Perché questo articolo potrebbe interessarti? A pochi giorni dall’avvio delle consultazioni, la tensione nella maggioranza rimane alta. In particolare, Silvio Berlusconi sembra spararla più grossa grossa di tutti sui nomi dei possibili ministri. Le casella più ambita dal Cavaliere è quella della Giustizia. Qualcuno è arrivato a paventare una demenza senile, ma dietro le sparate del leader di Forza Italia ci sono delle ragioni.
Ogni giorno ce n’è una nuova, e il governo deve ancora vedere il suo primo giorno. Ad alzare il livello dello scontro – di per sé già alto – nella maggioranza ci si è messo soprattutto Silvio Berlusconi. Nella giornata del 18 ottobre il Cavaliere, reduce da un incontro pacificatorio con Giorgia Meloni, ha fatto il bello e cattivo tempo. Prima con le rivelazioni – con tanto di audio e scambio di bottiglie alcoliche – di un riavvicinamento con Putin. Poi con la bomba che rischia di far saltare il fragile equilibrio delle nomine.
La spinta per Casellati
“Tajani andrà agli Esteri e sarà anche vice presidente del Consiglio dei ministri; Casellati sarà alla Giustizia; Saccani all’Università; Bernini alla Pubblica amministrazione; e Gilberto Pichetto Fratin all’Ambiente e alla Transizione ecologica”. Berlusconi, uscendo dalla Camera, dove ha incontrato i parlamentari reduci dalla scelta dei capigruppo – Alessandro Cattaneo e la fedelissima Licia Ronzulli al Senato – ha fatto l’elenco dei ministri ottenuti, a suo dire. Travolgendo gli equilibri precari della coalizione, a pochi giorni dall’avvio delle consultazioni.
La pace tra Berlusconi e Meloni è durata meno di una giornata. I due alleati sono tornati in conflitto sulle nomine. Il nodo del contendere è il dicastero della Giustizia. Da tempo la figura prescelta da Meloni per il ruolo di Guardasigilli è il magistrato in pensione Carlo Nordio. L’intervento a gamba tesa del Cavaliere è sembrato un fulmine a ciel sereno. Ma, se Berlusconi avverte il bisogno di mettere la sua bandierina sopra candidature già date per assodate, ci sono chiare ragioni.
Le ragioni dietro gli azzardi di Berlusconi
La spiegazione per l’insistenza del Cavaliere per quel ministero arriva dalle aule di giustizia. “Non c’è elemento che possa provare la colpevolezza di Silvio Berlusconi”. Lunedì 17 ottobre – il giorno della riappacificazione con Meloni di Berlusconi; e quello precedente le sparate su Putin e le nomine – uno dei due avvocati del presidente di Forza Italia ha tenuto la sua arringa difensiva.
Mentre a Roma si tratta per il nuovo governo, a Milano va avanti il processo Ruby ter. A inizio 2023 dovrebbe arrivare il verdetto. L’imputazione è di corruzione in atti giudiziari; il Cavaliere è accusato di aver pagato le olgettine per mentire nei primi due processi. I Pm hanno chiesto sei anni di carcere; e una condanna definitiva farebbe decadere di nuovo Berlusconi dalla carica di senatore. Proprio come accadde nel 2013.
Perchè Berlusconi vuole il suo ministro
Il collegio difensivo – composto dagli avvocati Cecconi e Coppi, successori del defunto Niccolò Ghedini – puntano su un sillogismo per scagionare il Cavaliere. Un’ordinanza del tribunale ha depotenziato la falsa testimonianza delle olgettine; che da indagate sono passate a testimoni. “Se non c’era falsa testimonianza, allora non può esserci corruzione” è la tesi degli avvocati.
Nel frattempo, Berlusconi cerca di giocare al tavolo della politica una partita che avrebbe risvolti legali. Ad allontanare formalmente nel 2013 Berlusconi dalle cariche politiche fu la Legge Severino. Il desiderio, neanche troppo nascosto, del leader di Forza Italia è che il prossimo ministro della Giustizia metta mano al provvedimento. E chi meglio della fedelissima Maria Elisabetta Alberti Casellati? Quella che fino a poco tempo fa era la seconda carica dello stato, nel 2013 marciava sul Tribunale di Milano. Nel marzo di nove anni fa, i deputati dell’allora Popolo della Libertà volevano “assediare” il Palazzo di Giustizia, in segno di protesta contro la condanna del leader.
I tempi stringono
Le tempistiche incombono su Berlusconi. Giovedì inizieranno le consultazioni; il giorno dopo dovrebbe venir dato l’incarico a Giorgia Meloni; che quindi lunedì potrebbe ritrovarsi a giurare come Presidente del Consiglio. Rimangono pochissimi giorni al Cavaliere per riuscire a piazzare la sua sherpa al Ministero di Giustizia. Per il processo fortunatamente – i tempi si allargano. Ma non troppo. Dopo la sentenza in primo grado di fine mese, ci vorranno due anni per l’appello; e uno per la Cassazione, altrimenti si rischia l’improcedibilità. E quindi entro il 2026 il processo deve concludersi. Sempre che il nuovo ministro non disinneschi la legge Severino prima.