Ho avuto la fortuna di conoscere il dottor Giuseppe De Donno nel maggio dello scorso anno. Dovevo intervistarlo per parlare della sua esperienza sul plasma iperimmune. Ci stava lavorando a Mantova in collaborazione con il Policlinico di Pavia. La sua esperienza con questo tipo di cura dimostrava come l’utilizzo del plasma guarisse davvero i malati gravi di Covid. Grazie a lui mi sono convinto e ho convinto altri amici guariti a donare il plasma. Si, sono stati proprio i grandi risultati ottenuti dal dott. De Donno a spingermi a farlo. E per questo lo ringrazierò sempre.
La sua sensibilità umana la si evince immediatamente dalla foto del suo profilo whatsapp dove appare la foto di gattino indifeso. Una persona che si muoveva in punta di piedi e non amava i riflettori anche se era stato intervistato dalle TV di mezzo mondo.
Giuseppe De Donno, troppa invidia attorno a lui
Ha salvato decine di persone e, come minimo, si meritava la medaglia d’oro per il valor civile direttamente dalle mani del Presidente della Repubblica. Invece si è ritrovato i NAS a indagare per aver curato – e salvato – una donna incinta con il plasma.
Dopo quell’episodio – alla mia richiesta di intervista – mi rispose che non poteva più rilasciare dichiarazioni.
“Il plasma iperimmune – scriveva – ci ha permesso di migliorare ancora di più i nostri risultati. È democratico. Del popolo. Per il popolo. Nessun intermediario. Nessun interesse. Solo tanto studio e dedizione. Soprattutto è sicuro. Nessun evento avverso. Nessun effetto collaterale”
“ Se qualcuno crede di scoraggiarmi – scriveva De Donno sempre su Facebook – non ci riuscirà. Non sempre riusciamo a salvare tutti. Ma il più delle volte sì. E se qualcuno volesse solo provare ad intimidirmi, dovrà risponderne alla sua coscienza. La mia è limpidissima”.
Parole che ora, alla luce della sua scomparsa, pesano come macigni. Chi ha infangato la sua immagine per gelosia, invidia o interessi di parte dovrà risponderne a Dio e alla sua coscienza.