Perché leggere questo articolo: Ne “La legge del più forte” Luca Picotti parla del nesso tra uso del diritto e dominio geopolitico. Di cui l’Europa sembra ignara…
“Cercasti la giustizia ma trovasti la legge”: le parole di Francesco De Gregori in uno dei suoi brani più noti (Il bandito e il campione) raccontano in un concetto un trend geopolitico e diplomatico fondamentale di questa epoca, l’uso a fini di supremazia politica del diritto, soprattutto quello economico e commerciale, nel novero della dialettica tra potenze.
“La legge del più forte”, un libro per capire geopolitica e diritto
Quando si parla di competizione tecnologica, investimenti strategici e fronti decisivi per l’egemonia economica e financo militare globale il diritto può essere “plasmato” per fermare competitor legati a potenze ritenute ostili. E la sfida Cina-Usa che plasma ogni dinamica industriale su scala mondiale è il campo d’applicazione perfetto del dualismo tra “giustizia” e “legge”.
Da un lato, la “giustizia” della rule of law del mondo della globalizzazione, supposta epoca della lex mercatoria e dell’abbattimento delle barriere doganali e dei freni ai commerci. Dall’altro, la “legge” tutta politica del blocco agli investimenti stranieri dei Paesi ostili, dei golden power e del primato della politica sulle dinamiche dell’economia. La legge del più forte, o di chi mira ad esser tale, in ogni settore, in un fondamentale esercizio di realismo.
E proprio “La legge del più forte – Il diritto come strumento di competizione tra Stati” si intitola il libro di Luca Picotti, giovane e brillante studioso di quella complessa materia che è il geodiritto. Ovvero l’uso fatto dalle potenze delle regole commerciali e di scambio tra i Paesi per condizionare le competizioni e le traiettorie dei rivali.
Anche il diritto è geopolitica
Picotti è avvocato, dottorando di ricerca presso l’Università di Udine nel campo del Diritto dei trasporti e commerciale e redattore di «Pandora Rivista». Ne “La legge del più forte”, prefatta da Alessandro Aresu, ricorda che più del diritto oggi può la sicurezza nazionale. In nome della sicurezza nazionale, ad esempio, un Paese può bloccare le scalate straniere alle aziende tecnologiche, come fatto dagli Usa anni fa con le mire cinesi sui colossi dei microchip. O può condizionare un acquirente o un titolare d’impresa straniero a conformarsi a determinate prescrizioni (il caso Pirelli, molto recente, è emblematico) o a desistere dal tentativo. Nel 2017 l’Italia ha conosciuto uno “schiaffo” di questo tenore quando Emmanuel Macron alzò il muro all’acquisto dei cantieri navali di Saint-Nazaire da parte di Fincantieri in nome della primazia francese sull’infrastruttura.
Legge del più forte e sicurezza nazionale
La sicurezza nazionale si può declinare in vario modo. Pechino di recente ha ritenuto centrale per la sicurezza nazionale il mercato della grafite, fondamentale per la tecnologia di frontiera, introducendo blocchi all’export. Parigi nel 2021 fermò la scalata al campione nazionale della grande distribuzione organizzata, Carrefour, da parte dela canadese Couche-Tard in nome della “sovranità alimentare”. Picotti ricorda che “la sicurezza nazionale, parte integrante e finanche essenziale del più ampio contenitore dell’interesse nazionale, è quella dello Stato e permette di derogare all’ordinario quando lo Stato stesso ritiene di doversi salvaguardare”. Dunque è per sua natura soggettiva e legata al potere di creare strumenti di diritto capaci di renderla esecutiva.
In altre parole, in casi limite in cui economia, mercato e sfere della sovranità si sovrappongono, lo Stato, “sia nella propria legislazione, che nel concreto esercizio del potere al di fuori della stessa, ha sempre in riserbo la possibilità di agire sotto l’ombrello dell’interesse nazionale. Lo può fare grazie proprio al dato normativo – sono centinaia le leggi o i regolamenti che menzionano tale categoria – altrimenti lo farà come esercizio del potere effettivo in momenti di crisi, da giustificarsi ex post per non recidere completamente con l’ordinamento preesistente o anche senza giustificazione, nei casi di creazione di un nuovo ordine”.
Un dato di fatto politico fondamentale che ha, come visto, diversi precedenti a partire dal duello Cina-Usa che plasma la dialettica politica mondiale.
L’approccio europeo alla legge e i suoi limiti
Una lezione anche all’Europa, area di mondo dove troppo spesso si è visto, da norme come la Gdpr sui dati al Cbam (i “dazi verdi”), che l’Unione Europea preferisca vivere crogiolandosi nell’idea che siano le norme giuridiche a fare la politica, e non viceversa. E che la sola mole del mercato europeo possa essere sufficiente a rendere politicamente vincolanti le prescrizioni normative europee. Illusione che i comportamenti di singoli Stati, come la Francia, e l’ascesa della “geopolitica della protezione” degli asset strategici, che in Italia passa per il golden power, smentisce. Smentendo, en passant, la tendenza tutta italiana a pensare che debbano essere i giudici a supplire ai vuoti politici.
In Unione Europea, nota Picotti, ciò che emerge “è la mancanza di un centro politico che possa dare un indirizzo unitario a quello che per ora rimane un mero costrutto giuridico-economico, costituito da una pluralità di interessi nazionali che si incontrano e scontrano al suo interno, in una continua ricerca di equilibrio tra i diversi rapporti di forza” a cui Bruxelles reagisce con una sovraproduzione normativa. Che sembra spesso trascurare la madre di tutte le battaglie, quella partita Usa-Cina per dettare le regole della supremazia geopolitica del futuro è una battaglia tra giganti, in cui sia Pechino che Washington impiegano un capitale considerevole in termine di risorse e programmazione politica. E pensare che trent’anni fa c’era chi profetizzava la fine di una storia che sembra accelerare anno dopo anno.
L’Europa e l’utopia antipolitica
L’ambizione di supremazia di Cina e Stati Uniti fa sentire questa nostra Italia e in generale l’Europa intera fuori dal mondo, su un altro pianeta, rendendo gli analisti più attenti esterrefatti per la conclamata incapacità di capire la realtà circostante.
Lo ha scritto bene Pierluigi Fagan su Osservatorio Globalizzazione: “L’Europa è rimasta l’ultima Thule dell’utopia antipolitica, convinta che ormai è solo una faccenda di mercati e valute. […] Utopia che diventa distopia e assurdo storico nel mentre s’instaura un nuovo ordine mondiale in cui grandi potenze non solo economiche, sgomitano per stabilire i rapporti di gerarchia per i prossimi trenta anni. In Europa si leggono questi lunghi elenchi di conflitti e problemi crescenti come se si stesse leggendo la gazzetta di un altro pianeta”. Guardando al duello Cina-Usa e all’uso spregiudicato dei meccanismi di diritto, come non concordare? Partendo dalla citazione iniziale, possiamo dire che Cina e Usa si vedano, reciprocamente, l’una come campione e l’altra come bandito. Mentre l’Europa sceglie, abdicando alla sua grande tradizione e cultura politico-giuridica ed economica, di essere semplice spettatore.