Il 2022 e il 2023 sono stati due anni di caos sul fronte delle crisi internazionali e dei rapporti tra le potenze, con la guerra in Ucraina e il conflitto a Gaza epicentri di una crisi geopolitica globale. Il 2024 si preannuncia destinato ad essere un anno delicato e non meno complesso. Per capire i trend geopolitici del 2024 True-News dialoga con un grande esperto degli scenari internazionali, l’ambasciatore Marco Carnelos.
Carnelos è stato a lungo un funzionario d’alto rango nella nostra diplomazia, avente alle spalle venticinque anni nella carriera diplomatica, incarichi in Somalia, Nazioni Unite, Iraq e come consigliere di tre Presidenti del Consiglio in diversi ambiti (Medio Oriente, Terrorismo, Russia, promozione economico-commerciale, attrazione degli investimenti). Ultimo incarico è stato quello di Ambasciatore d’Italia in Iraq. Attualmente è membro del Board dell’ISPI. Con lui discutiamo delle dinamiche più importanti della geopolitica contemporanea.
Ambasciatore, il 2022 e il 2023 sono stati anni di perturbazione del contesto internazionale. Che eredità lascia la fase del ritorno della conflittualità geopolitica tra le potenze?
In questo biennio forti tensioni latenti, inerenti delicati equilibri internazionali e largamente ignorate della cosiddetta “comunità internazionale”, ovvero le democrazie occidentali che si identificano nell’ordine mondiale basato sulle regole (le loro!), sono deflagrate in modo drammatico. Ne deriva che la conflittualità geopolitica lascia un’eredità caratterizzata da forte incertezza globale, con solidi punti di riferimento cui eravamo abituati da decenni che sono già saltati o stanno saltando. Potenzialmente si tratta di mutamento della geopolitica del pianeta che non si vedeva da due secoli, se non addirittura da cinque. In una semplice espressione il Global Rest (qualcuno lo chiama Global South) che si sta affrancando dal Global West; e sia chiaro: affrancarsi non necessariamente è un atto ostile. Solo coloro che sono in grado di governare unicamente con la paura, e che sono vittime di una percezione binaria e manichea della realtà, ovvero obnubilati dal principio “o con me o contro di me”, possono declinare questo affrancamento come pericoloso, senza rendersi contro che stanno rilanciando lo scontro tra civiltà.
In quest’ottica si innestano i conflitti. Gaza e Ucraina, due guerre che si trascinano e non vedono la fine: che evoluzione si prospetta per questi conflitti?
Si tratta di due crisi annunciate. La prima è esplosa perché gli Stati Uniti ed Israele – con la complice ignavia europea – hanno ignorato il problema palestinese per anni pensando che bastassero alcune visioni economiche (Accordi di Abramo) per depotenziarlo e parcheggiarlo in uno dei binari morti della storia. Il 7 ottobre scorso, nella sua efferatezza, ha costituito un brusco risveglio.
E sul fronte ucraino?
La tragedia ucraina, invece, è figlia dell’inutile allargamento ad Est della NATO; inutile perché iniziato negli anni Novanta del secolo scorso quando la Russia era uno Stato fallito e non costituiva una minaccia per nessuno, tranne che per sé stessa. I problemi erano evidenti fin dal 2003/2004, secondo allargamento della NATO, Putin aveva lanciato un solenne monito nel 2007, il resto è una lunga storia di dissimulazione con gli Accordi di Minsk come Merkel e Hollande hanno poi candidamente confessato. A Gaza Israele tenterà una Nakba 2.0 provando ad espellere la popolazione palestinese nel Sinai. Americani ed Europei o verranno nuovamente intortati da Netanyahu o si renderanno consapevolmente complici (gli USA) inconsapevolmente (l’UE) di un nuovo sfregio alle loro stesse regole del loro tanto decantato “ordine mondiale” nonché a quelle del diritto internazionale.
Molti anche gli scenari da osservare su scala locale. Nagorno-Karabakh, golpe africani, crisi dell’Esequibo, da ultima la bomba del Mar Rosso: le grandi tensioni globali si scaricano anche alle periferie dell’ordine globale?
Le crisi ucraina e mediorientale sono i due epicentri di un sisma geopolitico globale, naturalmente le scosse telluriche si avvertono a molta distanza e quelle di assestamento poi fanno il resto. In fin dei conti, quando i grandi sono distratti dalle loro reciproche contese i piccoli ne approfittano per sistemare le loro. Temo sia soltanto l’inizio anche perché, personalmente, non intravedo leadership particolarmente “illuminate” e affidabili in questo scorcio storico.
L’Occidente si trova di fronte alla gestione di un contesto globale in cui non ha più la “maggioranza assoluta” dell’ordine globale. Come va il rapporto tra le potenze principali e il “Global South”?
La maggioranza assoluta non l’ha mai avuta, anche durante la guerra fredda, il Movimento dei Non Allineati lo ha ampiamente dimostrato. L’Occidente ha avuto invece il controllo assoluto, che è diventato ancora più forte dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la fine della Guerra Fredda. Purtroppo, l’unipolarismo USA ha sprecato una fantastica vittoria operando secondo un presupposto assurdo, ovvero che tutto il mondo dovesse uniformarsi al modello occidentale come garanzia di progresso, sviluppo e libertà ritenendo che coloro che preferivano modelli diversi, anche se non apertamente conflittuali, fossero da considerare, in quanto tali, delle minacce da sopprimere. Si tratta dell’eccezionalismo americano che, come ripeteva il defunto Henry Kissinger, è stato una fonte di tensione constante nel sistema internazionale. Un’eredità derivante dagli albori del pensiero politico occidentale risalente alla Grecia classica che ha portato l’Occidente a definire sé stesso attraverso la ricerca di un costante nemico da sopprimere, sempre ed ovunque. In fine dei conti se la tua ragione di vita è brandire un martello, finirai per vedere tutto quello che ti circonda come chiodi.
