Perché potrebbe interessarti l’articolo? Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte non ha ancora dato l’indicazione per la restituzione delle indennità di funzione. Dai vicepresidenti ai questori, alla Camera e al Senato, nessuno ha ancora rinunciato ai soldi aggiuntivi. Un’inversione di tendenza rispetto all’era Di Maio.
Nessuna rinuncia all’indennità di funzione, quelle somme aggiuntive derivanti dagli incarichi all’interno di Camera e Senato. Il Movimento 5 Stelle, targato Giuseppe Conte, sembra aver riposto nel cassetto un’altra delle bandiere grilline della prima ora. La pubblica decisione di restituire l’integrazione economica – che varia dai mille ai 2mila al mese, in base alla carica ricoperta – destinata a vicepresidenti delle Camere, segretari di presidenza e questori.
I soldi non ancora restituiti
Non risulta, infatti, alcuna comunicazione pubblica da parte del vicepresidente della Camera, Sergio Costa; del questore, Filippo Scerra; né dei segretari di presidenza Gilda Sportiello e Roberto Traversi, tutti del Movimento. Né tantomeno dalle indiscrezioni emerge questa intenzione.
Stesso discorso al Senato, per l’ex capogruppo contiana di ferro e ora vicepresidente, Mariolina Castellone; i due segretari, Pietro Lorefice e Marco Croatti. Nel giorno del voto che li ha portati a ottenere l’incarico, tutti hanno espresso la personale soddisfazione sui profili social, garantendo il massimo impegno per onorare il ruolo. Tutto legittimo e comprensibile. Ma, tornando al nodo della vicenda, manca qualsiasi riferimento ai soldi garantiti per quei ruoli.
La decisione spetta a Conte
Secondo quanto apprende in via informale True-news.it, «i vertici stanno decidendo cosa fare». In sintesi spetterà a Conte, in accordo con i vicepresidenti del Movimento e i capigruppo, Francesco Silvestri e Barbara Floridia, dettare la linea. Resta comunque agli atti che la restituzione non è stata automatica come in passato.
Eppure Scerra, in un post su Facebook, ha parlato degli stipendi dei parlamentari. «Nel collegio dei Questori di cui sono componente, è stato raggiunto un risultato di cui sono particolarmente orgoglioso. Si è deciso di mantenere il blocco agli aumenti stipendiali dei deputati, in un’ottica di contenimento della spesa pubblica, per il triennio 2023-24-25». Così ha scritto sulla propria pagina il deputato del M5S.
L’inversione di tendenza di Conte rispetto a Di Maio
Ricordando ancora: «Il Movimento continua a battersi contro i privilegi e gli sprechi soprattutto all’interno delle Istituzioni; mantenendo fermi quei principi che lo hanno portato ad entrare in Parlamento e a migliorare il sistema nell’interesse dei cittadini». Non ci sono dubbi in merito, con l’eccezione del mancato annuncio alla rinuncia dell’indennità di funzione. Un’inversione di tendenza incontrovertibile. Nella scorsa legislatura, infatti, l’allora capo politico del M5S, Luigi Di Maio, aveva imposto agli eletti, compresi i presidenti di commissioni anch’essi beneficiari delle indennità di carica, di esplicitare la rinuncia.
In molti immortalarono il momento con foto pubblicate sui canali social. Lo ha ricordato di recente, in una storia su Instagram, Sergio Battelli, ex deputato del Movimento poi passato con Impegno Civico, che fino a pochi mesi fa era presidente della commissione Politiche Ue di Montecitorio. Teoricamente avrebbe potuto portarsi a casa oltre mille euro in più al mese, ma non lo ha fatto in nome della lotta ai privilegi.
In ballo c’è una bella somma
Tanto per rendere la dimensione della questione, in cinque anni molti ex del Movimento, vicepresidenti e dintorni, hanno “rifiutato” in totale dai 65mila agli 80mila euro. Una bella somma che avrebbe fatto comodo ai tanti che non sono stati rieletti. E che, salvo diverse disposizioni, sarà a disposizione di Castellone&Co. La strada maestra è stata così indicata proprio da Battelli: «Basta una lettera per rinunciare», ha scritto in un’altra storia postata sui social, memore della sua esperienza personale.