Il recordman è sicuramente Vincenzo Macello. Genovese, classe ’62, l’ingegnere elettronico a capo della Direzione Investimenti di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi Spa) è il “boiardo” delle opere pubbliche per eccellenza. Almeno nel 2021. Commissario straordinario di 12 diverse infrastrutture ferroviarie che da sole valgono 27,6 miliardi di euro come costi stimati. Nominato in due diverse occasioni dal governo Draghi ad aprile ed agosto 2021, Macello guida il commissariamento di maxi investimenti sulla rete ferroviaria italiana e altri snodi meno cruciali: dall’Alta Velocità Brescia-Verona-Padova da 9,2 miliardi al raddoppio della Genova-Ventimiglia (1,9). L’operazione monstre è la linea Roma-Pescara – ricordate la famosa frecciata di Luigi Di Maio: “Servono 7 ore per andare da Roma a Pescara in Treno”?
Nella capitale e dintorni il dirigente di Rfi guida anche investimenti meno pesanti come il quadruplicamento della Ciampino-Capannelle da 300 milioni e la riqualificazione delle stazioni connesse all’Alta velocità nel nodo interscambio Pigneto, uno dei nodi principali della mobilità capitolina.
I Commissari straordinari nominati con lo “Sblocca cantieri”
Numeri che emergono dal Rapporto annuale depositato il 10 gennaio dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili guidato da Enrico Giovannini e trasmesso al Parlamento sullo stato di avanzamento delle 102 opere commissariate nel corso del 2021. Sono ferrovie, strade, porti, opere idriche-idrauliche, presidi di sicurezza. Hanno un valore di 99 miliardi di euro per un totale di 49 Commissari straordinari nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, tutto figlio del celebre “Sblocca cantieri”. Uno degli obiettivi finali, oltre ad avviare lavori, dare cronoprogrammi certi e completare le infrastrutture, è quello di predisporre entro la fine di gennaio il portale “Osserva Cantieri” per consentire alle diverse categorie di utenza di accedere alle informazioni riguardanti i singoli progetti.
I rischi ambientali di una parte rilevante delle opere commissariate
Dal rapporto emergono però anche aspetti critici meritevoli di discussione. Delle 57 opere commissariate ad aprile che presentano per il 56% problematiche ambientali (16%), archeologiche-paesaggistiche (13%), finanziarie (31%), tecniche (13%) e procedurali (27%). In particolare questo avviene proprio nel settore ferroviario.
Caso simile nelle altre 45 opere commissariate ad agosto 2021, dove un 25% mostra rischi ambientali, per il 18% archeologici-paesaggistici, per il 22% criticità finanziarie, l’8% aspetti tecnici e per il 27% a quelli procedurali.
Pochi commissari per decine di maxi opere
Inoltre emerge un totale accentramento di poteri su poche figure professionali peraltro senza compensi o emolumenti aggiuntivi. Il caso di Vincenzo Macello è emblematico, con 12 diverse maxi opere sulle spalle dovendo contare sul supporto tecnico-giuridico delle stesse strutture di Rfi spa impegnate anche nella gestione ordinaria della rete. Ma non è l’unico. L’ad e Direttrice Generale di Rfi, Vera Fiorani, ha in mano il pallino di altre 5 infrastrutture, dal quadruplicamento della Pavia-Rogoredo da 900 milioni sulla linea Milano-Genova ai 400 milioni della Ferrandina-Matera La Martella fino al miliardo e rotti per la chiusura dell’anello ferroviario di Roma.
Dalla pubblica sicurezza alle opere idriche
Cambiando “settore” che dire di Vittorio Rapisarda? Ingegnere e Direttore generale del Mims oltre che Provveditore Interregionale per le Opere Pubbliche per il Lazio, l’Abruzzo e la Sardegna, ha in mano la partita su 7 presidi di pubblica sicurezza: caserme, centri della Guardia di Finanza, il centro di formazione dei Vigili del Fuoco della Capitale.
Come pure Angelica Catalano, entrata al Ministero dei Lavori pubblici a metà anni ’80, già capo della Direzione Generale per le Dighe del dicastero di Porta Pia (che nel frattempo ha cambiato nome più volte) che svolge attività di vigilanza e controllo sulla sicurezza delle 532 grandi dighe italiane gestite in concessione o affidate dalle Regioni a circa 140 soggetti differenti e dal 2020 vice presidente dell’Itcold – Comitato italiano grandi dighe. La signora delle dighe è commissario straordinario su 11 opere tutte concentrate in Sardegna (delle 14 complessive) per singoli investimenti che vanno dai 4 ai 60 milioni di euro ciascuno. Ma in generale le opere idriche genereranno un valore complessivo di spesa per investimenti di circa 2,7 miliardi di euro (di cui 386 milioni di euro nel Mezzogiorno, il 14,3%), quasi tutti concentrati (2,3 miliardi) nella messa in sicurezza del sistema acquedottistico “Peschiera”, il principale acquedotto di Roma, alla cui guida è stato messo Massimo Sessa, il Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ingegnere e già Ufficiale di complemento nell’Arma dei Carabinieri.
Pnrr e Next Generation. Ma con progetti vecchi di anni…
L’ultimo tema riguarda il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Per fare in fretta nel reperire le risorse, il governo ha deciso che gran parte dei fondi sarebbero stati pescati proprio dal maxi finanziamento europeo – in parte a fondo perduto e in parte a debito – da 230 miliardi di euro che deve rilanciare il Paese da qui al 2026. Per fare un esempio – il più lampante – basti pensare che la realizzazione di 16 opere ferroviarie genererà 62 miliardi di euro di investimenti, di cui 29,4 miliardi destinati al Sud Italia: il 47,1%, in linea con l’idea che il Mezzogiorno debba assorbire il 40% delle risorse di Next generation EU.
Ben la metà delle opere rientrano tra gli interventi previsti nel Pnrr. Sono le linee Orte-Falconara, Roma-Pescara, Fortezza-Verona, Salerno-Reggio Calabria, Taranto-Potenza-Battipaglia e Palermo-Catania-Messina che il governo ha inserito proprio in appendice agli ultimi decreti del Recovery.
Una buona notizia per trovare i soldi in fretta, se tutto funziona. Meno per quello che sarebbe dovuto essere lo spirito di un programma che si chiama Next Generation che sin dal lessico avrebbe dovuto guardare la futuro. Invece sono stati rispolverati i più antichi studi di fattibilità e piani economico-finanziari proprio per avere un “canale” di spesa certo rispetto ai soldi che arriveranno da Bruxelles per il post pandemia. Progetti vecchi a volte di anni, anche più, riemersi dai cassetti di ministeri, commissioni e società pubbliche per mangiarsi la fetta più importante del Pnrr.