Una prospettiva che vediamo oggi andare in crisi di fronte ai contraccolpi che sta riservando nel Sud globale…
Il rapporto Global West con il Global South è teso e quest’ultimo si sta affrancando dal primo. La resistenza opposta dal Global West rischia di portare il Global South a saldarsi progressivamente con Cina, Russia, e altri costituendo quello che io chiamo Global Rest. Basta vedere quanto sta accadendo nel Mar Rosso: due Paesi che hanno tutto da perdere dall’attacco alla libertà marittima in quel braccio di mare, Egitto e Arabia Saudita, sono palesemente riluttanti ad aderire alla Coalizione navale gli USA stanno tentando di costituire per contrastare gli Houthi.
Un’altra grande sfida è quella geoeconomica. Il Medio Oriente e l’Asia ce lo insegnano. Si apre la dialettica tra la connettività cinese, la BRI, e quella a trazione indiana, l’IMEC. Si consolida, dal petrolio alle terre rare, la lotta per le risorse. Come impatta questo sull’ordine globale?
Qui si intravede un gigantesco perdente all’orizzonte: l’Europa. Quando tra qualche decennio gli storici riesamineranno questo scorcio storico i danni che le leadership europee hanno arrecato alla posizione del vecchio continente nel mondo emergeranno con tutta la loro magnitudo. Hanno rinunciato alle forniture energetiche russe, a buon mercato, per rivolgersi ad altri fornitori a prezzi maggiorati, e come se non bastasse stanno intraprendendo una transizione energetica (peraltro inevitabile) che vedrà la Cina prendere il posto che una volta era detenuto dalla Russia, ma allo stesso tempo parlano di “de-risking” da Pechino senza nemmeno essere in grado di spiegare che cosa significhi. In sintesi pura schizofrenia. L’Europa si avvia ad un mesto declino, geopolitico, economico e demografico incapace di collocarsi in un’intelligente via mediana tra USA da una parte ed il condominio russo-cinese dall’altra.
E nella partita della connettività che scenari ci aspettano?
Quanto alla sfida delle connettività, la BRI cinese è una realtà da almeno un decennio, vi hanno aderito 150 Paesi, e ambisce al consolidamento economico-commerciale dell’Eurasia. l’Italia che nel 2019, una volta tanto, aveva fatto una scelta lungimirante aderendovi, se ne è ora tirata fuori. L’IMEC, proposto da USA, India, Italia, Germania e Francia con Arabia Saudita ed Emirati Arabi, non è un’alternativa ed è un progetto ancora sulla carta sul quale si conoscono pochi dettagli. Da un punto di vista logistico ed economico sembra poco sensato poiché prevede numerosi trasbordi logistici di merci tra navi e treni implicando le giurisdizioni e le dogane di almeno 6 paesi. Non si comprende come possa costare meno e ridurre i tempi di transito rispetto alla rotta attraverso Suez come sostengono i suoi fautori. Solo il tempo e i mercati offriranno il verdetto definitivo. Se poi dovesse veramente decollare la rotta artica, allora Suez e IMEC potrebbero essere rimossi dalla geografia economica.
Nel frattempo le potenze extraoccidentali si muovono per consolidarsi su vari fronti..
Intanto, il BRICS, il vero alter ego del G7, ora allargato a Iran, Arabia Saudita e Emirati si avvia a controllare oltre il 40% delle riserve globali di greggio; se poi dovesse aderirvi anche il Venezuela la percentuale potrebbe andare a oltre i due terzi. Quanto alle terre rare, anche qui i dati disponibili sembrano privilegiare i BRICS quanto a riserve detenute. Se poi questi ultimi dovessero effettivamente procedere con la tanto declamata de-dollarizzazione, allora il 21° secolo potrebbe presentarsi in modo molto lugubre per l’egemonia statunitense. In sintesi, l’ordine geoeconomico globale potrebbe presentare per il Global West dei grattacapi addirittura superiori a quello geopolitico
Infine, ci sono i grandi appuntamenti elettorali. Europa, Usa, India: tre voti decisivi nel 2024, e potrebbe aggiungersi in caso di elezioni anticipate anche il Regno Unito. Che impatto globale avranno questi appuntamenti?
Escluderei un qualsivoglia impatto derivante da elezioni anticipate nel Regno Unito. Il paese, e ne parlo per esperienza diretta, è in palese declino, altro che Global Britain. Il Partito Conservatore è diventato irriconoscibile quanto quello Repubblicano americano, mentre quello Laburista sta diventando la fotocopia di quello Conservatore. Insomma, una gigantesca omologazione. Le elezioni europee potrebbero portare rilevanti sorprese, specialmente se AfD dovesse avere in Germania l’avanzata che gli viene attribuita. Anche se come abbiamo visto in Italia con la Meloni, una volta giunte al potere le forze di destra o di estrema destra subiscono straordinarie metamorfosi. Le elezioni USA restano quelle più importanti, ammesso che si svolgeranno. Se Trump vincerà di nuovo per il Paese si aprirà il momento politico più teso dalla guerra civile del diciannovesimo secolo, anche perché questa volta Trump non farà prigionieri. Quanto all’India presenta una realtà talmente complessa che è difficile che possa essere alterata significativamente da una consultazione elettorale. Il Paese sperimenta ancora una stratificazione sociale così forte che è difficile che possa avere l’impatto che gli viene attribuito a breve termine.