“‘L’invasione in Ucraina? E’ giusto combattere, è una guerra contro la lobby gay“. Dopo giorni di pressioni, alla fine il patriarca ortodosso Kirill si è espresso sulla guerra in Ucraina. Il punto di riferimento della Chiesa russa ha deciso di intervenire in un sermone con dure parole a sostegno del conflitto e contro la comunità LGBTQ+. L’eco delle dichiarazioni è arrivato subito in Occidente, scatenando reazioni. Qual è il ruolo della Chiesa ortodossa nella guerra in Ucraina? E in che relazioni è con il Vaticano?
L’intervento del patriarca Kirill è arrivato proprio durante la Domenica del Perdono, che apre la quaresima secondo il calendario liturgico seguito in Russia. Il capo spirituale ha spiegato che le operazioni militari speciali (raramente si parla di guerra a Mosca) costituiscono anche una lotta a stili di vita peccaminosi e – secondo la sua prospettiva – contrari alla religione cristiana.
La comunità LGBTQ+ ucraina a rischio
Gundjaev (nome originario del patriarca) ha sostenuto la posizione di Putin sul Donbas, rappresentando le autodichiarate repubbliche come territori privati dal governo ucraino della libertà di pensiero e, in particolare, della possibilità di opporsi alle “parate gay”. Kirill ha citato solo le vittime filorusse del conflitto e non quelle ucraine. Uno degli elementi simbolici attorno a cui ruota la guerra in Ucraina è la volontà di costruire un’identità russa e in questo Putin ha il pieno sostegno della Chiesa ortodossa nella persona di Kirill.
Gli aspetti religiosi e identitari di questo conflitto sono quindi cruciali. La comunità LGBTQ+ ucraina denuncia serie preoccupazioni fin dalle prime fasi della guerra e addirittura da prima dell’invasione russa. È chiara la consapevolezza di essere esposta a una stratificazione di rischi provenienti da più parti. I giornali russi hanno ridicolizzato la milizia volontaria ucraina perché aperta anche a persone queer, considerate quindi meno adatte a combattere. Molti membri dell’attivismo hanno espresso timore anche per le ripercussioni e le repressioni a cui sarà sottoposta la comunità se il Paese dovesse cadere.
La risposta del Vaticano
Il sermone del patriarca Kirill ha suscitato una reazione anche in Vaticano. Papa Francesco fin dall’inizio della guerra aveva mantenuto una posizione ricca di cautela, condannando ogni conflitto in modo molto generico. Dopo le parole della guida ortodossa, però, si è mosso in una direzione precisa: a sostegno del popolo ucraino.
Le dichiarazioni del Vaticano parlano ora dell’urgenza di giungere a delle trattative durevoli e ancor più deciso è stato l’invio di due cardinali in Ucraina. Sono Konrad Krajewski, l’Elemosiniere, e Michael Czerny, prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e responsabile per la parte dei migranti. Il loro obiettivo è verificare se sono praticabili delle strade verso la pace.
Fine del dialogo
Si interrompe così il dialogo tra il patriarca Kirill e papa Francesco, che si sarebbero dovuti incontrare entro l’estate. La netta giustificazione della guerra espressa dal rappresentante della Chiesa ortodossa russa si basa su questioni difficili per il Vaticano e la Chiesa cattolica italiana, che sono poco aperti alla comunità LGBTQ+. Eppure un tale sostegno al conflitto è impossibile da sostenere anche per papa Bergoglio.
Nel suo pontificato – iniziato nel 2013 – Francesco ha covato il sogno di un “cristianesimo universale“, aprendo alla prima riconciliazione nella storia proprio con il patriarca di Mosca Kirill. I due si erano incontrati a abbracciati nel 2016 a L’Avana – luogo non casuale – dopo anni di apertura di dialogo. Al termine dello storico incontro, Francesco e Kirill redassero una dichiarazione in cui si affermava che “è necessario per superare le divergenze storiche”, unire gli “sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio”, interrottosi con lo scisma del 1054.
Il mondo ortodosso al suo interno è suddiviso in numerose chiese nazionali e autocefale che orbitano intorno alle due principali, quella di Mosca e quella di Atene. Da un punto di vista religioso, l’Ucraina è divisa tra il patriarcato ortodosso di Kiev, che è slegato da quello di Mosca, una Chiesa autocefala ortodossa – che si professa indipendente da Kiev e da Mosca – mentre metà della popolazione segue la Chiesa greco-cattolica che è assoggettata a Roma ma con alcune peculiarità.
Il disgelo tra Roma e il mondo orientale era cominciato con Giovanni Paolo II, che nel suo storico viaggio del 2001 sulle orme di san Paolo, aveva formulato pubblicamente la richiesta di perdono all’allora arcivescovo Khristodoulos, con riferimento al sacco crociato di Costantinopoli del 1204.
Il canale del dialogo resta aperto, ma i venti di guerra soffiano anche sull’armonia tra le religioni.