Perché leggere questo articolo? Mentre l’Ordine e tutta la corporazione dei giornalisti tuona contro un fantomatico “bavaglio” alla libertà di stampa, in Italia nel 2024 si pubblica il video della mamma di Aprilia. Ennesima manifestazione di voyerismo, da bromuro più che da bavaglio. Fino a che sbattiamo il “microbo” in prima pagina, siamo proprio sicuri che le proteste contro il bavaglio siano credibili?
Sono settimane che si parla di un fantomatico “bavaglio” ai giornalisti. Quando, in realtà, negli ultimi anni gli interventi legislativi – in Italia e da parte dell’Unione europea – sono stati mirati a responsabilizzare chi per mestiere ha il compito di dare notizie. Ogni discussione sul ruolo del giornalista e sulla libertà nel dare informazioni sembra decadere quando, come negli scorsi giorni, sulle principali testate italiane sono comparsi i video della mamma di Aprilia che ha lasciato in ospedale il proprio neonato. Un tempo si parlava di pornografia del dolore. Ora è accaduto qualcosa di ancor più perverso: voyerismo allo stato puro. Più che di “bavagli”, chi pubblica queste notizie (?) avrebbe bisogno del bromuro. Per sedare le proprie malsane pulsioni.
Il caso Aprilia non andrebbe nemmeno spiegato
Non è davvero il caso di addentrarsi nella vicenda della donna che ha lasciato al pronto soccorso di Aprilia il proprio neonato dentro una carrozzina. Così come forse non sarebbe il caso di perdere troppo tempo ad analizzare le denunce contro il “bavaglio” alla stampa. Come osserva il Foglio, si dà il caso che il filmato sia un atto d’indagine. I carabinieri stanno indagando per “abbandono di minore”, con l’obiettivo di capire il contesto e le motivazioni che hanno spinto la madre a un gesto così disperato. Un’azione dovuta, e in ogni caso legale. Il che dovrebbe far sorgere un primo scrupolo ai giornali dal pubblicare su due piedi il video.
Undicesimo: pensa prima di dare la notizia
Il tema vero è pero un altro. Alla stampa si possono mettere tutte le regole e leggi del mondo, non servirebbe a nulla se prima non irrompe il senso di responsabilità del giornalista. “Settimo non rubare viene prima” disse facendo esplodere lo scrosciare degli applausi dello studio di La7 Piercamillo Davigo, ospite di Floris che gli chiedeva come la magistratura può intervenire a contrasto della corruzione tra i politici. “Undicesimo: pensa prima di dare la notizia” potrebbe essere il comandamento in grado di porre fine alla pioggia di leggi che provano a regolamentare il variegato cosmo mediatico.
Aprilia, Lodi e gli altri “nonluoghi” giornalistici
In assenza di leggi morali interiori, il cielo tutt’altro che stellato della stampa italiana si tinge di fosco, quasi torbido. E’ il caso della mamma di Aprilia. Ma prima della ristoratrice di Lodi, e indietro ancora fino alla bidella pendolare. “Finito il Novecento e con esso la consapevolezza di classe, finito il Novecento e risolti i problemi veri, siamo passati ai problemi immaginari” ha scritto in settimana Guia Soncini su Linkiesta. Più che sull’immaginario, forse questo scorcio di XXI secolo ci sta facendo il dono di andare oltre anche i problemi immaginari. Nel 2023 ci ha lasciato Marc Augè, antropologo padre dei “nonluoghi”. E quest’avvio di 2024 pare iniziare all’insegna dei “nonluoghi giornalistici”, di cui il caso Aprilia è un caso scuola.
Sbatti il “microbo” in prima pagina? Serve il bromuro non il bavaglio
Al posto del proverbiale “mostro” abbiamo iniziato a sbattere in prima pagina il “microbo”. Delle non storie: fin troppo cariche di pathos, del tutto assenti di rilevanza pubblica. I nostri giornali hanno smesso di guardare all’universale – delle notizie rilevanti, segnanti, in grado di far luce sulla società – per scendere nel più sordido particolare. Dai massimi sistemi, alle storie minime. Mentre l’Ordine e tutta la corporazione dei giornalisti tuona contro un fantomatico “bavaglio” alla libertà di stampa, in Italia nel 2024 si pubblica il video della mamma di Aprilia. Forse il miglior giustificativo per chi – in buona o in mala fede – vuole porre un argine alla stampa. Le proteste contro i bavagli, forse, otterranno un po’ di credibilità in più quando i nostri giornali inizieranno ad applicare un minimo “l’undicesimo comandamento”. In attesa di trovare un limite all’indecenza mascherata da libertà d’informazione, meglio una spruzzata di bromuro. Che fa passare gli istinti più sordidi.