioni di attrito con il nostro Paese. Mi riferisco, in particolare, alla nota vicenda degli ulivi nel contesto dell’implementazione del TAP, durante la quale la comunicazione con il nostro governo è risultata più complicata per l’Azerbaigian. Ciononostante, lo stesso presidente Aliyev, nel corso della conferenza di Șușa, ha sottolineato come l’intenso lavoro diplomatico del presidente Sergio Mattarella sia stato di grande supporto per l’implementazione del TAP, accanto al sostegno degli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump.
Italia a parte, quali altri paesi UE intrattengono rapporti privilegiati con l’Azerbaigian?
L’Italia non è l’unico Paese con cui l’Azerbaigian intrattiene buone relazioni in Europa. Di recente, in un report congiunto redatto dai ricercatori Simona Scotti e Murad Muradov del Topchubashov Center di Baku e da Marcos Màrquez del think tank spagnolo Geopol21, è stato sottolineato come la futura presidenza spagnola del Consiglio Europeo, che avrà inizio a partire dal mese di luglio di quest’anno, offrirà a Madrid opportunità tangibili per assumere un ruolo proattivo nel Caucaso Meridionale, chiarendo altresì la volontà della Spagna di partecipare attivamente nella mediazione europea tra Armenia e Azerbaigian.
Al contrario di una potenza come la Francia, che ospita una consistente diaspora armena e una lobby particolarmente attiva, la Spagna non ha precedenti negativi con l’Azerbaigian. Per questo motivo, non è da escludere che possa contribuire in modo positivo alla costruzione della fiducia negli obiettivi regionali di Bruxelles. In generale, il fatto che la Spagna non sia nota per i suoi interessi geopolitici nella regione e non sia un partner economico cruciale per nessuna delle due parti in conflitto potrebbe rafforzare le sue credenziali di mediatore imparziale e onesto, beneficiando al contempo anche la posizione dell’Unione Europea.
Puo parlarci della dimensione economica ed energetica delle relazioni bilaterali italo-azere? Quali sono i numeri più importanti dell’import-export?
Dal punto di vista energetico, nel mese di agosto 2022 l’Azerbaigian è stato il secondo fornitore di gas dell’Italia grazie alla connessione infrastrutturale del TAP, che attraverso la frontiera tra Grecia e Turchia e successivamente l’Albania raggiunge il nostro Paese approdando in Puglia.
Dopo il conflitto in Ucraina, come anticipato, l’Azerbaigian è diventato un attore fondamentale ai fini del raggiungimento degli obiettivi di diversificazione energetica dell’intera Unione Europea. L’aumento delle forniture di gas avvenuto in questi mesi è stato accompagnato da previsioni di un raddoppio del TAP.
Roma e Baku hanno anche sviluppato una collaborazione attiva nel campo delle energie rinnovabili. In questo senso, il governo azerbaigiano ha auspicato una maggiore presenza di joint venture con l’Italia, anche in virtù dell’expertise delle imprese nostrane nei settori delle rinnovabili e del green. ENI, ad esempio, è già operativa in Azerbaigian ed è chiaro che una più stretta cooperazione tra i due Paesi contribuirebbe allo sviluppo di progetti virtuosi legati all’energia eolica, solare e geotermica.
Nel complesso, per quanto concerne gli scambi commerciali, si registrano numeri importanti con l’Azerbaigian. Nel 2022, ad esempio, l’export italiano ha raggiunto i 305,9 milioni di euro – su rispetto ai 272 milioni del 2020 –, trainato da prodotti alimentari, abbigliamento, apparecchiature elettriche e macchinari.
È da tenere a mente un fatto: Italia e Azerbaigian, attualmente, hanno sia gli strumenti sia la volontà politica di espandere a nuovi settori la cooperazione, che risulta ancora piuttosto incentrata sull’energia. L’industria, l’agricoltura, il settore marittimo e il turismo potrebbero diventare i nuovi settori di punta della relazione economica tra Baku e Roma. E non mancheranno opportunità per le imprese italiane nella ricostruzione del Karabakh: esemplare, in questo caso, è la città di Ağdam, in cui sono attivi progetti di ricostruzione che coinvolgono anche imprese italiane.
Parliamo di energia. Sarà realmente fattibile il raddoppio del TAP?
