Perché questo articolo potrebbe interessarti? Nel novembre 2024 gli Usa eleggeranno il loro prossimo presidente. I candidati principali sono Joe Biden e Donald Trump. I due hanno agende e politiche diverse. Anche nei confronti della Cina. Pechino osserva con attenzione. E inizia a fare i conti su chi “preferire” al potere.
Il clamoroso ritorno di Donald Trump o la conferma di Joe Biden per un secondo mandato. Per chi fa il tifo la Cina? O meglio: quale sarebbe il male minore agli occhi di Xi Jinping? Tra un anno e qualche mese le elezioni presidenziali Usa decreteranno il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Tra Biden e Trump c’è una distanza siderale su svariati temi. I due hanno agende e modus operandi completamente differenti. Anche nei confronti del governo cinese, considerato il rivale sistemico numero uno del Paese.
Durante il suo mandato, The Donald ha scatenato una guerra commerciale contro Pechino, imponendo dazi e contro dazi sull’import proveniente da oltre la Muraglia. L’amministrazione Biden ha seguito il solco del predecessore continuando a considerare il Dragone una minaccia.
A ben vedere, l’attuale inquilino della Casa Bianca ha messo in atto una strategia geopolitica ancor più assertiva di Trump. Concentrando l’attenzione degli Usa nell’Indo-Pacifico. Rafforzando le relazioni con i partner asiatici. E creando una ragnatela di alleanze con i quali provare ad imbrigliare Xi.
Le posizioni sulla Cina di Trump e Biden
Nel 2020, nel bel mezzo dell’ultima campagna elettorale presidenziale Usa, Trump era stato chiarissimo. Il tycoon aveva sferrato un attacco diretto a Biden, spiegando che in caso di una sua ipotetica vittoria la Cina avrebbe “posseduto” gli Stati Uniti. E che gli americani sarebbero stati costretti a parlare cinese.
The Donald ha giocato gran parte della sua ultima candidatura presentandosi come il salvatore degli Usa. Ha più volte puntato il dito contro i democratici, definiti troppo teneri nei confronti di Pechino. Un tema politico ricorrente, questo, entrato a gamba tesa nel programma dei due candidati. Al punto che Trump aveva inserito la condizione “porre fine alla nostra dipendenza dalla Cina” al terzo posto delle priorità del suo programma.
Biden, una volta eletto, ha ripreso parte della rigida postura anti cinese adottata dalla vecchia amministrazione. Ha, anzi, arricchito il tutto con i temi dei diritti umani e democrazia, aggravando ulteriormente le distanze con la Cina. In ogni caso, al netto di inevitabili differenze programmatiche, la questione cinese è l’unica capace di mettere d’accordo, trasversalmente, sia i democratici che i repubblicani.
Chi preferisce Pechino
E allora, se questi sono i fatti, con chi preferirebbe avere a che fare la Cina? Tre anni fa, si erano diffuse voci secondo cui Pechino avrebbe preferito assistere alla sconfitta di Trump, tanto erano diventate forte le pressioni del governo Usa.
Ricordiamo che il tycoon aveva intrapreso una guerra commerciale senza frontiere contro il Dragone. E ancora: sanzionato svariati funzionari del governo cinese, sostenuto esplicitamente Taiwan e bandito dal territorio statunitense molteplici società tecnologiche cinesi, compresa Huawei.
Eppure, dal punto di vista del Dragone, Trump poteva essere un valido capro espiatorio. La crociata da lui intrapresa, infatti, era per lo più unilaterale. E Pechino ben felice di sottolineare come le mosse dell’ex presidente Usa stessero distruggendo l’America e rafforzando la Cina.
In politica estera, i repubblicani hanno concesso ampio spazio di manovra internazionale ai cinesi. Un esempio? Quando Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, Xi è stato ben felice di annunciare, a sua volta, 2 miliardi di dollari in due anni per aiutare l’agenzia a fornire una risposta globale alla pandemia di Covid. Sotto Trump i cinesi hanno portato avanti la legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, rafforzato la sua posizione a Taiwan e nel Mar Cinese Meridionale.
Il fattore economico
Con un ipotetico ritorno di Trump, la Cina potrebbe puntare ad occupare ampie praterie in campo internazionale. Come invece non sarebbe possibile con Biden. Il candidato democratico continuerebbe infatti nel solco fin qui tracciato, con il ripristino del sostegno Usa alle organizzazioni multilaterali e il rafforzamento delle alleanze militari della Nato. Tutte scelte che limiterebbero Pechino.
Dal canto suo, il desiderio di Xi coincide con la possibilità di sfidare l’egemonia americana e porre fine al mondo unipolare. Tutto ciò sarebbe più realizzabile con Trump o con un Biden bis? Il Partito comunista cinese sa che avere a che fare con un’altra amministrazione Biden sarebbe molto impegnativo. Ma sa anche che Trump fa rima con imprevedibilità.
In teoria, il ritorno di quest’ultimo alla Casa Bianca potrebbe generare tensioni estreme così come accordi inaspettati. Ricordiamo che i principali ceo delle più grandi aziende e multinazionali americane hanno recentemente fatto un pellegrinaggio a Pechino. Per incontrare Xi e pianificare un’espansione oltre la Muraglia.
Il pragmatico Trump, più di Biden, potrebbe essere più incline a stringere affari geopoliticamente controversi con la Cina (oltre che lasciarle libertà in politica estera). E per questo piacere maggiormente al Dragone.