Perchè questo articolo potrebbe interessarti? Con buona probabilità le elezioni del prossimo 25 settembre saranno segnate ancora una volta da un calo dell’affluenza. Un dato quello dell’astensione che cresce soprattutto tra i più giovani. Uno studio europeo prova a spiegare le ragioni della scarsa partecipazione dei giovani alle elezioni.
I maggiorenni sotto i 35 anni in Italia sono oltre 7 milioni: costituiscono il 14% dell’elettorato. Più della metà degli over-65, che sono 13 milioni. Nel nostro paese quindi il corpo elettorale ha una composizione iniziale di due anziani per ogni giovane. Uno dei più anziani del mondo. Un dato che si aggrava analizzando l’astensione per fasce d’età: i giovani sono il corpo elettorale con l’affluenza più bassa.
Storia dell’astensione in Italia
Quella dell’astensione è una tendenza generale, che però conosce intensità differenti in base all’età. L’affluenza ha conosciuto un calo pressoché costante in tutte le elezioni dagli anni Settanta. Nel 1948 gli astenuti erano solo 2 milioni, meno dell’8%; nel 1992 erano il 13% con 6 milioni; alle scorse politiche sono diventati 12,5 milioni, il 27%.
E’ probabile che il 25 settembre il primo partito sia quello del “non voto”. Sarebbe la seconda volta nella storia del nostro paese, dopo le elezioni del 1996. Anche se quella volta gli 8 milioni e 300mila astenuti erano sì superiori ai 7 milioni e 900mila voti presi dal Pds; ma non ai 13 milioni di voti del cartello elettorale L’Ulivo. Questa volta il dato avrebbe un peso specifico decisamente maggiore.
L’astensione tra i giovani
A questo primato infelice contribuisce senz’altro l’astensione dei più giovani. Nel 1992 l’astensione dei 18-34enni era al 9%; pressoché identica al 10% dei 35-54enni; e la metà del 20% degli over 55. In trent’anni i giovanissimi sono passati dall’essere la generazione più partecipe a quella col maggior astensionismo.
Un ribaltamento generazionale alle urne sancito dalle scorse elezioni. Nel 2018 non è andato a votare il 38% dei 18-34enni; contro il 31% dei 35-54enni e il 25% degli over 55. Un dato che sembra non poter far altro che peggiorare, se si tiene conto del fatto che domenica dovrebbero andare a votare per la prima volta 4,7 milioni di nuovi elettori.
Le ragioni di una disaffezione
Se la disaffezione al voto dei giovani è cresciuta inesorabile negli anni, quali sono le ragioni di questo distacco? Lo studio europeo No Participation without Representation, condotto dallo studioso tedesco Constantin Schäfer, riconduce l’astensione tra i giovani a due ragioni fondamentali.
La prima è la penuria di candidati giovani da cui possono sentirsi rappresentati. La seconda è l’assenza nell’agenda politica proposta dei temi che gli stanno più a cuore, come l’ambiente e i diritti civili.
Numeri che trovano un’ulteriore conferma nell’età dei candidati. Lo studio prende in esame i dati di 19 Paesi d’Europa e 58 elezioni negli ultimi due decenni tra il 1999 e il 2018. Emerge come nei Parlamenti in cui c’è l’1% di candidati sotto i 30 anni la partecipazione al voto degli under 30 è del 74%; la percentuale che cresce all’81% se la presenza di candidati under 30 è dell’8%; e arriva all’85% con una presenza di candidati giovani del 13%.
I giovani che non votano
Chi sono gli astenuti tra i millenials? Posizione economica e titolo di studio sono un fattore cruciale. Come analizza L’Attimo fuggente: giovani e voto in Italia, tra continuità e cambiamento, un libro del 2018 di Dario Tuorto. L’autore ha analizzato come i non votanti tra i giovani sono al 17% lavoratori con un contratto; il 38% di quelli che hanno un contratto atipico; e il 20% di chi vive coi genitori e studia o lavora. Alle elezioni del 2018 l’astensionismo tra i più giovani è stato al 50% tra i non laureati, contro il 37% dei laureati.