Con il referendum indetto tra gli iscritti al Movimento, i Cinque Stelle decideranno se accedere o meno al 2 per mille che un cittadino può destinare a un partito politico in sede di dichiarazione dei redditi. La scelta cozza con le intenzioni primigenie dei grillini, che si erano candidati ad aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno se eletti. Una volta dentro, però, hanno fatto una scoperta che pian piano gli avrebbe cambiato la vita. Riposto nel cassetto l’apriscatole, hanno capito che, in fondo, quel tonno così male non era, perché l’ingrediente di quella scatoletta si abbina benissimo a diversi condimenti.
La “mitica” buvette e la barberia dedicata
Dal diritto al finanziamento pubblico attraverso il 2 per mille, ai numerosi benefit riservati a deputati e senatori, ovviamente non solo Cinque stelle, è difficile resistere alle sirene di una barberia dedicata, quella di Montecitorio, o ai prezzi della famosa buvette – con l’ultima revisione allineati a quelli di mercato –, che rimangono comunque al di sotto della media degli esercizi commerciali nel centro di Roma. Ma, giusto per rimanere nella metafora gastronomica, barberia e buvette sono solo una spolverata di spezie su altri benefit, che costituiscono il piatto più gustoso della tavola imbandita per i parlamentari italiani.
Il caso dei tamponi gratis per i non vaccinati
Quali sono non è difficile scoprirli, perché sono elencati sui siti di Camera e Senato, dove sono pubblicati anche gli emolumenti mensili che spettano ai parlamentari della Repubblica. Non è una questione di furore anticasta, perché, per il ruolo che la Costituzione gli assegna, è giusto che deputati e senatori vengano retribuiti con un trattamento economico adeguato ad assicurarne l’indipendenza (avviene in tutti gli Stati democratici). Sono alcuni diritti che gli vengono riconosciuti che lasciano perplessi, perché denotano la distanza tra palazzi del potere e vita quotidiana dei cittadini. L’ultimo caso è stato quello del diritto ai tamponi gratis per i non vaccinati per deputati e senatori (anche se il costo dovrebbe essere coperto dal fondo di assistenza integrativa di ciascun parlamentare).
Assistenza sanitaria integrativa: per ogni senatore fino a 5mila euro l’anno
Partiamo proprio da questa, dall’assistenza integrativa. Nel caso dei senatori, si legge sul sito di palazzo Madama, “Il Fondo di solidarietà fra i Senatori eroga un rimborso parziale di determinate spese sanitarie sostenute dagli iscritti, nei limiti fissati dal Regolamento e dal Tariffario. L’iscrizione è obbligatoria per i Senatori in carica, che versano un contributo pari al 4,5 per cento dell’indennità lorda; è facoltativa per i titolari di pensione, il cui contributo è pari al 4,7 per cento dell’importo lordo del proprio assegno. Con il versamento di quote aggiuntive è possibile l’iscrizione dei familiari”. Alla Camera, invece, “ciascun deputato versa obbligatoriamente, in un apposito fondo, una quota della propria indennità lorda, pari a 526,66 euro mensili, destinata al sistema di assistenza sanitaria integrativa, che eroga ai propri iscritti, senza oneri aggiuntivi per il bilancio della Camera, rimborsi per prestazioni sanitarie, secondo quanto previsto da un apposito tariffario”. E’ stato calcolato che grazie all’assistenza sanitaria integrativa ogni parlamentare può avere rimborsi fino a 25 mila euro nell’arco di un quinquennio per spese mediche.
Stipendio e diaria: quanto guadagnano senatori e deputati
Ma quanto guadagna realmente un “rappresentante del popolo” della Repubblica Italiana? Innanzitutto è sbagliato parlare di stipendio, perché l’emolumento che deputati e senatori percepiscono mensilmente si compone di diverse voci. Per un senatore, all netto delle ritenute fiscali e dei contributi obbligatori per il trattamento previdenziale, per l’assegno di fine mandato e per l’assistenza sanitaria, l’indennità mensile risulta pari ad euro 5.304,89 (5.122,19 per coloro i quali svolgano attività lavorative). Spetta poi la diaria (idem per i deputati), a titolo di rimborso delle spese di soggiorno. Periodicamente aggiornata in funzione dell’aumento del costo della vita, la diaria è stata erogata dal 2001 al 2010 nella misura di 4.003 euro al mese. È stata poi ridotta a 3.500 euro a decorrere dal 1° gennaio 2011. Unico controsenso: i 3500 euro (di genere utilizzati per una sistemazione abitativa a Roma per lo svolgimento del mandato) spettano anche a chi risiede nella capitale.
