Esponenti locali e nazionali del Partito repubblicano statunitense sono ormai in guerra aperta con Disney. L’impero dell’intrattenimento per bambini da quasi cento anni sforna film d’animazione dal successo planetario. Due gli elementi al centro della disputa. Il regime di autonomia dei parchi a tema Disney in Florida e, di recente, il futuro dei diritti di riproduzione sul cartone animato più famoso al mondo: Topolino.
Florida: la legge che divide Disney e governo
Il pomo della discordia tra il governo repubblicano della Florida, storica roccaforte conservatrice, e la Disney riguarda una legislazione statale approvata ad aprile scorso. Ribattezzata “Don’t say gay law”, dispone che i genitori possano intervenire sull’istruzione scolastica dei figli. Decidendo se alle elementari debbano o meno ricevere informazioni sugli orientamenti sessuali e sull’identità di genere. Il Ceo di Walt Disney, Bob Chapek, a marzo aveva criticato la legislazione, sottolineando che la compagnia è “inequivocabilmente al fianco dei suoi lavoratori LGBTQ+”. In quell’occasione Chapek aveva anche annunciato uno stop alle donazioni da parte di Disney verso tutte le formazioni politiche (una pratica possibile e regolata a norma di legge negli Stati Uniti).
DeSantis: “No all’indottrinamento”
Non si è fatta attendere la risposta del governatore della Florida, Rob DeSantis. Repubblicano di ferro cresciuto come legale militare durante la guerra in Iraq, a 43 anni è considerato l’astro nascente del fronte conservatore. Tanto che si parla di lui come possibile concorrente dell’ex presidente Donald Trump come candidato repubblicano alla Casa Bianca nel 2024. “I genitori mandano i figli a scuola perché ricevano un’istruzione, non un indottrinamento militante”, aveva detto DeSantis per difendere la controversa legge sull’istruzione scolastica.
Il regime fiscale speciale di Reedy Creek
Quanto alla Disney, il governatore ha annunciato uno stop all’esenzione fiscale di cui gode la multinazionale per i suoi parchi a tema a Orlando, in Florida. Si tratta di una sorta di “Vaticano dell’intrattenimento”. Dà lavoro a 80 mila dipendenti e viene visitato da quasi 60 milioni di turisti ogni anno. DeSantis ha intenzione di porre fine allo stato d’eccezione di cui gode il distretto di Reedy Creek. La giurisdizione governativa e fiscale della Disney che si estende su 103 chilometri quadrati tra le contee di Orange e Osceola. La zona è stata individuata nel 1967 per volontà dello stesso Walt Disney, ma nel 2023 rischia di finire nelle mani dello Stato. Lunedì 16 maggio, infatti, DeSantis ha accennato alla possibilità che lo Stato possa assumere direttamente il pieno controllo del distretto autonomo di Disney World, invece di consegnarlo alle amministrazioni locali. L’accusa mossa a Disney dai repubblicani, non solo a livello locale ma anche federale, è quella di drenare introiti fiscali che senza regime speciale resterebbero a disposizione dell’intera collettività della Florida.
Così Topolino diventerà di dominio pubblico
Alla diatriba sul futuro del distretto di Reedy Creek si aggiunge la questione relativa all’immagine di Mickey Mouse. Secondo quanto riferisce il quotidiano Los Angeles Times, alcuni deputati americani hanno intenzione di opporsi in sede federale alla possibilità di estendere la protezione del copyright su Topolino, che dovrebbe andare a scadenza nel 2024. Dal 1984 la protezione è regolarmente prorogata per due volte, ma adesso la situazione si complica. Una mossa del genere renderebbe di pubblico dominio l’immagine originale del topo più famoso del mondo. Un simbolo che va ben oltre i parchi a tema Disney e riguarda anche un’immensa filiera collaterale che va dai fumetti al merchandising.
Perdite certe ma difficili da stimare
Le licenze per la vendita al dettaglio hanno generato 5,2 miliardi di dollari per la Disney nel 2021. Ma la società non rivela quanto di questo profitto provenga esclusivamente dalle vendite dei prodotti legati a Topolino. Analisti di Wall Street, che si occupano costantemente del business Disney, affermano che non ci sono abbastanza informazioni pubbliche per stimare quanto grandi sarebbero le perdite del gruppo qualora la protezione sul copyright venga meno. In ogni caso, Disney vive un periodo particolare, fatto anche di beghe legali come il processo intentato da Scarlett Johanson per le royalties sul film Black Widow.
Il dibattito Usa sulla D&I
Il tutto si inserisce poi nell’ampio dibattito che riguarda i prodotti audiovisivi e la nuova sensibilità verso i temi LGBTQ+ e in generale il nuovo approccio di Disney a quella che in inglese si definisce D&I (diversità e inclusione). Le modifiche a classici dell’animazione come Peter Pan e Biancaneve – i cui contenuti vengono oggi giudicati razzisti e/o irrispettosi della diversità di genere – subiscono critiche da parte dei repubblicani. Gruppi di cittadini legati al mondo conservatore spesso organizzano picchetti e manifestazioni contro Disney. Protestando ad esempio contro la scelta di usare personaggi appartenenti a minoranze etniche o LGBTQ+ come i nuovi eroi dei film d’animazione.