Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’8 gennaio 1324 moriva Marco Polo. Nel XIII secolo il mercante italiano raggiunse la Cina percorrendo la Via della seta al termine di un viaggio epico, diventando il simbolo dell’avvicinamento pacifico tra Oriente e Occidente. Oggi, 700 anni più tardi, l’Italia è uscita dalla Nuova Via della Seta di Xi Jinping. E le distanze tra i due mondi continuano a crescere.
Cosa è rimasto, oggi, dello spirito di Marco Polo? Poco o niente, almeno a giudicare da quanto accaduto nel corso dell’ultimo anno nei rapporti tra la Cina e l’Occidente. Un anno caratterizzato, sul fronte occidentale, dal progressivo allontanamento da qualsiasi progetto cinese e culminato, in Italia, con l’uscita dalla famigerata Belt and Road Initiative.
Il mito del mercante veneziano, che nella seconda metà del 1200 aveva indicato la strada verso il lontano Oriente, percorrendo la “vera” Via della Seta e unendo idealmente due mondi agli antipodi, non trova più spazio nel dibattito diplomatico nostrano.
Al contrario, la Cina continua ad esaltare le gesta dell’avventuriero italico. Lo cita nei discorsi pubblici a causa di una maggiore sensibilità storica o forse, più in generale, si limita a far leva sulla biografia dell’avventuriero per agevolare i colloqui istituzionali.
Eppure in uno scenario globale carico di tensioni, tra lo spauracchio di una Terza guerra mondiale a pezzi e l’ombra di una seconda Guerra Fredda, l’Italia avrebbe un immenso background culturale da utilizzare per proporsi da mediatrice tra i due mondi. Nel caso specifico, Roma potrebbe riscoprire Marco Polo per fungere da trait d’union tra l’Occidente e la Cina.
La diplomazia di Marco Polo
Soltanto nelle ultime settimane, in Italia, si è tornati a parlare di Marco Polo. Nello specifico, dopo che il governo Meloni aveva deciso di non rinnovare il Memorandum of Understanding relativo alla Nuova Via della Seta di Xi Jinping, Roma doveva trovare un espediente per valorizzare i rapporti con il Dragone.
E così, mentre l’esecutivo meloniano cercava di avviarsi verso una exit strategy silenziosa ma rischiosa, ecco che prendeva quota l’ipotesi di un viaggio in Cina di Sergio Mattarella. Una trasferta altamente simbolica, da effettuare con la scusa dei 700 anni dalla morte di Marco Polo, e per far capire alla leadership cinese che l’Italia non intendeva in alcun modo voltare le spalle al gigante asiatico.
Anche perché i dati economici parlano chiaro. Le esportazioni italiane in Cina hanno sfiorato i 23 miliardi di dollari nei primi undici mesi del 2023. Per quanto riguarda il 2022, i rapporti commerciali tra i due Paesi hanno toccato un interscambio annuo che ha raggiunto i 73,9 miliardi di euro. L’export italiano oltre la Muraglia ha raggiunto i 16,4 miliardi di euro, mentre le importazioni i 57,5 miliardi di euro.
Utilizzare, di più e meglio, lo spirito di Marco Polo potrebbe insomma contribuire a far migliorare i suddetti conti. Oltre che offrire all’Italia la chance di ricoprire un posto in prima fila nella diplomazia europea.
L’Italia è ancora un ponte tra Occidente e Cina?
Nel 2019, quando Xi Jinping visitò Roma, il presidente cinese incontrò Mattarella citando, tra un tema e l’altro, Umberto Eco, Matteo Ricci e, appunto, Marco Polo. Il mercante veneziano fu tra i primi occidentali a metter piede in Cina. La relazione del suo viaggio in Estremo Oriente trova spazio nell’opera Il Milione, una sorta di enciclopedia geografica che avrebbe ispirato generazioni di viaggiatori per secoli a venire.
Un’opera che, tra gli altri pregi, avrebbe contribuito ad avvicinare Oriente e Occidente in nome di una conoscenza reciproca e di una curiosità, altrettanto reciproca, volta a condividere culture, tradizioni e usanze. Arriviamo così ad un presente ben diverso, caratterizzato dal testa a testa a 360 gradi tra Usa e Cina, le due superpotenze del XXI secolo.
L’Italia potrebbe rilanciare la diplomazia di Marco Polo per ergersi a ponte tra due mondi sempre più lontani: il blocco occidentale a trazione statunitense e l’immenso Stato-Civilità cinese. Se non altro per evitare almeno che le scintille lungo l’asse Pechino-Washington non generino incendi pericolosissimi per il mondo intero. Dalla via della Seta percorsa da Marco Polo alla via della Seta di Xi Jinping, il passo è stato breve. Forse troppo.