Le ultime giornate hanno visto i commerci internazionali messi sotto scacco dal risveglio degli Houthi, le milizie sciite yemenite. Con l’obiettivo di colpire Israele e porti situati sul Mar Rosso come Eilat, i combattenti della milizia vicina all’Iran, impegnati dall’aprile scorso in colloqui diplomatici con il governo yemenita per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 2014, nei giorni scorsi hanno lanciato attacchi con missili e droni nel mare che collega Oceano Indiano e Mediterraneo.
La guerra asimmetrica degli Houthi
La brutale risposta di Israele ai barbari attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso e i bombardamenti su Gaza hanno reso magmatico il contesto internazionale che vedeva, sulla scia della distensione tra Iran e Arabia Saudita, andare a sanarsi la guerra per procura che attanagliava lo Yemen da quasi dieci anni. E i bombardamenti verso Israele hanno portato molte compagnie di trasporti a fare dietrofront dai commerci nel Mar Rosso, mettendo a rischio i traffici internazionali.
La guerra a Gaza ha cambiato le priorità degli Houthi, milizia che ha uno slogan emblematico: “Dio è il più grande; Morte all’America; Morte a Israele; Siano maledetti gli ebrei; Vittoria per l’Islam”. Dal conflitto civile in via di risoluzione si è passati all’interdizione anti-israeliana. Un modo per dimostrare, in una fase di negoziazione, che per l’Iran il movimento radicale è ancora importante. E che gli Houthi possono far sentire la loro voce su scala internazionale.
I protagonisti della tragica guerra in Yemen
Ed è paradossale che lo scoppio di un’altra guerra sia la base per riaccendere i riflettori su un conflitto che dura da tempo e ha messo in ginocchio l’antica perla del Golfo Persico. Nonostante un formale cessate il fuoco nel 2022, la guerra civile continua ancora sotto forma di scontri sporadici. E fino alla firma di un trattato di pace non si potrà parlare di pericolo scampato.
Ansar Allah, nome ufficiale del movimento Houthi, era dai primi anni dello scorso decennio l’anima del conflitto tra i gruppi sciiti e le tribù sunnite nello Yemen settentrionale. Conflitto divenuto generalizzato quando si è diffuso ad altri governatorati, incluso il Governatorato della capitale Sanaa, occupata dai miliziani, entro la metà del 2014.
L’ideologia degli Houthi
Fu allora, nel pieno del caos post-Primavere Arabe, che gli Houthi iniziarono a farsi conoscere. Il movimento Houthi ha le sue radici nella provincia nord-occidentale dello Yemen, nota come Sa’dah. Il fondatore, Hussein Badreddin al-Houthi, un leader religioso di ideologia zaydita, ha iniziato a guadagnare seguaci nei primi anni del 2000. Il gruppo ha preso il nome dalla sua figura guida e ha gradualmente sviluppato un’ideologia basata su rivendicazioni politiche e sociali per la popolazione zaydita, una branca dell’Islam sciita.
La loro ideologia include la difesa dei diritti della comunità zaydita e una critica nei confronti del governo centrale yemenita, accusato di discriminazione e marginalizzazione della minoranza zaydita. Gli Houthi sostengono inoltre una resistenza armata contro ciò che percepiscono come ingerenze straniere negli affari interni dello Yemen. Sotto accusa Stati Uniti, Israele e, soprattutto, l’Arabia Saudita che dal 2015 al 2022 ha duramente bombardato lo Yemen.
Le conseguenze della guerra
Oggi lo Yemen vede controlli militari e politici molto simili all’ex divisione tra Yemen del Nord filosovietico e Yemen del Sud filoccidentale dell’era della Guerra Fredda. Una divisione che ricalca la differenza tra tribù sciite e sunnite. La guerra civile yemenita è stata spesso definita la “guerra dimenticata del mondo” e secondo l’Onu le conseguenze del conflitto hanno portato alla malnutrizione e al rischio di morte per fame ben 13 milioni di yemeniti.
Sarebbero tra i 130mila e i 150mila i civili morti di fame e malattia, tra cui 85mila bambini, in dieci anni su un totale di 250mila morti. Queste ragioni hanno portato nel 2022 Houthi e governo dello Yemen a avviare un processo di pace. In primavera la distensione iraniano-saudita tra le due principali nazioni del mondo sciita e sunnita aveva dato l’impressione che si potesse iniziare a pensare a una fase di graduale ritorno alla normalità. Il grande caos esploso il 7 ottobre scorso a Gaza ha però incendiato il Medio Oriente. E riportato gli Houthi sulle barricate. Mettendo a rischio l’intero processo per pacificare il disgraziato Paese a cavallo tra Mar Rosso, Oceano Indiano e Penisola araba.