Per rispondere a questa domanda citerò direttamente il presidente Ilham Aliyev, che ne ha ampiamente discusso durante la conferenza a Șușa. I diametri di TANAP e TAP sono molto diversi e questo dipende anche dal fatto che l’Azerbaigian non detiene la quota di maggioranza, ma solamente il 20%. A ciò segue, dunque, l’impossibilità di imporre ai partner una maggiore capacità. Tuttavia, l’Azerbaigian sta cercando di espandere le proprie forniture di gas, non solo a fronte di una domanda significativa dei Paesi europei, bensì anche alla luce del fatto che il gas è presente in abbondanza.
Kadri Simson, la Commissaria europea per l’energia, ha recentemente definito l’Azerbaigian un “fornitore di gas paneuropeo”. È effettivamente così: Baku, nel giro di pochi anni, sarà in grado di fornire gas a 10 Paesi, inclusi 8 membri UE. Pertanto, è chiaro come il progetto dovrà essere pianificato non solo da un punto di vista commerciale, ma anche strategico, poiché le aziende che vi stanno investendo e le banche che stanno prestando denaro iniziano a guardare tanto al potenziale attuale quanto alle prospettive future, che includono diametro e capacità. Nel complesso, tuttavia, è meglio avere la capacità di fornire energia, senza averla impegnata a pieno, che avere risorse e non essere in grado di trasportarle.
Tempo fa InsideOver propose a diplomatici italiani e kazaki l’idea di un ingresso dell’Italia all’interno del Consiglio Turco. Le risposte furono positive. Qual è il ruolo dell’Italia, oltre che in Azerbaigian, nel grande spazio turcico? Pensi che relazioni più strette fra Roma e il Consiglio Turco potrebbero migliorare la nostra posizione complessiva nella regione Caucaso-Asia centrale?
Vedo positivamente la possibilità di adesione dell’Italia al Consiglio Turco in qualità di Stato osservatore per due ragioni.
In primo luogo, per l’Italia potrebbe essere l’occasione di ampliare le sue prospettive in un’area fondamentale per gli interessi strategici nazionali – e non solo dal punto di vista energetico, bensì anche in prospettiva di una futura interconnessione infrastrutturale su cui si snoderanno i traffici commerciali verso l’Europa.
Secondo, le ottime relazioni con l’Azerbaigian, e più in generale con i paesi dell’Asia centrale, consentirebbero all’Italia di cristallizzare la sua impronta nell’area, accompagnando così la nostra vocazione mediterranea condivisa con la Turchia e tentando di espandere i nostri orizzonti economici, per mezzo di una presenza più solida delle imprese nostrane in una regione in rapida crescita e sempre più centrale.
Quale potrebbe essere il futuro delle relazioni economiche Italia-Azerbaigian e Italia-Asia centrale?
Le relazioni con l’Azerbaigian e di conseguenza con l’intera area centroasiatica, a parer mio, non potranno che rafforzarsi e migliorare nei prossimi anni. Centrale, a questo proposito, sarà anche la possibilità di una concreta apertura del corridoio dello Zangezur, un collegamento ferroviario e stradale diretto tra l’Azerbaijan e l’exclave del Naxçivan, incuneata tra Armenia e Turchia.
Accanto al corridoio di Laçın, che consente all’Armenia di avere accesso diretto alla repubblica dell’Artsakh, la costruzione della linea Naxçivan-Baku risulta essere uno dei punti negoziali imprescindibili per l’Azerbaigian, tanto da essere inclusa tra i nove punti chiave dell’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, che, mediato al Cremlino, ha posto fine al secondo conflitto in Karabakh.
Sebbene il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture della Turchia abbia dichiarato a più riprese di volersi sobbarcare i costi dell’apertura del corridoio di Zangezur, a quasi tre anni dalla firma del cessate il fuoco, permangono forti opposizioni alla sua realizzazione, tanto a causa dei dinieghi di Erevan quanto per via della resistenza iraniana. Qualora il corridoio dello Zangezur divenisse realtà, infatti, l’Iran si troverebbe di fronte ad un “muro panturco” e senza più un confine diretto con l’Armenia, il mantenimento del quale rappresenta una linea rossa per la Repubblica Islamica.
Accanto al corridoio dello Zangezur, che potrebbe ulteriormente connettere i nostri flussi economici alla Turchia e da qui all’Asia Centrale, la prospettiva del raddoppio del TAP e il sostegno energetico che l’Italia riceve dall’Azerbaigian non potranno che alimentare l’amicizia e la vicinanza politica tra i nostri due paesi.