Dal 1° gennaio 2011 i Senatori ricevono un rimborso forfetario mensile di 1.650 euro , che sostituisce e assorbe i preesistenti rimborsi per le spese accessorie di viaggio e per le spese telefoniche. C’è poi un rimborso delle spese per l’esercizio del mandato. Questo ha sostituito, a partire dal mese di marzo 2012, il preesistente “contributo per il supporto dell’attività dei Senatori”, che era un rimborso spese interamente forfetario. L’importo complessivo, rimasto invariato, è diviso in una quota mensile di euro 2.090 – sottoposta a rendicontazione quadrimestrale – e in una ulteriore quota di 2.090 euro mensili erogata forfettariamente.
Gratis su autostrade, aerei, treni e navi
Durante l’esercizio del mandato, i Senatori usufruiscono di tessere strettamente personali per i trasferimenti sul territorio nazionale, mediante viaggi aerei, ferroviari e marittimi e la circolazione sulla rete autostradale. Anche i deputati (per loro l’importo netto dell’indennità ammonta a circa 4.750 euro) usufruiscono di tessere per la libera circolazione autostradale, ferroviaria, marittima ed aerea per i trasferimenti sul territorio nazionale. Per i trasferimenti dal luogo di residenza all’aeroporto più vicino e tra l’aeroporto di Roma-Fiumicino e Montecitorio, è previsto un rimborso spese trimestrale pari a 3.323,70 euro, per il deputato che deve percorrere fino a 100 km per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza, e a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore a 100 km. Per quanto riguarda le spese telefoniche, decorrere dal 1° aprile 2014 il rimborso forfetario è passato da 3.098,74 a 1.200 euro annui. Considerato che oggi un qualsiasi operatore telefonico ti offre traffico, sms e 100 giga anche solo con 10 euro al mese, non proprio una genialata.
La diaria e il gettone di presenza (che scatta già per il 30% delle votazioni)
Per l’esercizio del mandato, ossia i soldi messi a disposizione di ciascun parlamentare per poter pagare i propri collaboratori, la Camera ha stanziato 63.6 milioni nel triennio 2018-2020, mentre il Senato ne ha stanziati 37 per lo stesso periodo. Come rilevato dal sito Openpolis, alla Camera la diaria (pari a circa 3.500 euro al mese) viene tagliata di 206,58 euro per ogni giorno di assenza. A cui si possono aggiungere fino a 500 euro mensili in caso di assenza in commissioni e giunte. Anche al senato sono previste decurtazioni analoghe, sebbene in misura non specificata sul sito. Questo tipo di “penalità”, per come sono state disciplinate, si prestano ad abusi, dato che un parlamentare che partecipa ad almeno il 30% delle votazioni in aula viene comunque considerato presente”. «In media un parlamentare guadagna 13mila euro netti al mese», disse il ministro degli Esteri Luigi Di Maio scagliandosi contro i furbetti del bonus, quando scoppiò lo scandalo di alcuni parlamentari titolari di partita Iva che avevano chiesto l’accesso al beneficio legato allo stop delle attività economiche causa Covid. Altri privilegi che spettano ai nostri parlamentari, secondo altre fonti, sono il rimborso del 12% per l’acquisto di un’auto, 4.000 euro per viaggi studio all’estero, ingresso gratuito a cinema, teatri o allo stadio (tribuna d’onore).
Il re dei benefici: in pensione dopo 4 anni, sei mesi e un giorno
Da considerarsi comunque quisquilie se rapportato al re dei benefici, il diritto alla pensione che matura dopo 4 anni, sei mesi e un giorno. Ragione per la quale 427 deputati (il 68% dell’assemblea) e 234 senatori (il 73%) dell’attuale Parlamento, al loro primo mandato, vedrebbero sfumare l’accesso al beneficio se si andasse al voto anticipato rispetto alla scadenza naturale del 2023. Dal 2012, il vitalizio spettante agli eletti in Parlamento a fine mandato si è trasformato in un trattamento pensionistico simile a quello di altre categorie di lavoratori, ma con un vincolo: quello di essere stato in carica almeno per una legislatura, che corrisponde appunto a quattro anni, sei mesi e un giorno. La data fatidica è il 24 settembre 2022. Tornare sugli scranni di Montecitorio o Palazzo Madama per molti di loro, data la riduzione del numero dei parlamentari (da 935 a 600 in totale) sarà un sogno irrealizzabile. Con la pensione da parlamentare che mette le ali.