di Sara Greta Passarin
Mantenere o no nel M5S la regola del doppio mandato? Una parola netta su questo, da parte di Giuseppe Conte, ancora non c’è stata.
Giovedì 1 aprile, nella prima assemblea da leader, Conte ha fatto contenti tutti: dai sodali di Casaleggio ai seguaci di Di Maio fino ai movimentisti delle origini. L’avvocato del popolo, infatti, ha evitato le questioni divisive e si è limitato ad esporre i principi del “neomovimento”: persona al centro, attenzione alla transizione ecologica, alla disabilità e alla legalità.
Ma nemmeno un’ora da quell’intervento è passata che tutti i “big” grillini, dai più ai meno “contiani”, hanno iniziato a dargli sostegno “uscendo in batteria” sui social: Luigi Di Maio, Paola Taverna, Stefano Buffagni, Mirella Liuzzi, Alfonso Bonafede, Carlo Sibilia e Luigi Gallo hanno fatto a gara per essere tra i primi. Ma la lista sarebbe lunga.
Un appoggio per placare la tempesta? Probabile. Quel che é certo è che nodi da scogliere ancora ce ne sono. Uno su tutti: sui due mandati quale sarà la decisione? Su questo il professore non si é espresso, scegliendo di temporeggiare. Lasciando così la vecchia guardia nel limbo, ma non ancora esclusa dai giochi.
Anche sulla questione Rousseau, gestita da Davide Casaleggio, Conte non ha detto parole chiare. Ha parlato di democrazia digitale, ma non ha detto chi la gestirà (e in quali termini). Tutto rimandato.
L’impressione è che pare iniziato il barometro verso chi è più contiano dell’altro, nella speranza di non essere dimenticati, valorizzati e magari anche ricandidati. E se non in Parlamento, almeno nelle Regioni o all’interno di uno staff remunerato. A meno che Conte, poco incline a sopportare le correnti, non faccia terra bruciata attorno a sé decidendo di mantenere i due mandati come regola fondante, proprio come in realtà sembra avergli consigliato Beppe Grillo.