Per la legge Zan erano stati oltre mille gli emendamenti (672 solo della Lega) presentati: è la tattica ostruzionistica messa in atto da forze politiche che vogliono ritardare o affossare una legge in discussione. L’altra strada percorribile è quella della presentazione di ordini del giorno. Ma c’è stato un tempo, prima che il regolamento contingentasse i tempi degli interventi in aula limitandoli a 45 minuti, in cui l’arma a disposizione era un’altra, e i migliori “cecchini” militavano nelle fila del Partito radicale.
Boato e i Radicali: pesi massimi degli interventi-fiume
L’arma era quella dei cosiddetti interventi-fiume, che raggiunsero il primato – che non potrà mai più essere eguagliato – con Marco Boato. Il deputato della Rosa nel pugno parlò ininterrottamente per 18 ore e 5 minuti: era il febbraio 1981. Alla Camera era in discussione la proroga del fermo di polizia e Boato, che aveva passato un’intera settimana barricato nella biblioteca di Montecitorio a documentarsi («Studiai tutta la letteratura in tema di ordine pubblico e mi preparai una scaletta di una decina di foglietti», racconterà in seguito) surclassò se stesso (pochi giorni prima in un’altra seduta aveva parlato per circa sedici ore) e i suoi compagni di partito Roberto Cicciomessere e Massimo Teodori, i primi deputati a sfondare il muro delle dieci ore di intervento, con il secondo che un anno prima, nel 1980, aveva parlato in aula per 16 ore e 5 minuti in un intervento contro le leggi di emergenza.
Imprese epiche: discorsi a braccio e senza potersi poggiare al banco
I radicali, a cominciare dal loro leader Marco Pannella, erano grandi oratori, ma la cosa che rende epica la loro impresa è che Boato e gli altri non potevano, in base al regolamento, leggere il loro intervento, ma dovevano procedere parlando a braccio, stando in piedi, senza poggiarsi al banco, rivolgendosi sempre al presidente dell’assemblea e avendo diritto solo a bicchieri di acqua zuccherata.
Boato: “Mi fermai solo perchè i colleghi dovevano tornare a casa”
Addirittura il vicepresidente della Camera Luigi Preti, che presiedeva i lavori durante la notte del 10-11 febbraio 1981, occupata da Boato, ricorse al binocolo per verificare se l’oratore si servisse di appoggi o tentasse di sedersi, e gli negò più volte perfino un cappuccino. Boato ha ricordato in una intervista di qualche tempo fa: «Parlai per 34 ore in tre giorni: ero infatti intervenuto nella discussione generale del provvedimento. Ma il record lo battei intervenendo sul complesso degli emendamenti: iniziai a parlare alle 20 per finire alle 14,05 del giorno dopo. E sarei tranquillamente andato avanti per un paio di ore, ma venni inondato di bigliettini dei colleghi di tutti i gruppi. Eravamo agli inizi di febbraio e c’era la nebbia, se fossi andato avanti i colleghi non sarebbero riusciti a partire per le loro case con gli aerei, per cui alla fine mi fermai». Fossero stati tempi più maturi, avrebbe potuto avere un futuro a La7 per le maratone elettorali…
Giorgio “vescica di ferro” Almirante: no stop di dieci ore
Altro record oratorio spetta all’allora leader del Movimento sociale italiano Giorgio Almirante, al quale non faceva certo difetto la favella: nel corso del dibattito sugli ordinamenti regionali (era stato tra i quattro relatori di minoranza del disegno di legge costituzionale per le “Modifiche a integrazione dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige“) parlò per quasi dieci ore, guadagnandosi l’appellativo di “Vescica di ferro”. Ma alla storia passeranno anche le parole del comunista Giancarlo Pajetta, presidente della Camera che, lasciando l’aula, disse all’esponente missino di spegnere le luci una volta concluso il suo intervento.
Roccella giocò d’anticipo con.. un catetere
Se Almirante, già over 60, aveva dimostrato di saper tenere sotto controllo il sopravvenire di esigenze fisiologiche (l’intervento non poteva essere interrotto neppure per andare alla toilette), il radicale Franco Roccella, che era in là con gli anni, tempo dopo avrebbe giocato di anticipo facendosi applicare un catetere.
Le intemperanze dei comunisti: “Volavano banchi…”
Ovviamente a praticare l’ostruzionismo erano i partiti all’opposizione. Nel 1949, era in discussione l’adesione dell’Italia al Trattato Nato, a distinguersi furono i comunisti. Anche se, come ricorderà più tardi Giulio Andreotti, l’ostruzionismo comunista, più che sulla logorrea, puntava sulle intemperanze per far sospendere la seduta. Ai comuni i deputati britannici solevano leggere la Bibbia. A Montecitorio volavano insulti, talora banchi.
Oggi è quasi impossibile l’ostruzionismo nelle Aule parlamentari: la discussione è ormai disciplinata e garantita in ogni fase, anche nelle commissioni in sede legislativa.
In Cile le (quasi) 15 ore di Ortiz per consentire l’arrivo di un collega
Gli amanti dei record oratori devono volgere lo sguardo all’estero: Aime Naranjo Ortiz, deputato del Partito Socialista cileno, il 10 novembre scorso ha parlato per 14 ore e 56 minuti per consentire l’arrivo di un collega, bloccato a casa dal Covid, e avere così il numero di voti necessario per approvare l’impeachment del Presidente Sebastian Piñera, coinvolto nello scandalo dei Pandora Papers.