Perché leggere questo articolo? Giuseppe Conte e Matteo Salvini, nonostante la fine del governo gialloverde, continuano a ritrovarsi sulla stessa sponda. I leader di Lega e M5s preparano una campagna elettorale speculare per le Europee. L’obiettivo è contenere il declino, mettendo in difficoltà Elly Schlein e Giorgia Meloni.
Conte e Salvini: i due guastatori
Si sono divisi al Papeete di Milano Marittima ma si ritrovano sempre dalla stessa parte, per caso o per volontà. Sono i gialloverdi per sempre. Giuseppe Conte e Matteo Salvini. Il premier e il vicepremier del governo Lega-M5s. L’avvocato del popolo italiano e il Capitano. Sono i grandi sconfitti dell’Abruzzo. E, in generale, in questa fase politica si ritrovano di nuovo dall’identico lato della barricata. Pronti a fare i guastatori delle loro rispettive leadership di riferimento.
I tormenti di Salvini
La situazione più grave è senza dubbio quella della Lega di Salvini. Ampiamente sotto il 10% in Abruzzo, la segreteria del Carroccio è alle prese con una fronda interna sempre più agguerrita. I governatori e i sindaci del Nord pressano il leader per un ritorno alle origini. La gran parte della dirigenza storica del partito, con Luca Zaia in testa, considera fallita l’esperienza salviniana della Lega nazionale. Svanito il progetto dello sbarco al Sud, dove le fila dei leghisti sono costantemente svuotate da Fratelli d’Italia. Ma anche da una Forza Italia sorprendentemente in salute, nonostante la morte del fondatore Silvio Berlusconi. Gli azzurri, infatti, guardano anche al Nord deluso dal salvinismo. Un settentrione che ormai spara quotidianamente a palle incatenate contro il Ponte sullo Stretto di Messina, nuovo cavallo di battaglia di Salvini.
Conte e Salvini vs Schlein e Meloni
Da qui la necessità di radicalizzarsi, con l’obiettivo di contenere la prevedibile debacle delle elezioni europee di giugno. Ed ecco l’idea di candidare Roberto Vannacci, il controverso Generale de Il Mondo al contrario. La carta per sorpassare Fdi a destra, anche a costo di far crescere i mugugni dei leghisti che vogliono che il partito torni a essere il “Sindacato del Nord”. Conte prepara una campagna elettorale speculare a quella dell’ex alleato. Anche lui, per tenere a galla il M5s, ha la necessità di marcare le differenze con il Pd di Elly Schlein. Pena un tonfo del Movimento pari a quello registrato in Abruzzo, dove i pentastellati si sono fermati al 7%. Radicalizzarsi, per sorpassare a sinistra i dem della Schlein. Come Salvini con Giorgia Meloni.
Le difficoltà di Conte
Sono i guastatori del nuovo bipolarismo tra la segretaria del Pd e la presidente del Consiglio. Seppure in una situazione meno infuocata, pure Conte, dopo le Europee, in caso di un risultato deludente dei Cinque Stelle rischia quanto meno un processo interno. La mancata riorganizzazione territoriale, il rifiuto dell’ex premier di candidarsi in prima persona, la spada di Damocle dei due mandati e la strategia di allearsi con il Pd, potrebbero essere i capi d’accusa contro l’avvocato di Volturara Appula. Alessandro Di Battista e Virginia Raggi già scalpitano.
I precedenti
Ma, dopo la fine dell’esecutivo gialloverde, non è la prima volta che, volenti o nolenti, Conte e Salvini si trovano a giocare con la stessa casacca. È accaduto l’ultima volta in Parlamento a gennaio del 2024 sulla guerra in Ucraina. La Lega aveva presentato un ordine del giorno in cui insisteva su un percorso diplomatico tra Kiev e Mosca, parlando di sconfitta degli ucraini sul campo. Il Carroccio, dopo le pressioni di Fdi, alla fine ha ritirato il testo, ma aveva già incassato il sostegno del M5s. Sull’Ucraina la convergenza ideale tra i due leader è palese. Salvini e Conte sono stati sulla stessa linea anche quando hanno votato no in Parlamento alla ratifica del Mes. Ma soprattutto sono stati i due massimi artefici della caduta del governo di Mario Draghi. Entrambi sperano che Donald Trump vinca alle presidenziali americane di novembre. Conte, a domanda di Fabio Fazio, non ha voluto scegliere tra Biden e il tycoon, facendo storcere il naso a sinistra. Salvini, nonostante la prudenza di Meloni, ha già fatto il suo endorsement per Trump. Un gialloverde è per sempre.