Perché leggere questo articolo? Perché è importante capire come gli appelli contro gli elettori di Calenda si scontrino con la realtà dei fatti. Elettoralmente impietosa con l’ex ministro. Tutte le disfatte elettorale del leader di Azione. Che non predica neanche troppo bene, ma sicuramente va male quando poi c’è da votare.
“Gli elettori hanno sbagliato”, ha dichiarato Carlo Calenda al Corriere della Sera ai margini delle elezioni Regionali. Una sofisticata analisi politologica con cui l’ex Ministro dello Sviluppo Economico ha provato a giustificare la debacle del Terzo Polo tra Lazio e Lombardia.
Lazio e Lombardia, nuovi flop per Calenda
A Roma nella corsa alla Pisana il Terzo Polo si è fermato al 4,87% nella corsa in sostegno a Alessio D’Amato, quasi dimezzandosi rispetto all’8,4% delle politiche. In Lombardia Letizia Moratti si è fermata al 9,87% e il duo Azione-Italia Viva al 4,25%. Briciole rispetto al 10,3% del 25 settembre. Il nuovo che arretra, diremmo noi. Ma è una costante della carriera politica di Calenda quello di sottoperformare alle urne.
L’ex eurodeputato, di cui avevamo già sottolineato lo iato tra i proclami alla competenza e la scarsa attività a Strasburgo, ha del resto raggiunto il 25 settembre il suo miglior risultato. Il 7,79% ha però piazzato i centristi riformisti al quarto posto tra le coalizioni e al sesto posto tra i partiti, lontani dal poter condizionare qualsiasi dinamica di formazione del governo.
In precedenza Calenda ha fatto flop anche al suo debutto politico, nel 2013. In quell’occasione è stato candidato alla Camera tra le liste di Scelta Civica – Con Monti per l’Italia nella circoscrizione Lazio 1 in quinta posizione, non risultando eletto.
Marche e referendum, le prime sconfitte di Azione
Dopo l’ingresso nel Partito Democratico e l’elezione all’Europarlamento nel 2019, migliore exploit personale di Calenda, per l’ex Ministro diventato leader di Azione le campagne elettorali sono state decisamente magre di soddisfazioni.
Azione-Italia Viva non esprime oggi alcun presidente di Regione o alcun sindaco di grande città. Il partito di Calenda è sceso in campo alle Regionali nel settembre 2020 sostenendo il centrosinistra di Maurizio Mangialardi, sconfitto da Francesco Acquaroli, nelle Marche, e sfidandolo in Puglia, ove Michele Emiliano ha surclassato Ivan Scalfarotto. Parallelamente, Calenda ha fatto campagna attivamente per il “No” al Referendum sul taglio dei parlamentari, che però è passato nettamente.
Le comunali 2021: boom a Roma ma niente elezione
Azione ha poi partecipato al campo ampio di centro-sinistra vincente alle elezioni comunali a Milano del 2021. Dove però ha contribuito con un 4,01% non decisivo per la vittoria. Parallelamente Calenda ha tentato la corsa a sindaco di Roma guidando i centristi.
“Calenda Sindaco”, la lista civica comprendente Azione, Italia Viva e Più Europa per la corsa al Campidoglio, è stata col 19,06% la più votata all’Assemblea Capitolina. Calenda, però, è arrivato solo quarto al voto tra i candidati sindaci, mancando l’accesso al ballottaggio. A Napoli Azione si è presentata con il proprio simbolo a sostegno del candidato sindaco Antonio Bassolino, senza però eleggere nessun consigliere comunale (0,45%).
La sconfitta all’uninominale di Calenda a Roma
A settembre 2022, alle Regionali in Sicilia, Gaetano Armao per il Terzo Polo ha raccimolato solo il 2,08%, classificandosi come quinto. Parallelamente, Calenda pur venendo eletto in Senato col proporzionale ha inanellato una nuova sconfitta. Nel collegio Roma-Municipio XIV ha infatti perso la sfida per l’uninominale al Senato; superato da Lavinia Mennuni di Fratelli d’Italia che ha sconfitto anche Emma Bonino.
Anche a settembre Calenda, che aveva fissato nella doppia cifra l’obiettivo del Terzo Polo, attaccò gli elettori: “Apprezzano Mario Draghi ma poi votano chi urla di più”, dichiarò. L’elettorato come capro espiatorio politico: una tendenza problematica tipica di Calenda e di un ceto politico riformista sempre più confinato nelle zone a traffico limitato. Ma l’alibi non regge in assenza di un progetto politico che sappia andare oltre la rivendicazione di una non meglio precisata “competenza” contro altrettanti vaghi “populismi”. Incapace di mobilitare un elettorato compatto e nutrito per il Terzo Polo.